Tinni Andreatta, di RaiFiction, lo definisce come "un lavoro estremamente complesso, durato anni". Stiamo parlando di Caravaggio, miniserie in due puntate diretta da Angelo Longoni che vede Alessio Boni vestire i panni del celeberrimo pittore lombardo, con risultati di somiglianza a volte davvero sorprendenti. "Questa fiction è una prova di assoluta maturità della fiction italiana - continua la Andreatta - perché è estremamente complesso confrontarsi con la vita di un artista quando il pubblico ne conosce solo le opere, che pur vuole identificare e ritrovare nella fiction".
Lavoro in effetti complesso, che, a nostro giudizio, non è riuscito pienamente negli intenti che si prefissava, nonostante quello che la dirigente del comparto fiction della Rai definisce "una scelta coraggiosa di stratificazione dei significati". Certamente avrà influito nella difficoltà di confrontarsi con l'opera il dover dare un giudizio sintetico su un secolo che è passato alla storia per l'Inquisizione e per la Controriforma cattolica, guidata, negli anni di Caravaggio, da Papa Clemente VIII.
"A noi interessava la realtà di quel tempo - prosegue la Andreatta - perché l'elemento fondamentale di tutta questa storia è l'ossessione che aveva Caravaggio per la raffigurazione, la sua vocazione nei confronti di una pittura realistica, che partisse proprio dalla realtà".
La Rai tenta così di schivare e depotenziare le critiche che sono piovute sulla serie, sia pur con una certa civiltà di toni e di giudizi, sia da parte dell'Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano, sia dall'Arcigay. Il primo che poneva seri dubbi sulla veridicità e sulla possibilità di imprecise interpretazioni di alcuni scorci dell'epoca offerti dalla regia di Longoni, mentre i secondi imputano all'opera di mancare di affrontare l'aspetto della presunta omosessualità dell'artista, con tutto il caravanserraglio di clima da oscurantismo e tentacolarità della Chiesa cattolica che ne consegue.
"E' un film che procede per scene madri - continua proprio sull'argomento la Andreatta - era purtroppo normale che vi fossero alcune semplificazioni".
Longoni, che ha curato la regia, afferma semplicemente di aver voluto "affrontare un Caravaggio che vive, e incontra uomini e donne", senza porsi il problema di rimarcarne sempre e comunque la componente sessuale, che pur se in modo latente emerge a più riprese nel film. Longoni tiene a rimarcare uno degli aspetti che emergono comunque da sé come meritori dell'opera, vale a dire "la passione, la disponibilità e la piena libertà concessa dalla produzione Rai e Titania".
Passione trasmessasi anche ad Alessio Boni, che ha dovuto fare i conti in prima persona con l'artista meneghino: "Dover interpretare Caravaggio mi ha fatto immediatamente tremare i polsi, tanto che ho messo tanto tempo prima di prendere la decisione finale di firmare il contratto. Ma sul set ho subito colto un'immensa passione per l'uomo Michelangelo Merisi e per l'artista Caravaggio. Ne ho proprio colto la portata di innovatore vitale, con una carica tale da far si che il popolo, anche ai giorni nostri, lo amasse profondamente. E' stato solo grazie a questa gran passione che ho potuto veramente affrontare questa sfida".