Partire da una figura più o meno conosciuta, aprire un confronto (anche ideologico), illuminare una personalità discussa e discutibile. Tutto lecito, anche perché ogni forma di censura, ogni forma di silenzio, è avvicinabile all'idea fascista. Allora il cinema, che non ha colori ma ha, per forza di cose, un ovvio approccio politico (e quindi prende posizione, si schiera, lotta), ha il dovere di raccontare, prendendosi delle gigantesche responsabilità. In questo senso, Albatross di Giulio Base, per diametro, è equiparabile a Comandante di Gianluca De Angelis. Ossia: mettere al centro della scena un uomo ideologicamente fascista, ri-centrandolo però seguendo una morale professionale di impatto cinematografico.
Albatross: chi era Almerigo Grilz?

Un ruolo e un uomo, diremmo, non indifferenti. In parte sconosciuto, e se conosciuto certamente dibattuto, al centro di Albatross c'è Almerigo Grilz, interpretato da Francesco Centorame. Ma chi era Grilz? Qui si apre il discorso, ampio ma compresso in novanta minuti. Grilz è materia che scotta: da giovane è stato dirigente del movimento studentesco del Fronte della Gioventù (collocazione: estrema destra), ha collezionato diverse denunce (la prima nel 1972, in seguito ad una manifestazione, inneggiando al Partito Fascista, la seconda nel 1976, identificato come aggressore verso tre militanti del Partito di Unità Proletaria), è stato espulso dall'Università di Trieste per aver assalito un gruppo di studenti in corteo e, tra le altre cose, nel 1983, ha pubblicato su Trieste Domani un encomio al pensiero mussoliniano.

Questi sono i fatti (solo alcuni), rintracciabili on-line, com'è un fatto che Grilz, a metà degli anni Ottanta fonda l'agenzia giornalistica Albatross insieme a Gian Micalessin e Fausto Biloslavo (Tommaso Santini e Luca Predonzani): lascia tutto e tutti, diventando reporter e corrispondente di guerra, testimoniando "i conflitti dimenticati" in giro per il mondo. Cinepresa a mano, macchina fotografica, l'obbiettivo come punto di vista, veritiero e sensibile. Un'intuizione all'avanguardia, vista l'epoca non ancora totalmente schiava delle immagini. Accettando il proprio destino, Grilz muore nel 1987, in Mozambico, colpito da un proiettile sparato durante la guerra civile tra il Fronte di liberazione e la Resistenza Nazionale. Oggi riposa in Africa "sotto un albero secolare" che lo ricorda con una targa commemorativa.
Tra cinema, ideologia, dialogo e verità

Il punto più interessante di Albatross sta proprio nel concetto di racconto per immagini. Lo è il cinema, per antonomasia, e lo è diventato il giornalismo, non più solo parola stampata bensì costruzione visiva di un determinato avvenimento. Un pensiero che avrebbe potuto portare il film di Base verso un approdo ancora più sfumato, tuttavia l'approccio, per esigenze di sceneggiatura, e per esigenze produttive, è fin troppo superficiale: il film vuole liberarsi dalle etichette del classico biopic, ma intanto non porta avanti il profilo di Grilz come, forse, si sarebbe dovuto (e potuto?): c'è il giusto contraddittorio verso la sua figura (e arriva direttamente da Giulio Base, che si è ritagliato un piccolo cameo), e c'è la romanticizzazione del suo lavoro (la ricerca della verità, costi quel che costi), ma nessuno di questi due aspetti sembra declinato rispetto la più approfondita delle caratterizzazioni, soffrendo un timing ristretto se consideriamo l'arco narrativo preso in considerazione. E soffrendo pure una recitazione generale che punta all'enfasi, perdendo, a volte, di naturalezza.

Dall'altra parte, c'è un edulcorazione abbastanza straniante rispetto alla polarizzazione socio-politica degli anni Settanta. Un esempio: Albatross si apre con uno scontro tra fascisti e comunisti, somigliante però ad una scanzonata baruffa (e no, quegli scontri non erano zuffe da bar). Subito, dunque, viene pre-disposto un tono e un umore avvicinabile alla didascalia: c'è immediatezza, ma è assente la tridimensionalità. Certo, il cinema di Base è sempre stato spinto da un moto appassionato - e citiamo l'ottimo À la Recherche -, ed è considerevole la riflessione del regista rispetto alle ideologie contrapposte (e a volte intersecate) che legano Albatross (e la figura del militante/reporter). Del resto, l'oggettività e la soggettività non possono essere elementi accessori (soprattutto in questo caso), ma anzi diventano focali e vitali, come è stato focale il lavoro in trincea di Almerigo Grilz. Ciononostante, il dialogo cercato dal regista - pur con cognizione di causa - si ferma solo nel più teorico degli intenti cinematografici.
Conclusioni
Giulio Base porta sul grande schermo la figura dimenticata e controversa di Almerigo Grilz, reporter di guerra ma anche esponente militante della destra estrema degli anni Settanta. Il risultato? Se è necessario raccontare, enfatizzando il valore delle storie, dall'altra parte il dialogo ricercato dal regista sembra bloccarsi all'interno di una struttura forse troppo didascalica, nonché smussata da una recitazione che cerca più la retorica che la naturalezza.
Perché ci piace
- Diverse necessità che diventano virtù (le location).
- Una storia controversa ma probabilmente dimenticata.
- Una scelta musicale interessante.
Cosa non va
- La recitazione generale sembra puntare all'enfasi costante.
- Il film resta spesso in superficie.
- Il dialogo cercato dal regista potrebbe perdersi.