Il Festival di Locarno ha deciso di consacrare la retrospettiva di quest'anno all'eccentrico maestro scandinavo Aki Kaurismäki, il cineasta finlandese più completo, capace di entrare nel dolore della società del suo paese e di denunciare i mali del mondo moderno. Il regista, notoriamente schivo e ritroso, si è concesso al pubblico della kermesse senza risparmiarsi troppo, pur mantenendo il suo stile costantemente "sopra le righe". Molteplici le motivazioni che hanno condotto Kaurismäki a Locarno: oltre alla retrospettiva, che ha permesso di gustare tutti i suoi lavori fin dagli esordi della sua produzione, al regista è stata affidato l'onore di compilare una lista per la Carte Blanche, una serie di proiezioni di film del passato e del presente che ci ha permesso di conoscere gli autori che più hanno influenzato Kaurismäki, da Vittorio De Sica a Douglas Sirk, da Robert Bresson a Jim Jarmusch. Molti gli amici e i colleghi che in questi giorni hanno accompagnato Aki nella sua trasferta svizzera, da Luc Dardenne a molti dei suoi attori, tra cui la bravissima Kati Outinen e il biografo del regista, Peter Von Bagh, che ha presentato una monografia su Kaurismäki realizzata in collaborazione con i Cahiers du cinéma. Più difficile diventa sostenere le interviste con Aki, sfuggente quando si tratta di rispondere alle domande più serie, che preferisce dar vita a irresistibile siparietti comici con il suo interlocutore preferito, il direttore del Festival Frédéric Maire.
Partiamo dal tuo ultimo lavoro, Le luci della sera, presente in concorso a Cannes. Dove si situa questo film all'interno della tua retrospettiva? Aki Kaurismäki: Non saprei collocarlo esattamente. Il film in Finlandia ha ricevuto moltissime critiche, ma per noi è il migliore che abbiamo fatto, anche se il mio produttore, invece, pensa che rappresenti un suicidio pubblico.
Le luci della sera è un'elegia dei valori scomparsi di una Finlandia che forse ora non esiste più? Aki Kaurismäki: Si e no. Per rispondere seriamente, mi vergogno sempre un po' dei miei film dopo che li ho fatti e di solito mi rifiuto di parlarne. Per me era un bel modo di lasciare il cinema. Questo è un film alla maniera di Bresson, autore a cui mi sono ispirato per tutta la vita.
La riluttanza a concedere interviste è un modo di essere o semplicemente mancanza di fiducia verso la stampa? Aki Kaurismäki: In questo momento io sono qui e sto rispondendo alle domande.
Parliamo della Carte Blanche. Molte delle pellicole che ne fanno parte (Come le foglie al vento, Umberto D.) sono melodrammi. Ci sono delle linee guide nelle scelte che hai fatto? Aki Kaurismäki: Per me c'è una sola linea guida: la vita non è forse una delusione? Ecco perché molti dei più bei film mai girati sono melodrammi, perché rappresentano la realtà delle cose. Tutti questi film parlano della vita e non mostrano grande fiducia nel futuro. Inoltre ho cercato di scegliere film per i giovani, che di solito non si vedono in giro.
Perché tra i film italiani hai scelto Umberto D.? Aki Kaurismäki: Vi sono moltissimi film italiani che amo, Rossellini, De Sica... Per la Carte Blanche dovevo scegliere il film più bello, e alla fine dopo lunghe riflessioni ho scelto Umberto D.. Tra parentesi, non ho mai rubato una bicicletta.
I tuoi film mostrano spesso persone che vivono in condizioni economiche disagevoli. E' un aspetto autobiografico? Anche tu hai avuto difficoltà all'inizio della tua carriera? Aki Kaurismäki: I soldi non mi hanno mai interessato particolarmente, ne ho sempre avuti abbastanza per comprare rose a mia moglie e mettere benzina nella mia auto. Sono stato sempre abituato a lavorare con un budget molto basso e, per questo motivo, ho sempre avuto molta libertà. Questo è il motivo perché i registi americani sono sempre nei guai, si sposano troppe volte, passano tutto il tempo in tribunale a divorziare e poi devono pagare alimenti troppo alti alle mogli.
Quale è il tuo rapporto con gli attori? Aki Kaurismäki: A me piace lavorare solo con gli attori migliori. Magari è piacevole anche incontrarli fuori dal set, come qui a Locarno, e bere un caffè con loro, ma durante la lavorazione sono molto noioso. Mi guardo le unghie mentre gli dico: "Devi fare questa cosa in questo modo...". Veramente insopportabile. In realtà gli attori restano a lavorare con me solo per i soldi.
Hai in progetto di girare dei film in altri paesi, al Sud per esempio, come tuo fratello Mika che ha lavorato in Brasile? Aki Kaurismäki: Penso di no. Non voglio uscire dalla Finlandia.
I tuoi lavori offrono sempre colonne sonore straordinarie. Quanta importanza ha la musica nel tuo cinema?
Aki Kaurismäki: Molta, soprattutto il rock delle Tattoo.
La tua ironia e il tuo cinismo sono una forma di difesa o un'arma contro il mondo? Aki Kaurismäki: Sono una difesa. Ma sono più cinico io o Condoleeza Rice?
Prima di essere regista sei un grande cinefilo. I tuoi film, oltre a molti riferimenti alla letteratura, contengono citazioni e omaggi del più bel cinema, Chaplin, Pagnol, Bresson. Quali sono i film che ti hanno influenzato di più? Aki Kaurismäki: Quelli che mi hanno fatto piangere dentro. Amo molto anche le commedie, ma non sono un cineasta poi così abile da decidere in principio che cosa andrò a girare, infatti quando cerco di fare una commedia faccio piangere e viceversa.
Hai anche fondato un festival del cinema in Finlandia, il Midnight Sun Film Festival. Quali film scegli da presentare nella selezione? Aki Kaurismäki: Il mio festival non ha un concorso, ma scegliamo film nuovi, sempre i migliori, per far conoscere al pubblico i giovani autori. Inoltre ospitiamo le retrospettive di molti cineasti famosi, come Samuel Fuller, Jonathan Demme, Bertrand Tavernier, Marco Bellocchio, Mario Monicelli.
Spesso nei tuoi film vi sono dei bambini. Per esempio, nell'ultimo film, è un bambino il primo a soccorrere il protagonista. Come mai questa scelta? Aki Kaurismäki: Mi piacciono i bambini, non ho niente contro di loro. Il problema inizia quando crescono.