Recensione Queen of Montreuil (2012)

Gli equivoci culturali e linguistici "fanno" buona parte del divertimento di questa commedia di Sólveig Anspach, presentata nelle Giornate degli Autori nell'ambito dell'ultima edizione del Festival di Venezia.

Agathe e la tempesta

Agathe è appena tornata in Francia, nella sua casa di Montreuil, con un lutto da elaborare e una vita da ricominciare. Suo marito è appena morto in un incidente stradale, e lei deve rimettersi in carreggiata con il suo lavoro di regista. Appena rimesso piede in patria, la donna incappa in due curiosi islandesi, madre e figlio, appena sbarcati in Francia. I due, apprendendo la sua vicenda personale, chiedono ad Agathe ospitalità nella sua casa, offrendosi di alleviare il suo senso di solitudine. La presenza dei due improbabili personaggi, di uno spasimante che non ha mai perso le speranze, e di un curioso animale giunto in casa di Agathe in circostanze rocambolesche, contribuirà a riempire di nuovo la vita della donna. Ma, per una vera rigenerazione, tutto questo forse non basterà ancora.

La regista islandese Sólveig Anspach ha dichiarato di aver scritto la sceneggiatura di Queen of Montreuil partendo da due semplici immagini: una foca in casa ed un dialogo a distanza tra due individui su due gru. Spunti sicuramente curiosi, da cui la cineasta ha tratto una storia in cui il tema del lutto viene affrontato con toni da commedia, di una leggerezza quasi fiabesca a cui viene aggiunta una buona dose di grottesco ed una certa misura di calcolato cinismo. La Anspach, nota soprattutto come regista di documentari (ma i territori della commedia non le sono estranei) sceglie appunto l'arma del sorriso sardonico, dello stupore, della leggerezza un po' stralunata, per narrare la vicenda di un personaggio che sembra un po' una Amélie sui generis; senza l'andamento ipercinetico della pellicola di Jean-Pierre Jeunet ma con un modo di delineare caratteri e situazioni che può ad essa, in parte, ricollegarsi.

Gli equivoci culturali e linguistici (questi ultimi difficilmente traducibili in lingue diverse dal francese e dall'inglese) "fanno" buona parte del divertimento di questo film, presentato nelle Giornate degli Autori nell'ambito dell'ultima edizione del Festival di Venezia. Le situazioni che vedono interagire una protagonista dal volto volutamente indecifrabile (interpretata da un'efficace Florence Loiret Caille) con questi due alieni portatori di usanze tanto diverse, vanno ad unirsi a quelle in cui in primo piano sono i resti mortali del marito della donna, ceneri contenute in un'urna da cui la protagonista fa fatica a staccarsi. Il cinismo con cui a tratti viene affrontato il tema della morte e del lutto è, come si diceva, calcolato: non scandalizza e non turba più di tanto la profanazione (dal punto di vista di Agathe) del ricordo di un personaggio la cui essenza resta volutamente sullo sfondo, ridotta a poco più di un mero pretesto narrativo.

Più in generale, nei suoi pur presenti intenti di satira sociale, Queen of Montreuil non sembra prendersi troppo sul serio: lo script punta a inanellare equivoci e momenti di surreale divertimento senza tuttavia andare (generalmente) oltre il bozzetto schematico o la caricatura. L'effervescenza della narrazione, se ci si consente il gioco di parole, si trasforma per larga parte del film in evanescenza: è forse, questo, l'inevitabile prezzo da pagare per un'opera che si sviluppa a partire da due semplici immagini, per quanto curioso il loro accostamento possa apparire. Sketch e singole sequenze (quelle con protagonista la foca restano per certi versi irresistibili) provocano comunque molti sorrisi e qualche risata; in questo senso, il film della Anspach svolge bene il suo lavoro. Uno sguardo più pregnante sul grottesco generato dalla collisione di mondi diversi, e dal percorso tutto personale di elaborazione di un lutto, va probabilmente ricercato altrove.

Movieplayer.it

3.0/5