A Thousand and One, la recensione: se l'esordio di A.V. Rockwell ricorda James Baldwin

La recensione di A Thousand and One: Harlem, una madre, un figlio e la gentrificazione dei sentimenti. Gran Premio della Giuria al Sundance per il film d'esordio di A.V. Rockwell. Protagonista Teyana Taylor.

A Thousand and One, la recensione: se l'esordio di A.V. Rockwell ricorda James Baldwin

La narrazione di A.V. Rockwell ci fa sentire qualsiasi cosa. Ogni stortura, ogni sospiro, ogni battito. Ogni odore che si sovrappone ad un altro, partendo da lontano per poi avvicinarsi. Vicino, ancora più vicino. Così vicino che il cuore sembra uscire dallo schermo, intanto che la regista, all'esordio, sovrappone le immagini alle parole, i personaggi (o meglio, le persone) alle location. Anzi, la location. Perché A Thousand and One potrebbe essere una di quelle folgorazioni capaci di ramificarsi piano, un poco alla volta, tagliando a metà la New York City degli anni Novanta per poi spostarsi fino alla New York City post 9/11. Ma New York - ultima capitale moderna, in cui la miseria e il Capitalismo si stringono in un abbraccio appiccicoso - non è solo quella di Central Park o della 5th Avenue, e dunque A.V. Rockwell - che è nata nel Queens ma l'ispirazione l'ha trovata studiando a Parigi - sposta l'attenzione oltre la 110 St, espandendo il racconto tra la 125th e la Malcom X Blvd. Il cuore di Harlem. Block after block. Anno dopo anno. A Thousand and One diventa un percorso umano, geografico, cinematografico. Due strade, un incrocio di mondi, in un mondo che la regista disintegra per separarlo in altre due parti diverse ed essenziali: una madre e un figlio.

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A Thousand and One: una scena del film

Ma quello di A.V. Rockwell, che ha vinto il Gran Premio della Giuria al Sundance, non è "solo" cinema. È letteratura. È l'analisi di un contesto sociale che riconsidera l'amore (e i rischi che l'amore comporta). È la presa di posizione contro la gentrificazione dei sentimenti, che guarda caso corre parallela alla gentrificazione che Harlem ha subito negli ultimi vent'anni almeno. La violenza, l'iniquità, la rabbia. L'appiattimento sociale e "la ripulitura di New York" ad opera dello "sceriffo" Rudy Giuliani, quel sindaco che ha applicato la tolleranza zero nei confronti di ogni minimo crimine, e che la regista tiene sempre lì, in un piano parallelo. Un titolo di giornale, la televisione che gracchia, le politiche sociali. La postura delle forze dell'ordine, verticali e intransigenti, spietate verso gli afroamericani, che scontano il colore di una pelle che li rende uniti ma pericolosi agli occhi di chi predica rigore e ordine. Harlem, in questo caso, è il palcoscenico di un dramma che scopre i nervi e vera lacrime, osservata e raccontata da A.V. Rockwell come se fosse il lato moderno di James Baldwin.

A Thousand and One, l'amore e la gentrificazione di Harlem

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A Thousand and One: una scena del film

Perché A.V. Rockwell racconta Harlem così come James Baldwin la raccontava nei suoi romanzi. I brownstone della 119th, però, cominciano a graffiarsi, la sporcizia sale sul marciapiede come fosse una massa che infetta e inquieta. In questo senso A Thousand and One svolge un lavoro egregio: prima della storia, ma legata ad essa, c'è il contesto. E il contesto è ciò che muove e smuove la protagonista Inez, interpretata da Teyana Taylor, cantante e coreografa, e a giudicare dal film anche strepitosa attrice. Inez, nel 1994, ha ventidue anni, fa la parrucchiera, sbanda e non sa dove andare. È una randagia. Dietro, c'è la Harlem della miseria, del rancore, del ghetto. Cerca l'amore, Inez. Lo cerca nell'unico posto che conosce: la strada. E la strada la porta da Terry, bambino sperduto di sei anni che, a giudicare dall'età, potrebbe essere suo figlio. Piuttosto, quello è proprio il figlio di Inez. Ci convince, le crediamo.

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A Thousand and One: una scena del film

Comprendiamo addirittura il suo estremo gesto: lo rapisce da un ospedale, prima che finisse in una casa-famiglia, e lo stringe a sé. Per i documenti si troverà una soluzione, e intanto in famiglia arriva pure Lucky (William Catlett), che esce di prigione e, in qualche modo, finisce per prendersi cura dei due randagi. Ma Lucky non è un padre, né un marito perfetto. Lucky, però, è umano. Il più umano di tutti, probabilmente. Quello che capisce subito come andranno a finire le cose. Ma le cose, intanto, cambiano. Terry cresce, va a scuola. Harlem cambia, il centro di New York, con i suoi loghi e le sue dinamiche, avvinghia identità e realtà. Rudy Giuliani non è più il sindaco, ma con Michal Bloomberg le cose non vanno meglio. L'Undici Settembre ha reso tutti più nevrotici, paranoici, ed essere afroamericano può essere un pericoloso capo d'accusa. Dall'inizio alla fine, Inez e Terry vivono in mezzo alla tempesta. Ciononostante reggono botta, si abbracciano, si fidano e si affidano al loro reciproco amore. Inez cambia acconciature, Terry cambia volto. Letteralmente: prima il piccolo Aaron Kingsley Adetola, poi Aven Courtney e poi Josiah Cross. Tuttavia, la verità incombe. Incombe come un vampiro. Un vampiro risvegliato dopo dieci anni, e ora pronto a sferrare un mortifero morso.

Se la strada potesse parlare

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A Thousand and One: una scena del film

Del resto, lo abbiamo detto: A Thousand and One è un film che monta e si monta, scena dopo scena. È un film che si prende il suo tempo (e probabilmente l'apprezzamento totale è retroattivo, quando la riflessione ha finito il suo giro), che sfrutta i tumulti e le conflittualità (ma anche i sentimenti, lo abbiamo detto), facendone materia visiva e narrativa. Una maturità di prospetti e di intenti (al netto di una fastidiosa sensazione di superficialità), facendosi storia privata nonché politica. Ecco quindi l'epopea di una donna irregolare, e della sua continua battaglia per non affogare. Su questo aspetto, Rockwell sceglie i cardini della miglior messa in scena: la fotografia di Eric K. Yue, granulosa e livida, e la musica di Gary Gunn, schiva ma efficace. L'intento della regista è dunque tradurre la disperazione (vera e senza fronzoli, senza romanticherie) in un romanzo cinematografico allungato e strutturato, legandosi alle cifre visive ed evolutive di New York e di Harlem.

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A Thousand and One: una scena del film

Due realtà dello stesso contesto urbano, schiacciate da una visione socio-politica senza scrupoli che stringe il cappio degli Ultimi, impattando in modo nevralgico su chi tenta di sopravvivere. Un parallelo che porta in risalto la stessa gentrificazione: quanto il progresso e l'omologazione sono utili alla causa sociale e culturale? Appunto. Uno sfondo storico riempito dalla regista come meglio non potrebbe, intrecciandosi sull'erosione di una famiglia sull'orlo della distruzione. Il pretesto è quello filmico, il concetto di A Thousand and One è invece letterario. Un riflesso da guardare in controluce, come la luce arancione che rende vibranti i brownstone sulla Harlem. Da James Baldwin a A.V. Rockwell, storie d'amore e di resistenza. Storie che si ripetono, storie nitide come le parole d'amore di una madre verso suo figlio. Perché il condizionale di Baldwin ormai è superato: la strada parla. Anzi, urla.

Conclusioni

Lo abbiamo scritto nella nostra recensione: A Thousand and One, al netto di una indecifrabile sensazione di superficialità, è un film che decanta un po' alla volta, soprattutto a fine visione. Un film forte, quasi romanzesco. Resta impresso il forte realismo suggerito dalla regista A.V. Rockwell, che sceglie i cambiamenti di Harlem per raccontare la storia di due randagi che provano ad essere madre e figlio.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.4/5

Perché ci piace

  • Harlem.
  • Il forte realismo.
  • La messa in scena.
  • Teyana Taylor. Fisica, espressiva, dirompente.

Cosa non va

  • C'è una indecifrabile sensazione di superficialità.