A House of Dynamite, recensione: quando il ticchettio dell'(in)evitabile diventa grande cinema

Kathryn Bigelow dirige una delle sue opere più tese e più umane. Elegante ed emotivamente drammatico, il film distrugge con i fatti la narrazione pericolosa del riarmo e del nucleare. Su Netflix dal 24 ottobre.

Un'immagine di A House of Dynamite

Non si tratta di se, ma di quando. Kathryn Bigelow, su sceneggiatura di Noah Oppenheim, parte dall'assunto di un mondo sull'orlo di una crisi di nervi per costruire un'opera di altissimo impatto scenico, narrativo, emotivo. Mai consolatorio, mai arioso, mai speranzoso. A House of Dynamite, ad ottobre su Netflix dopo Venezia 82, in due ore scarse, scoperchia il più grande incubo contemporaneo.

A House Of Dynamite Foto
A House of Dynamite: Gabriel Basso, Joe Klaunberg in una scena

Un incubo che prende forma e sostanza, grazie ad un cinema temprato, ragionato, muscoloso eppure misurato al centimetro. Basti pensare alla musica di Volker Bertelmann, impetuosa nei primi folgoranti trenta minuti. Perché è chiaro, basta leggere i giornali per rendersi conto che la guerra fredda è tornata bollente; come scrive la stessa autrice nelle note di regia: "diverse nazioni possiedono armi nucleari sufficienti ad annientare la civiltà in pochi minuti". Altro che difesa ed eserciti, altro che deterrenza e scudi aerei, altro che porcospini d'acciaio: Kathryn Bigelow non ha paura di mostrare l'ombra inesorabile della fine.

A House of Dynamite: che succede se un missile punta l'America

Nemmeno a dirlo, la grande forza di A House of Dynamite sta nell'alterazione della situazione, portandola ad una tale esasperazione da far perdere la concezione del tempo e dello spazio scenico. L'assunto parte da un'idea semplice, probabilmente banale, ricalcando la traccia di decine e decine di action movie testosteronici degli anni Novanta. Un missile intercontinentale a carica nucleare sta puntando gli Stati Uniti. Non si sa da dove provenga, se sia armato, né chi lo abbia innescato. La Russia si chiama fuori, la Cina pure. Improbabile sia stato l'Iran, e la Corea del Nord sembra ancora lontana dallo sviluppare una tale tecnologia balistica.

House Of Dynamite Scena
Anthony Ramos in scena

Venti minuti scarsi all'impatto, il livello DEFCON aumenta e Chicago rischia di sparire. Che fare? Quali decisioni prendere? Soprattutto: come rispondere all'affronto? La telecamera di Kathryn Bigelow scambia tre punti di vista per raccontare i minuti che precedono il punto di non ritorno, ben ancorati al montaggio di Kirk Baxter. Prima Olivia Walke (Rebecca Ferguson), senior Duty Officer nella Watch Floor, collegata con il presidente (Idris Elba) - che ritroveremo nel segmento finale -, con la Ground-Based Interceptors e con il Senior Director interpretato da Jason Clarke, in contatto con i russi e con il segretario della difesa (Jared Harris).

Un grande film contro l'"intorpidimento collettivo"

House Of Dynamite Pilota
A House of Dynamite, un pilota in una scena del film

La potenza di A House of Dynamite risiede non tanto nella meticolosa spettacolarizzazione di certe dinamiche, elevate da un ritmo ossessivo, bensì dall'umanità dietro i protocolli, cogliendo la variabile di un'esitazione. Un'umanità quasi istintiva, mossa da uno spirito di sopravvivenza e di conservazione, oltre alle bollenti telefonate che anticipano una possibile catastrofe. Ognuno può rivedere frammenti di sé nei personaggi stretti e costretti in decisioni complesse e compromettenti. C'è un'eleganza drammatica che avvolge e sconquassa uno stato di "intorpidimento collettivo" dinanzi una scelerata e propagandistica corsa al riarmo che, come declina e il titolo citato dal POTUS di Elba, ci rende tutti coinquilino di una casa imbottita con la dinamite. Ciononostante, abbiamo deciso di conviverci, esorcizzando il rischio con il silenzio. Nulla di più attuale, nulla di più terrificante.

A House Of Dynamite
Una scena di A House of Dynamite

Kathryn Bigelow, senza fare un passo indietro, è affascinata e incuriosita - per sua ammissione ha dichiarato di aver lavorato a stretto contatto con funzionari e militari - da certe dinamiche riportate con fedele precisione (la catena di comando, i termini tecnici, la valigetta con il black book, le regole da seguire), e con maestria scuote ciò che potrebbe risultare impensabile, eppure pericolosamente fattibile considerando i continui slogan legati alla difesa, al riarmo, al paradosso delle deterrenza e, addirittura, alla guerra preventiva. Ancora una volta, il cinema (o, almeno, un certo cinema), arriva prima e meglio, ragionando non tanto sul presente bensì sul futuro consequenziale alle ipotesi di un mondo polarizzato e diplomaticamente inetto, ponendo la più diretta e vitale delle domande: davvero vogliamo vivere in un'epoca del genere? E no, non è follia, ma la più orrorifica delle realtà.

Conclusioni

Tesissimo e umano, drammatico e attuale. Kathryn Bigelow fa a pezzi la narrativa della guerra e del riarmo attraverso un film che punta a scardinare una quotidianità anestetizzata dalla paura e dalle ansie. Le scelte, nel contesto estremo di un missile nucleare diretto a Chicago, diventano quindi lo specchio di una realtà inquietante e schizzata. Grande cast. I primi trentacinque minuti da manuale di tensione.

Movieplayer.it
4.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • I tre punti di vista scelti dalla regista.
  • I primi trentacinque minuti.
  • Il cast funziona.
  • Tecnica al servizio della sceneggiatura.

Cosa non va

  • Forse il finale si allunga di un minuto di troppo.