In un'edizione di Cannes dove tanti grandi autori hanno spesso deluso, Asghar Farhadi sembra davvero l'eroe di cui il festival aveva bisogno. Di certo, quello che noi tutti meritiamo. Questo suo nuovo film, Un eroe, segue il poco riuscito Tutti lo sanno del 2018, il primo girato in lingua spagnola, e rappresenta un vero e proprio ritorno a casa per il regista iraniano, non solo per quanto riguarda l'ambientazione ma soprattutto per le tematiche.
Un ritorno talmente tanto riuscito e auspicato da farci sperare che la giuria di Cannes possa trovare spazio nel palmares. Ma, come vedremo in questa recensione di Un eroe, il film avrebbe tutte le caratteristiche giuste anche per arrivare ancora più lontano, e puntare ad una nomination agli Oscar per il miglior film straniero. Importantissimo premio che Farhadi, lo ricordiamo, ha già vinto per ben due volte, nel 2012 per Una separazione e nel 2017 per Il cliente.
Generosità o opportunismo?
Il protagonista del film è un uomo di nome Rahim: divorziato, con un figlio problematico a carico e segretamente fidanzato con l'affascinante Farkhondeh. Lo vediamo per la prima volta che è appena uscito dal carcere, dove è rinchiuso a causa di debiti non pagati, grazie ad un permesso di due giorni. Quando arriva a casa della sorella e del cognato, gli stessi che si prendono già cura del figlio, li informa che ha trovato un modo per ripagare parte del suo debito e che chiederà al suo creditore di accettare delle cambiali per la cifra restante e così essere libero una volta per tutte. Ma dove ha trovato tutti questi soldi mentre era in carcere? La risposta sta in una borsa trovata per caso e piena di monete d'oro: un ritrovamento fortunato e apparentemente miracoloso, che trascina il protagonista in un dilemma morale dalle conseguenze inaspettate.
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Il prezzo della libertà
Sarebbe pura cattiveria raccontare di più di una trama che, come sempre nei migliori film di Farhadi, sembra quasi un thriller per quanto è perfettamente orchestrata. Quello che vi possiamo dire - ma se conoscete il cinema del regista iraniano è quasi sottointeso - qualsiasi decisione presa dai protagonisti ha una qualche conseguenza, positiva o negativa. Nulla nel cinema di Farhadi, così come nella vita, è gratis, ma tutto ha un prezzo. Quasi sempre è impossibile prevedere come si svilupperà la trama ed ancora più difficile è immaginare quale possa essere la scelta giusta da compiere: dietro ogni scena si nasconde un quesito morale che non troverà mai risposta, semplicemente perché non esiste una strada giusta o sbagliata per vivere. Ma esistono colpe che vanno espiate e responsabilità a cui non si può sfuggire.
Eroi non celebrati
La grandezza di Un eroe sta ovviamente in primis nella sceneggiatura pressoché perfetta di Farhadi stesso. Nel suo creare un meccanismo perfetto in cui inserire i suoi protagonisti, raccontando non solo le vicende dei singoli ma di un intero paese. È giusto celebrare come eroi chi si comporta da bravo cittadino e fa semplicemente il suo dovere? Magari tacendo di coloro che fanno sacrifici tutti i giorni e non possono contare su nemmeno un ringraziamento, figuriamoci qualche minuto di notorietà. Le domande che pone Farhadi non sono forse originalissime ma diventano di gran lunga più potenti inserite in un contesto complesso come quello iraniano, in cui l'onore è da sempre un valore più importante di qualsiasi altra cosa. E come si può difendere il proprio onore in un modo dove oggi basta andare sui social media per mettere in dubbio qualsiasi cosa, anche la verità?
Da sempre la direzione degli attori è uno dei punti di forza del cinema di Farhadi, e lo dimostra ancora una volta l'interpretazione perfetta di Amir Jadidi nei panni del protagonista. Ma tutto il cast non fa altro che donare naturalezza ad una storia che, in alcuni momenti, avrebbe potuto tranquillamente perdere di equilibrio e scivolare nel patetico o nel grottesco. Se non succede nulla di tutto questo è come sempre merito del regista, perfettamente in grado di calibrare i toni, fare in modo che lo spettatore sia teso e preso dalla storia per poi regalarci momenti di autentica poesia come nell'ispiratissima inquadratura finale.
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Conclusioni
È davvero un piacere ritrovare un Farhadi così ispirato: come nelle sue migliori opere la sceneggiatura è ottima, con una trama articolata e ricchissima di spunti e dilemmi morali. A questo si aggiunge una direzione degli attori perfetta che culmina in un'interpretazione davvero impressionante di Amir Jadidi. Farhadi è tornato e con lui il miglior cinema d'autore degli ultimi decenni.
Perché ci piace
- Sceneggiatura capolavoro: tesa come un thriller, profondissima nei temi.
- La regia di Farhadi è quasi sempre a servizio dello script e alla perfetta direzione degli attori, ma nel finale si permette anche un'inquadratura da maestro.
- Il protagonista Amir Jadidi è bravissimo, così come tutto il cast che lo accompagna.
Cosa non va
- Forse il film poteva essere accorciato di qualche minuto di troppo, ma è davvero un difetto da poco.