"Questa non è la prima volta che vengo in Italia. Ho lavorato con Dino Risi in Tolgo il disturbo nel 1990, ma ho partecipato solo a dieci giorni di riprese e non ho visto praticamente nulla di Roma! L'anno prima ero venuta nella Capitale anche per la promozione del film Romuald e Juliette di Coline Serreau". Esordisce così la sorridente e grintosa Firmine Richard, forse per rompere il ghiaccio con un uditorio, quello nostrano, cha ha poca dimestichezza con la sua carriera d'attrice. Eppure in Francia l'energica interprete originaria del Guadalupe è una vera e propria étoile, famosissima per i suoi ruoli in commedie di successo e per le partecipazioni teatrali e televisive. Il suo curriculum vanta però anche collaborazioni con registi di notorietà internazionale: oltre ai già citati Dino Risi e Coline Serreau (che l'ha scoperta per caso in un ristorante e l'ha lanciata nel suo Romuald e Juliette), tra gli altri anche François Ozon (che l'ha scelta per 8 donne e un mistero), Claude Lelouch e Sophie Marceau.
Ne La première étoile indossa i panni sgargianti e l'ingombrante parrucca di Bonne Maman: insistente, logorroica, ma anche premurosa madre di Jean-Gabriel, il protagonista del film impersonato dall'attore antillano Lucien Jean-Baptiste. E Jean-Baptiste (che non è potuto essere presente in conferenza a causa di impegni sul set) è proprio l'anima cui ruota attorno l'intero progetto de La première étoile. Il film, infatti, che rappresenta il suo esordio dietro la macchina da presa dopo una fortunata carriera d'attore, è in gran parte il risultato della rielaborazione di sue esperienze autobiografiche. La storia di Jean-Baptiste parte da un semplice spunto di partenza - ovvero un'insolita vacanza sulle Alpi intrapresa da una famiglia franco-antillana - come pretesto per affrontare con leggerezza temi delicati quali la costruzione dell'identità culturale da parte degli immigrati di prima e seconda generazione. E forse proprio grazie ai suoi toni da commedia lieve e garbata La première étoile nella scorsa stagione ha letteralmente "sciolto" il pubblico francese, totalizzando oltre un milione e settecento biglietti venduti. In Italia il film sarà distribuito dalla Nomad Film, neonata etichetta indipendente di Lydia Genchi e Mario Pasini, che sembra già segnalarsi per la qualità delle proposte nel proprio listino e per il coraggio nel puntare su cinematografie (come quella francese), ormai sempre più ignorate dal sistema distributivo oligopolista del nostro paese.Firmine Richard ha l'aria di essersi proprio divertita nell'interpretare questo ruolo quasi da spalla comica, ricco di gag dal tocco slapstick. Ma durante la conferenza stampa ha voluto enfatizzare soprattutto il messaggio sociale che emerge da La première étoile, e ha chiarito anche alcuni riferimenti culturali e sociali che potrebbero di primo acchito sfuggire al pubblico nostrano.
Potrebbe raccontarci qualcosa della sua storia personale, signora Richard?
Ci sono state delle difficoltà nel trovare dei finanziamenti per realizzare una storia di questo tipo? Firmine Richard: Su questo aspetto sarebbe meglio che chiedeste a Lucien Jean-Baptiste, che oltre a essere regista, co-sceneggiatore e interprete del film, si è anche occupato di reperire i finanziamenti per la produzione. Ad ogni modo, Lucien aveva già lavorato in passato con Marie-Castille Mention-Schaar, produttrice della Vendredi Film, che è rimasta talmente colpita dal progetto da voler collaborare anche alla sceneggiatura. In seguito è riuscito a trovare altri soci e coproduttori. È stato molto importante anche ottenere gli appoggi delle catene di reti televisive, disposte ad acquistare i diritti per il film. Lucien aveva in mente di realizzare questo progetto da oltre una decina d'anni, e finalmente è riuscito a trovare qualcuno che credesse nella sua idea. Credo che sia stato molto fortunato.
Quanto tempo ha richiesto la lavorazione del film? Firmine Richard: Abbiamo girato circa un mese nei luoghi di montagna, e ci è voluto un altro mese per concludere le riprese in studio.
In La première étoile il suo personaggio fa spesso ricorso alla lingua creola. Questo linguaggio è ancora oggi molto diffuso tra i migranti delle Antille in Francia, oppure il suo uso si è affievolito nel corso degli anni? Firmine Richard: Il creolo è la mia lingua madre, originaria delle Antille. Anche se esistono molti creoli diversi (parlati nelle Mauritius, in Guadalupe, in Martinica, eccetera) ci sono diversi punti di contatto tra i dialetti e gli abitanti dei diversi paesi riescono in parte a capirsi tra loro. Il creolo è espressione della mia cultura d'origine, e per questo ho voluto che anche mio figlio lo imparasse. È una lingua ancora molto diffusa tra gli immigrati francesi delle Antille. Come gli Italiani tendono ancora a parlare tra loro in italiano quando si trovano all'estero, anche per i migranti antillani è esattamente la stessa cosa.La storia al centro del film è ambientata negli anni Ottanta. C'è qualcosa di autobiografico nella vicenda del protagonista? Firmine Richard: Anche in questo caso credo che debba rispondervi Lucien Jean-Baptiste... Per quanto mi riguarda, non mi sembra che all'interno del film ci siano poi così tanti riferimenti agli anni Ottanta. Io ho semplicemente cercato di calarmi nella parte di una nonna dei nostri giorni, alle prese con nipotini che vivono, sia a casa che a scuola, problemi molto simili a quelli di oggi. Forse l'ambientazione negli anni passati deriva dal fatto che la storia de La première étoile è tratta dall'esperienza personale del regista. Sua madre (che recita anche nel film in un piccolo cammeo, impersonando una delle mie amiche) è originaria della Martinica, e ha sempre desiderato che i suoi sei figli si integrassero e vivessero esattamente come i francesi. È per questo che quando erano ragazzi li ha portati in vacanza sulla neve, per non farli sentire diversi dai loro coetanei. Questa esperienza è rimasta nel cuore di Lucien tanto da volerla rappresentare in un film.
Sembra che La première étoile nasconda un messaggio rivolto alle nuove generazioni sull'integrazione. Forse negli anni passati il clima sociale era diverso rispetto ai nostri giorni... Firmine Richard: È vero, credo che il film contenga molti messaggi, non solo indirizzati ai giovani, ma anche agli immigrati delle precedenti generazioni, che vivono ancora sospesi tra la loro cultura d'origine e il desiderio di integrarsi nella società francese. Il film è incentrato sul luogo comune che i neri non siano in grado di sciare, perché la neve non è il loro ambiente naturale. In realtà non è per niente vero: noi neri possiamo fare di tutto, non solo ballare, cantare e suonare secondo lo stereotipo dei bianchi. In altri punti della sceneggiatura vengono messi in risalto anche i conflitti tra i diversi membri della comunità nera in Francia, in particolare tra gli antillani, più integrati e occidentalizzati, e gli africani, che si sentono invece più legati alle loro origini.Come mai il suo personaggio intona nel film una canzone dedicata al Presidente de Gaulle? Firmine Richard: Ogni momento storico affronta in modo diverso la problematica dell'immigrazione. Il mio personaggio incarna la vecchia generazione, giunta in Francia negli anni Sessanta attraverso le politiche promosse da Charles de Gaulle nei DOM (Dipartimenti d'Oltremare). Si trattava di una situazione che faceva comodo a tutti, poiché veniva incentivata l'emigrazione nei territori francesi d'oltremare per far fronte alla mancanza di manodopera nell'economia francese. Allora gli antillani erano impiegati in prevalenza negli uffici pubblici, o alle poste, mentre gli africani lavoravano soprattutto nel settore delle pulizie e in mansioni più umili. La canzone in cui mi esibisco durante il film era in realtà diffusa in Martinica, e non in Guadalupe. Si trattava di un omaggio a de Gaulle, che era venuto a portare il "lardo", cioè il cibo e la ricchezza, a tutti gli abitanti.
Come mai ci sono pochi film francesi incentrati sulla realtà degli immigrati antillani? Firmine Richard: Perché bisogna trovare delle persone che abbiano davvero l'intenzione di realizzare opere di questo genere. Quando ho girato Romuald e Juliette di Coline Serreau nel 1989 ho pensato che si trattasse di un film davvero molto coraggioso. A quel tempo sembrava che stesse per nascere una nuova corrente di opere che affrontassero temi come l'integrazione e il métissage culturale, ma sfortunatamente si è trattato solo di pochi casi isolati. Purtroppo in Francia si ritiene che i film con protagonisti personaggi di colore non siano redditizi, e si fatica anche a trovare l'appoggio delle reti televisive. Nel caso de La première étoile siamo stati molto fortunati, perché ha ottenuto un enorme successo e ha registrato oltre un milione e settecento ingressi nelle sale. Ma altre volte è più complicato. Per esempio, in un altro film in cui ho partecipato di recente, Je vous aime très beaucoup di Philippe Locquet, la produttrice ha fatto una fatica incredibile per racimolare i finanziamenti. In definitiva, credo che in molti paesi vi siano numerose difficoltà nel portare avanti progetti incentrati sui neri, ma gli ostacoli sono fatti per essere superati e bisogna trovare la volontà per farlo.Oltre alla vicenda autobiografica del regista, ci sono stati altri film che hanno ispirato Lucien Jean-Baptiste per la realizzazione de La première étoile? Firmine Richard: Chissà! Dovete chiederlo a lui. Magari alcune commedie americane, visto che Lucien al momento sta girando il seguito del film, di cui i produttori statunitensi hanno già acquistato i diritti.
Quali altre opere la neonata Nomad Film ha in programma di distribuire prossimamente? Lydia Genchi: Questo è il primo film che distribuisce la nostra casa indipendente, un'opera a cui tengo molto, nonostante sia stata definita "difficile" per i temi che affronta. In seguito distribuiremo Les Beaux Gosses, un'altra commedia francese campione d'incassi, che ha riscosso un notevole successo alla scorsa Quinzaine des Réalisateurs di Cannes e ha vinto il César come miglior opera prima. Tra gli altri titoli di cui abbiamo acquisito i diritti ci sono anche Panique au village, film d'animazione franco-belga realizzato in stop motion (anche questo presentato a Cannes e al Future Film Festival di Bologna), Thelma, Louise e Chantal ancora un'altra commedia francese molto divertente, e infine una coproduzione argentino-cilena.Mario Pasini: Come vedete abbiamo il pallino per i film francesi, soprattutto commedie di qualità che affrontino anche temi impegnati. La nostra missione è quella di diffondere questo tipo di opere, che di solito faticano a trovare spazio nella distribuzione italiana, anche se nell'ultima stagione sembra essersi aperto qualche spiraglio per il cinema francofono. Teniamo le dita incrociate per il futuro.