Blanc Fatale
Sembra che il mondo dei fumetti sia diventato un serbatoio senza fondo per la grande Hollywood: sempre più spesso vengono realizzati adattamenti cinematografici e i detrattori delle strisce iniziano a porsi domande su quella che fino a poco tempo fa era ritenuta la "cultura bassa". Il cinema ha anche questo potere: mettere in discussione convinzioni talvolta radicate e aprire la mente a nuovi varchi della conoscenza. Le possibilità di reinterpretazione sono infinite tra le mani degli sceneggiatori e dei registi, gli sguardi degli spettatori e le attese dei fumettari, ma non sempre la dimensione filmica riesce a ravvivare sul grande schermo l'universo underground che le graphic novel erano riuscite a inventare e in questi casi la vampirizzazione a senso unico diventa un processo snaturato e distorsivo: il prodotto indipendente viene confezionato come un blockbuster da pop-corn.
1957. Emisfero sud. Antartide, "il continente più isolato della terra". Temperature che scendono fino a -120. Vento a 100 miglia all'ora. Un cargo sovietico salta per aria dopo che a bordo c'è stato un conflitto a fuoco tra i suoi componenti per un misterioso e pericoloso contenitore di cilindri metallici. Cinquant'anni dopo il tranquillo lavoro di una stazione di ricerche internazionali viene sconvolto dalla morte di un geologo, il cui cadavere è stato ritrovato nel bel mezzo di una distesa ghiacciata. I ricercatori stanno per lasciare il luogo in vista di una violenta tempesta di neve, ma alcuni di loro, tra cui l'agente federale Carrie Stetko e l'investigatore dell'UN Robert Pryce, dovranno restare per indagare sull'omicidio e dare la caccia al killer rischiando di restare in quel luogo per tutto l'inverno. Sotto la neve sono sepolti segreti inconfessati. Ispirato all'omonimo romanzo a fumetti scritto da uno dei più giovani e attestati autori a stelle e strisce, Greg Rucka (Eisner Award come miglior Graphic Novel nel 1999), e disegnato da Steve Lieber, il gelido thriller Whiteout - Incubo bianco inverte la tendenza dell'ultimo cinema di riprodurre lo stile grafico del fumetto sullo schermo e trasformare il film in un film-fumetto o un fumettone facilmente snobbabile dalla critica. L'adattamento di Dominic Sena (Codice: Swordfish e Fuori in 60 secondi) è decisamente fuori dagli schemi in tal senso: conserva lo spirito della banda, ma gli nega alcuni spunti narrativi sexually incorrect. La grafica non rispecchia lo stile visivo, duro ed essenziale, in bianco e nero, sebbene la locandina, gemella della cover firmata da Frank Miller, potrebbe trarre in inganno gli aficionados. L'estetica visiva viene risucchiata in compenso dal paesaggio antartico, solitamente poco sfruttato dagli scenografi e per questo potenzialmente affascinante. L'ambientazione plumbea magnetizza gli spettatori ed è facile avvertire una sensazione diabolicamente clautrofobica davanti a blizzard mortali e temperature disumane capaci di ammazzare i personaggi. Se da un lato l'immagine del serial killer che imbratta di sangue con la sua piccozza la neve riesce a creare momenti di grande suspense da hard boiled e caricare di thrilling l'impianto narrativo poco action, scaldando gli animi più suggestionati dal freddo e dal gelo, dall'altro la pellicola appare tarata dalla frigidità sentimentale della protagonista femminile, di cui Rucka aveva offerto un ritratto ben più emblematico. La Carrie di Sena, una Kate Beckinsale che tradisce la convincente prova di Underworld, è un'agente fragile e vulnerabile, una martire dei suoi errori che ci rivela il suo tragico passato attraverso flashback asciutti e plastici mentre quella del fumetto è una donna piena di contraddizioni, dolce e combattiva allo stesso tempo. Il risultato della trasposizione è che il pubblico stenta ad affezionarsi all'eroina di turno e a sostenerla nella sua causa. Tiepido anche il compagno d'avventura Pryce, interpretato dall'attore semisconosciuto Gabriel Macht (The Spirit).Il film di Sena delude tanto i fan della saga, che aspettavano una pellicola infarcita di paura e di violenza, quanto gli spettatori che ne avevano apprezzato le opere precedenti, che gli avevano permesso di riscattarsi dall'etichetta (discutibile?) di regista di videoclip. Pesa sulla sua testa il tentativo di aver frapposto alla storia della donna delle nevi e dell'assassinio a sangue freddo un pretestuoso rivolo politicizzato: l'ombra minacciosa dell'ex impero sovietico sull'America.