Woody Allen è arrivato a Roma con amore

Dopo le magiche notti parigine, il regista newyorkese celebra le atmosfere della città eterna con lo sguardo incantato di chi ancora non ha dimenticato i bagliori de La dolce vita.

Londra lo ha sedotto con il suo lato "criminale" (Match Point, Sogni e Delitti, Scoop), Barcellona lo ha stordito con la passionalità latina (Vicky Cristina Barcelona), Parigi ha esercitato su di lui un fascino magico e onirico (Midnight in Paris). Negli ultimi sette anni Woody Allen si è avventurato in un viaggio artistico e cinematografico che dall'Inghilterra, passando per la Spagna e la Francia, l'ha condotto direttamente nel cuore della città eterna per cantare le atmosfere del Bel Paese, capaci di sopravvivere nel tempo grazie all'immortalità donata dal grande schermo. Così, dopo aver animato per alcune settimane la torrida estate romana con i suoi set a cielo aperto e aver fatto rivivere le suggestioni dell'Hollywood sul Tevere, il regista newyorkese presenta il suo To Rome with love, distribuito da Medusa in 600 copie dal 20 aprile. Con lo sguardo incantato di chi ancora non ha dimenticato La dolce vita, Allen ricostruisce l'immagine della città attraverso gli occhi di vari personaggi che percorrono le strade di una città dal fascino misterioso. Ad aiutarlo in questa narrazione nostalgica e poetica è un folto gruppo di attori italiani (Alessandra Mastronardi, Ornella Muti, Antonio Albanese, Donatella Finocchiaro, Vinicio Marchioni, Riccardo Scamarcio) i cui destini s'incrociano con Roberto Benigni, tornato al cinema dopo sette anni da La tigre e la neve, Ellen Page, venuta alla ribalta per Juno, Jesse Eisenberg, candidato all'Oscar per la sua interpretazione di Mark Zuckerberg in The Social Network e Penelope Cruz, nuovamente alla corte di Allen dopo quattro anni. Dunque, un'avventura fatta di suggestioni antiche e moderne che regista e cast hanno raccontato alla stampa in occasione della presentazione ufficiale del film a Roma.

Signor Allen, per molto tempo si è pensato che per lei non fosse possibile realizzare un film fuori da New York, almeno fino a quando non ha iniziato il suo periodo europeo. Come sceglie le città da immortalare e da cosa si lascia ispirare? Woody Allen: Fare film in luoghi come Londra, Parigi, Barcellona o Roma è molto semplice. Nonostante le apparenze, sono città con anime simili. Hanno la stessa energia culturale ed è veramente facile trovare storie da raccontare. Ci sono alcuni posti, invece, che non hanno queste caratteristiche. Ad esempio, non potrei lavorare in un piccolo centro agricolo o nel deserto.

To Rome with Love sembra ispirarsi al grande cinema italiano del passato, soprattutto per un episodio che richiama a Lo sceicco bianco... Woody Allen: Non credo di averlo fatto in modo consapevole. Il fatto è che sono cresciuto con il cinema italiano. Tutto quello che nel film può sembrare pertinente, è semplicemente qualche cosa che ho assorbito nel corso degli anni. Era praticamente impossibile per i ragazzi della mia generazione non essere influenzati dal cinema italiano che arrivava a New York. Perciò, quello che si è assorbito nel corso degli anni, continua a far parte di noi e a condizionare il lavoro che facciamo.

Qual è la sua immagine dell'Italia? O, per lo meno, quale paese pensa di aver raccontato? Woody Allen: Gli americani hanno un sentimento di grande affetto per L'Italia. Pensano a questo come a un paese ricco di calore, che ha dato un grande contributo alla cultura e in cui è molto semplice vivere. In questi anni abbiamo imparato a conoscervi soprattutto attraverso il cinema e gli italo-americani, gente colorita e particolarmente attaccata alle tradizioni familiari. Ovviamente, se avessi girato un film in Svezia, avrei utilizzato delle simbologie diverse.

La realtà che ha portato sullo schermo, però, non è quella che ha appena descritto. Gli italiani sembrano persone quasi inesistenti... Woody Allen: Quando scrivo o mi metto dietro la macchina da presa, cerco di comunicare un'impressione personale che nasce, probabilmente, da alcuni particolari capaci di attirare la mia attenzione o che sono particolarmente divertenti da raccontare. Non ho una conoscenza approfondita della politica italiana o della condizione sociale. Ho cercato solamente di realizzare un film d'intrattenimento senza voler insegnare niente a nessuno.

Sono 30 anni che realizza un film l'anno. Per lei è una necessità artistica o un bisogno psicanalitico? Woody Allen: Lavorare è un modo per concentrarmi su problematiche che sono in grado di risolvere. Così non rimango a riflettere su quanto sono terribili i problemi della vita che non riesco ad affrontare. Inoltre mi consente di stare in compagnia di persone particolari, senza le quali me ne starei in un angolo a rimuginare.

Signor Benigni, nel film lei interpreta Leopoldo Pisanello, un uomo qualunque diventato improvvisamente famoso senza alcun merito. Cosa l'ha conquistato di questo ruolo e, soprattutto, qual è il suo rapporto con la fama? Roberto Benigni: Io non ho ancora visto il film ma l'ho letto. Considerate che sul set era tutto segretissimo, anche la sceneggiatura e l'identità del regista. Ho saputo che si trattava di Woody Allen il primo giorno di riprese. A parte gli scherzi, noi oggi siamo qui per presentare questo film, ma alla mia destra è seduta una delle persone grazie alla quale il nostro secolo sarà ricordato. Perché se tra qualche decennio fosse girato nuovamente un film come Midnight in Paris, credo che accanto a Scott Fitzgerald potrebbe comparire tranquillamente Woody. Quindi, quando mi è stato proposto il ruolo, non ho fatto altro che accettare con entusiasmo. Lavorare con lui è un dono raro come una eclissi di luna o una nevicata ad agosto. Per quanto riguarda il mio personaggio, poi, come potrebbe non piacermi con un nome tanto bello. Per finire, la notorietà riguarda un po' tutti. Tutti, compresi i nostri politici, vogliono essere famoso anche solo per un quarto d'ora. Il merito di Allen è di essere riuscito a raccontare questo mondo con una grazia inconfondibile, capace di rendere favolistico il reale.

Signora Cruz, dopo Vicky Cristina Barcelona, è tornata questa volta nel ruolo di Anna, una prostituta particolarmente gioiosa e soddisfatta. Come descriverebbe la sua esperienza sui set di Allen? Penelope Cruz: E' stata un'esperienza straordinaria. Adoro Woody, la sua personalità peculiare, l'intelligenza acuta e il suo senso dell'umorismo. Credo che sia superiore a tutti. Mi piace essergli vicina, guardarlo mentre dirige o dice una delle sue genialità. Nella nostra professione abbiamo l'opportunità di lavorare con persone sorprendenti, ma con lui si ha la sensazione che il tempo trascorso insieme non sia mai abbastanza. Per questo film mi ha consegnato un personaggio delizioso ed io l'ho travolto con una valanga di domande e incertezze. Non mi ha mai detto di no. Lui c'è sempre per i suoi attori e ti da tutto ciò di cui hai bisogno.

Signor Eisenberg, per lei, invece, è stata la prima volta con Allen. Quali sono state le sue impressioni? Jesse Eisenberg: E' stato un grande onore essere stato scelto per lavorare con lui. È uno dei più grandi intrattenitori e osservarlo mentre lavora è un privilegio incredibile. Lui è molto gentile e aperto con i suoi attori. È tanto abituato al mestiere da riuscire a capire sempre cosa stanno provando i suoi interpreti.

Per terminare signor Allen, lei ha dichiarato di essere cresciuto con il cinema italiano che, sicuramente, avrà visto in lingua originale. Cosa ne pensa del doppiaggio applicato ai suoi film? Woody Allen: Ho dei sentimenti variabili. Sicuramente non mi piace. Anzi, trovo strano che qualcuno ti privi della tua voce per darti la sua. Ogni volta che mando i miei film in Europa, cerco di ottenere anche delle copie sottotitolate, però non è sempre facile. Sembra che il pubblico non sia abituato a queste versioni. Per l'orecchio e l'occhio americano è veramente strano e spiacevole. E' anche vero che devo molto al mio doppiatore. Anno dopo anno, i miei film sono arrivati da voi e lui mi ha trasformato in un eroe. Attraverso la sua voce la gente ha amato me. Se avessero ascoltato la mia, forse, non mi avrebbero apprezzato così tanto. O forse sì, sta di fatto che non ho la prova del contrario.