Recensione Crisi di classe (2010)

L'economista e giornalista Giovanni Pedone esordisce con un documentario che, pur mantenendo un'impostazione tradizionale, riesce ad affrontare tutti gli snodi cruciali della crisi finanziaria globale, conducendo un'indagine che si affida tanto al parere degli esperti quando alle testimonianze della gente comune.

Vite in prestito

"Una volta ho detto: l'avidità è giusta. A quanto pare è diventata legge". "La madre di ogni male di oggi è la speculazione. Il vero nemico è il prestito: è sistemico, maligno ed è globale, come il cancro". "Ancora non ve ne rendete conto, ma siete la generazione dei tre niente: niente lavoro, niente reddito, niente risorse". Queste frasi potrebbero con tranquillità far parte del documentario Crisi di classe dell'economista Giovanni Pedone, se non fosse che a pronunciarle sia un personaggio di finzione: il Gordon Gekko di Wall Street: il denaro non dorme mai, figura talmente emblematica e monumentale da divenire, proprio nel suo eccesso simbolico, il ritratto più veritiero della speculazione finanziaria internazionale. La sua lezione di cinque minuti nel film di Oliver Stone potrebbe integrare con efficacia quella dei professori che intervengono nel documentario di Pedone, perché in effetti gli aggettivi che più si adattano nel descrivere l'esplosione della bolla edilizia nella primavera del 2007 sono proprio quei tre: sistemico, maligno e globale. Il reportage realizzato dal giornalista de La Repubblica e Il Sole24Ore è da questo punto di vista cristallino: dopo aver effettuato una disamina della situazione statunitense che ha dato origine alla bancarotta finanziaria, sottolinea come in realtà si tratti di un fenomeno globalizzato, che ha determinato ripercussioni osmotiche persino in nazioni insospettabili come l'Islanda. Pedone si muove così tra i vari luoghi della crisi: gli Stati Uniti, dove l'intera middle class è stata spazzata via dal circuito drogato dell'economia creditizia; ma anche la Spagna, colpita proprio in un momento di rilancio industriale, la Gran Bretagna, la Grecia e naturalmente l'Italia, che sembra (ma solo in apparenza) aver tenuto maggiormente botta al crollo della finanza derivata.

L'inchiesta giornalistica segue due binari paralleli, sovrapponendo due differenti punti di vista. Da una parte quello degli esperti in vari settori (professori d'economia, broker, ma anche un antropologo e un monsignore), i quali spiegano l'origine del crack dei mercati, ne documentano le conseguenze sistemiche e tentano di suggerire potenziali correttivi. D'altra parte il regista si dimostra interessato anche alle testimonianze della gente comune che ha sperimentato direttamente gli effetti della crisi, perdendo in alcuni casi i risparmi di un'intera esistenza. Tra le più sconvolgenti: un giovane costretto ad abitare in una tenda da campeggio alla periferia della città, da cui si allontana ogni giorno per presentarsi ai colloqui di lavoro; oppure una madre in lacrime perché, dopo aver finalmente conquistato una casa grazie a lunghi anni di sacrifici, se la vede sfumare via proprio all'ultimo momento. Sono tutte "vite in prestito", costruite sul fragile equilibrio di una bolla, annebbiate dagli impulsi insopprimibili della società dei consumi, e irretite dalla virtualità di un'economia autoreferenziale e svincolata dalle esigenze reali.
Alla sua prima esperienza come regista Giovanni Pedone realizza un documentario dall'impostazione tradizionale, rigidamente inquadrato in una struttura logica per capitoli forse un po' troppo schematica, che tradisce la formazione giornalistica e saggistica dell'autore. Crisi di classe è comunque un valido strumento esplicativo, che affronta con sinteticità tutti gli snodi essenziali relativi alle disfunzioni connaturate nel sistema capitalista, le quali non si esauriscono di certo nel crollo del mercato dei mutui immobiliari. Perché scoppiata una bolla, come insegna il nostro (anti)eroe Gordon Gekko, se ne fa subito un'altra...