Recensione The Social Network (2010)

La regia di Fincher torna ai massimi livelli grazie alla gestione precisa ed efficace di uno script perfetto e di interpreti giovani e carismatici. Un film che celebra nel migliore dei modi la straordinaria avventura della creazione di Facebook.

Uno, nessuno e cinquecento milioni di amici

Vero fenomeno tecnologico e sociologico dell'ultimo lustro, Facebook è uno strumento online utilizzato ad oggi da oltre mezzo miliardo di persone che permette di mantenere contatti con nuovi e vecchi amici, conoscere le loro ultime attività e molto altro. Partito come progetto limitato ai soli membri di Harvard (il termine facebook, o annuari, che contengono le liste - con foto e mini biografie - di studenti e staff del college), in poco tempo è diventato uno dei siti internet più famosi e il suo creatore, Mark Zuckerberg, il più giovane miliardario del mondo.

Non è difficile quindi capire i motivi di interesse da parte di Hollywod nei confronti di un fenomeno di tali proporzioni, mentre molto più arduo sembrava il compito affidato ai talentuosi Aaron Sorkin (già sceneggiatore di Codice d'onore e La guerra di Charlie Wilson) e David Fincher (regista di Fight Club e Il curioso caso di Benjamin Button), incaricati di portare sullo schermo con questo The Social Network un soggetto complesso e all'apparenza ben poco cinematografico. Il grande successo di critica che invece il film sta ottenendo è dovuto principalmente alla loro capacità di tirare fuori una biopic atipica che sfiora appena il legal drama e si tiene lontana dalla facile tentazione di farne solo l'ennesimo film generazionale sui problemi di incomunicabilità dei giovani d'oggi.

Sorkin più coraggiosamente decide di non occuparsi praticamente mai del Facebook "pubblico", ma di mostrarne esclusivamente l'aspetto privato, a partire dalla sua genesi, dai suoi fondatori fino ad arrivare alle cause multimilionarie relative alla paternità dell'originale idea. Sullo sfondo rimangono i successi e soprattutto i milioni di utenti - nulla più di un numero che si aggiorna in continuazione - mentre costituiscono il cuore del film Zuckerberg e i suoi giovani colleghi, le loro azioni e soprattutto le loro motivazioni, spesso nascoste: invidie, insicurezze, piccole e grandi vendette. Ispirandosi al libro Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook di Ben Mezrich, Sorkin non è interessato alla ricerca della verità, ma anzi la sua è una visione volutamente distorta e mai edulcorata della storia e dei suoi protagonisti. Una storia che così da infilmabile diventa straordinariamente cinematografica grazie ad uno script fitto di dialoghi credibili ed appassionanti, frasi da cult immediato e soprattutto un lavoro eccezionale su tutti i personaggi, tutte caratteristiche che avevano già reso Sorkin celebre sul piccolo schermo con la pluripremiata serie West Wing.

Così come per Sorkin, anche il regista lascia la sua firma con una regia moderna che riesce a rendere al meglio i dialoghi complessi e serratissimi ma anche a gestire in maniera chiara ed essenziale la struttura narrativa su più livelli temporali; è il Fincher più maturo che avevamo già potuto apprezzare con Zodiac ma che non era riuscito a compiere il salto di qualità con Benjamin Button anche a causa di uno script (al contrario di quello di The Social Network) tutt'altro che perfetto. Tra gli attori si fanno notare Justin Timberlake nei panni del dirompente e carismatico Sean Parker - già creatore di quel Napster che fece imbufalire le case discografiche di tutto il mondo - Andrew Garfield che interpreta Eduardo Saverin, co-fondatore di Facebook, e unico (ex) vero amico di Zuckerberg e soprattutto il lanciatissimo Jesse Eisenberg che offre una interpretazione minimalista ma ricca di sfumature: ed è anche merito suo se il personaggio del giovane imprenditore, definito a più riprese uno "stronzo" o comunque uno che fa di tutto per sembrare tale, finisce per instillare nello spettatore, oltre che ammirazione per le sue capacità e per il suo tagliente sarcasmo, anche un'indubbia simpatia.

Il sentimento di appartentenza e condivisione è d'altronde alla base del Facebook che conosciamo, mentre la mancanza di amicizia (maschile e femminile) sembra caratterizzare la vita dello Zuckerberg cinematografico, a partire dal personaggio (fittizio) della ex Erica Albright (Rooney Mara) che all'inizio come alla fine del film, nella vita reale come in quella online, sembra volergli negare la possibilità di rimanere amici; è così che nel finale l'immagine di questo genio dell'informatica e nuova potenza finanziaria si riduce a a quella di un semplice ragazzo davanti ad uno schermo del computer in attesa di un contatto che probabilmente non arriverà mai. Ed è lì che la storia si trasforma da privata ad universale, ed il film si chiude lasciandoci l'impressione di aver appena visto un capolavoro.

Movieplayer.it

5.0/5