Recensione Anno uno (2009)

Lo script di Ramis il suo script proietta Jack Black e Michael Cera in un fantomatici Anno Uno, a ricoprire i ruoli del fallito e del nerd in un piccolo villaggio di cacciatori e raccoglitori.

Sulla via di Sodoma

La prolifica Apatow Productions non è certo nuova ai passi falsi. Le intenzioni, però, sono sempre buone: a formare le premesse di questo Anno Uno, ad esempio, c'è una coppia comica di grandi potenzialità, e un regista, Harold Ramis, che ha partecipato a numerose produzioni brillanti negli anni e firmato anche alcune sceneggiature memorabili (Ghostbusters, Ricomincio da capo).
Qui il suo script proietta Jack Black e Michael Cera in un fantomatici Anno Uno, a ricoprire i ruoli del fallito e del nerd in un piccolo villaggio di cacciatori e raccoglitori. Sbeffeggiato per l'ennesima volta dalla tribù, e respinto dalla bella Maya, il primo, Zed, azzarda il gesto estremo: assaggiare il frutto proibito, mentre un pitone albino si appresta a ingoiargli l'amico. Bandito dallo stregone locale per il misfatto, Zed riesce ad appiccare il fuoco al villaggio prima di togliere il disturbo in compagnia del timido Oh, e, una volta arrivati oltre la montagna, nel punto in cui le credenze della loro gente volevano che finisse il mondo, scoprono un'immensa valle, e realizzano che la loro avventura è appena all'inizio.

Di qui prende le mosse una sorta di spoof biblico costruito su una lunga serie di sketch e di piccoli ruoli - tra gli altri, compaiono i soliti Bill Hader e Paul Rudd, l'eroe di Superbad Christopher Mintz-Plasse e un David Cross particolarmente dispettoso - tenuti insieme debolmente dallo script; ora, nessuno chiede alla sceneggiatura di un film così concepito solidità, credibilità e originalità (quest'ultima una caratteristica comunque presente in Anno Uno in dosi estremamente moderate ma sufficienti a sollevarlo un pelo sopra i vari Scary Movie); quello che si è in diritto di chiedere è che sia divertente. Purtroppo a mancare è proprio la vivacità nella scrittura, con Ramis che per di più riesce a strappare ai suoi attori, lead e non, solo pallide fotocopie di maschere comiche già abusate e logore. Questo è soprattutto il caso di Jack Black, la cui comicità fisica e grottesca inizia ben presto a stancare; le cose vanno meglio con Michael Cera, a cui uno straordinario candore e un eloquio pulito garantiscono sempre una certa freschezza. A lui sono anche destinate le (pochissime) battute più riuscite; per Black, invece, smorfie e gag coprofaghe.
Era legittimo attendersi di meglio da questi cineasti e interpreti, anche considerando il blasone del tema, che vanta rappresentanti del calibro di Brian di Nazareth dei Monty Python e La pazza storia del mondo di Mel Brooks; con Ramis e soci, ahinoi, siamo decisamente lontani dall'intelligenza e dal brio di cotanta parodia.

Movieplayer.it

2.0/5