Recensione The Taste of Money (2012)

Due anni dopo il suo The Housemaid, remake di un classico del cinema coreano, il regista Im Sang-soo dirige con questo The Taste of Money la sua prosecuzione ideale; riprendendo, anni dopo, le vicende della ricca famiglia protagonista.

Segreti non troppo oscuri

La famiglia di Madame Baek è tra le più ricche e politicamente influenti di tutta la Corea del Sud. Proprietaria di un impero finanziario, simbolicamente retta dall'anziano patriarca ora costretto su una sedia a rotelle, la famiglia è in realtà governata con il pugno di ferro dalla donna, che tiene al guinzaglio grazie alla sua ricchezza anche suo marito Yoon. Nell'enorme residenza, che anni prima fu teatro del drammatico suicidio di una domestica, vivono anche i due figli Chul, che ha addosso gli occhi della magistratura per alcuni suoi loschi affari, e sua sorella Nami, il contabile Young-Jak, che inizia ad acquisire sempre più influenza nelle decisioni della famiglia, e a sperimentare "il sapore del denaro", e la domestica Eva. Mentre Yoon sviluppa, ricambiato, una particolare attrazione per Eva, sua moglie si vendica coinvolgendo col suo potere Young-jak in una pericolosa relazione; nel frattempo, però, Nami mostra un evidente interesse per il giovane contabile, creando così una situazione di tensione con sua madre. Il vorticoso intreccio di sesso, soldi e potere che ha luogo all'interno della residenza si svilupperà fino alle sue estreme conseguenze, coinvolgendo in modo drammatico e imprevedibile tutti coloro che gravitano intorno alla famiglia.

Due anni dopo il suo The Housemaid, riuscito remake dell'omonimo classico del cinema coreano (diretto nel 1960 da Kim Ki-young) il regista Im Sang-soo dirige con questo The Taste of Money la sua prosecuzione ideale; riprendendo, anni dopo, le vicende della ricca famiglia protagonista, con la piccola Nami che, cresciuta, sembra (almeno apparentemente) pienamente inserita nei giochi di sesso e potere dell'ensemble familiare. Il collegamento con il film precedente, al di là di un cenno fatto quasi di sfuggita dalla sceneggiatura, si avverte negli enormi, luminosi e quasi asettici interni della residenza, e nelle tematiche praticamente analoghe, in cui in primo piano è di nuovo il contrasto tra le classi sociali, una struttura della famiglia sostanzialmente matriarcale, e il sesso usato come strumento di potere. Spiace dire, però, che nonostante l'evidente continuità (più tematica che narrativa) tra le due pellicole, questo The Taste of Money delude su tutti i fronti, riprendendo in modo stanco e ripetitivo tutti i motivi già trattati nel film precedente, e spingendo ulteriormente (in modo inutile e spesso gratuito) sul pedale del grottesco. Il risultato è un pasticcio che si pone a metà tra la provocazione (mal riuscita) condita con robuste dosi di sesso, e il "gioco" autoriale fine a sé stesso, velleitario e per questo ancora più fastidioso.
Laddove The Housemaid (ma anche il precedente La moglie dell'avvocato) giustificava la cruda rappresentazione dell'erotismo con una robusta struttura narrativa, qui l'esilità della vicenda raccontata rende difficile prendere il film sul serio; così come del tutto gratuite appaiono alcune provocazioni (tra cui quella del finale) sparse a piene mani dalla sceneggiatura lungo tutto la pellicola. Pare quasi che il film suggerisca allo spettatore, in molte sequenze, di non prendere la vicenda troppo sul serio, di accettarne i lati più grotteschi e surreali come parte di un'impostazione più ironica e giocosa, quasi metacinematografica in alcune sue soluzioni narrative (non a caso, due volte vediamo apparire uno schermo cinematografico, su cui scorrono rispettivamente immagini del film precedente e dell'originale di Kim Ki-young). Il problema, però, è che il clima generale del film non è affatto coerente con questi propositi: visto che la pellicola si propone fin dall'inizio (e fin dal titolo) come un'ulteriore riflessione sui temi del denaro, del sesso e del potere, e che le stesse scelte estetiche, la cura scenografica e l'impostazione tipicamente autoriale del tutto appaiono in linea con questa scelta.
Che Im Sang-soo sappia girare, e bene, è fuori discussione; ma che qui la sua perizia tecnica e il suo "occhio" vengano messi a disposizione di una storia gratuita e pretenziosa, che gira su sé stessa senza andare da nessuna parte, è altrettanto evidente. La grana grossa della sceneggiatura, unita all'evidente indecisione del regista sul clima da dare al film, rendono The Taste of Money una pellicola che finisce per scontentare chiunque; non siamo di fronte a una parodia, né a un vero noir né tantomeno a un'opera realmente autoriale (se non nel senso più deteriore del termine). L'ibrido portato sullo schermo dal regista, mal riuscito e mal bilanciato, risulta purtroppo in un risultato da dimenticare. Su tutti i fronti.

Movieplayer.it

2.0/5