Roma 2013: Italia in concorso con Take Five di Guido Lombardi

Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma il secondo film italiano in concorso. Si tratta dell'opera seconda di Guido Lombardi che narra la storia di cinque uomini, cinque 'irregolari' alle prese con una rapina milionaria nel cuore di Napoli.

Cinque personaggi che nel film portano gli stessi nomi (e in qualche caso anche le stesse esperienze) che nella realtà hanno i loro interpreti. Un ricettatore, un gangster depresso, un pugile squalificato a vita, un fotografo di matrimoni col passato da rapinatore e un idraulico con il vizio del gioco. In una giornata come tante quest'ultimo si ritrova, per via di un guasto nella rete fognaria, nei sotterranei del caveau di una banca che bene si presta per una rapina milionaria. Diffidenti, solidali e alla fine travolti da un reciproco gioco al massacro i cinque uomini sono disposti a tutto pur di arrivare a mettere mano al denaro, l'unica cosa cui, secondo loro, vale la pena continuare a vivere. Dietro la macchina da presa ritroviamo Guido Lombardi, al suo secondo lungometraggio dopo il successo del suo Là-bas - Educazione criminale, vincitore nel 2011 della Settimana della Critica e del Leone del Futuro - Premio Opera Prima Luigi de Laurentiis. Il regista ha presentato il film in conferenza stampa insieme ai cinque protagonisti Peppe Lanzetta, Salvatore Striano, uno dei protagonisti del pluripremiato Cesare deve morire dei fratelli Taviani, Salvatore Ruocco, Carmine Paternoster, Gaetano Di Vaio (anche produttore) e i produttori Gianluca Curti e Dario Formisano.

Quali sono stati i film che l'hanno maggiormente ispirata nella costruzione di questo heist-movie all'italiana?
Guido Lombardi: Il primo film che mi è venuto in mente mentre scrivevo la sceneggiatura è stato The Big Kahuna, il film con Kevin Spacey tratto da un'opera teatrale. Ci siamo a lungo interrogati io e Gaetano Di Vaio (che oltre ad essere uno dei protagonisti è anche produttore del film ndr) su che tipo di film si potesse fare con pochi soldi e abbiamo optato per un film che avesse un'unica ambientazione in interni, diciamo un po' sul modello de I soliti ignoti e Le iene oppure Nodo alla gola.
Come ti è venuto in mente di fare un film con questi cinque attori protagonisti che nella vita interpretano anche molto loro stessi e come avete lavorato insieme sulla sceneggiatura?
Anche nella vita, oltre che sul set, questo è una banda davvero ben organizzata (ride), hanno tutti dei caratteri molto forti oltre ad essere degli attori molto bravi ed io ho scritto il copione pensando proprio a loro cinque. Prima di iniziare le riprese ci siamo chiusi nell'appartamento che vedete nel film per tre o quattro settimane, che in quel momento era in fase di ristrutturazione, e abbiamo insieme provato le battute, ognuno di loro ha preso confidenza con il rispettivo personaggio e una buona parte dell'energia che vedete sullo schermo è frutto proprio di questo lavoro.
Quanto i premi vinti al Festival di Venezia nel 2011 le hanno facilitato la produzione di questo secondo film?
Quando quattro o cinque anni fa ho iniziato a pensare alla sceneggiatura del film non avevo ancora vinto alcun premio, poi Là-Bas - Educazione criminale riscuote un grande successo a Venezia e tutto è diventato più facile. C'è stata l'attenzione del Ministero dei Beni e le Attività Culturali e tutto è andato per il meglio. E' stato un film complicato da realizzare ma sarebbe stato molto più complicato farlo quattro o cinque anni fa quando mi venne l'idea in mente.
E' un film in cui non spicca il grande attore a fare da richiamo, avete mai pensato di inserire nel cast nomi altisonanti che potessero dare una spinta in più al progetto?
Gianluca Curti: Il cast del film è stato sin dall'inizio blindato per volere del regista e devo essere sincero, noi qualche pressione in questa direzione l'abbiamo fatta ma non c'è stato nulla da fare. Volevamo realizzare una co-produzione con la Francia ed abbiamo pensato al coinvolgimento di un grande attore francese di cui non farò il nome ma dirò solo che è fuggito dalla Francia per non pagare le tasse e ora lavora in Russia (leggasi Gérard Depardieu, ndr) e dopo un Ferragosto di fuoco in cui la discussione si è fatta accesa e i toni si sono alzati sembrava che non si potesse trovare un accordo. Poi dopo varie mediazioni siamo arrivati alla decisione di lasciargli carta bianca e devo dire che ha avuto ragione lui, il film è bellissimo e gliene devo dare atto. Onore a Guido per aver difeso il suo progetto con le unghie e con i denti.
Le musiche sono importantissime nel film, come fossero un sesto personaggio protagonista. Come avete scelto questa commistioni di generi e di omaggi alla grande musica jazz e allo spaghetti western? Guido Lombardi: Durante la fase di montaggio del film, durata ben sei mesi, io e la montatrice del film Annalisa Forgione abbiamo cercato di trovare il tono giusto da dare al film che è un mix di generi difficile da classificare e questa difficoltà è uscita fuori anche quando si è trattato di trovare il tono giusti per le musiche. Quello che abbiamo trovato come punto d'incontro è stato un omaggio variegato al grande talento di Ennio Morricone e delle sue colonne sonore spaghetti western, alla musica di Bill Conti (compositore premio Oscar per la colonna sonora di Uomini Veri e autore delle musiche di Rocky, Fuga per la vittoria e Gloria - Una notte d'estate di John Cassavetes) ci sono le chitarre elettriche, la tromba e tanto jazz.
In questo momento storico in cui il documentario va per la maggiore rispetto alla fiction, il fatto di aver costruito un film su attori che nella vita hanno avuto esperienze simili a quelle del film le ha dato qualche vantaggio?
Credo che oggi in Italia sia difficile fare un gangster movie potendo contare sul carisma di attori di questo calibro, erano gli unici cinque attori che potevano veramente dare qualcosa in più ad una storia del genere. E forse sì, il loro carisma viene proprio da lì, da un passato criminale che per forza di cose li ha segnati profondamente.
Ci racconta la sua doppia veste di produttore e di attore nel film?
Gaetano Di Vaio: Il fatto che tre di noi abbiano nella vita reale vissuto qualcosa di simile a quello che si vede nel film è un qualcosa in più che ci ha coinvolto emotivamente in maniera molto potente. Nel periodo precedente alle riprese c'è stato tra di noi quello che io amo chiamare uno 'scambio inconsapevole' perché ognuno di noi ha messo del suo nella sceneggiatura e nel rapporto con gli altri attori. Come produttore del film a volte ero preso da mille cose ma Guido mi ha riportato ai miei doveri di attori anche usando le maniere forti.
Cosa le ha lasciato questa esperienza di prezioso a livello umano?
Mi piaceva l'idea di conservare la naturalezza del rapporto umano che c'è tra di noi anche sullo schermo e non volevo che alcuni dei personaggi potessero essere considerati dei gregari rispetto ad altri. E' senz'altro la gratificazione pià grande che mi porto a casa in tutta la mia carriera e quello che mi entusiasma più di ogni altra cosa è che vedremo il film sullo schermo così come in principio lo avevamo pensato.