Muriel Coulin presenta 17 ragazze

Premio speciale della Giuria al Torino Film Festival, l'opera si ispira alla vera vicenda di un gruppo di studentesse americane che decidono di rimanere incinte contemporaneamente per crescere i rispettivi bambini con il supporto reciproco; 'La censura? Stupisce che arrivi dall'Italia', racconta Muriel Coulin.

'Mi stupisce molto che il divieto per i minori di 14 anni arrivi da un paese il cui l'ex Premier si è fatto regalare una minorenne per festeggiare il suo compleanno'. Così la regista Muriel Coulin, questa mattina a Roma per presentare il film 17 ragazze, scritto e diretto assieme alla sorella Delphine Coulin, ha commentato la decisione di vietare l'opera ai minori di 14 anni, maturata nei giorni scorsi dalla Commissione di Censura. Un provvedimento accolto con profondo stupore anche dai vertici di Teodora Film, che faranno uscire la pellicola in circa 32 copie a partire dal prossimo venerdì. Cos'abbia spinto la Commissione della Censura ad agire in questa maniera non è stato il tema, pur spinoso, come le gravidanze precoci, ma la presenza di alcune sequenze rischiose che avrebbero potuto spingere il pubblico di giovanissimi ad emulare quanto visto. Questione annosa, quella della censura, che finisce per distogliere l'attenzione da un debutto registico, prodotto dallo storico collaboratore dei Dardenne, Denis Freyd, che nonostante la difficoltà dell'argomento, fornisce sufficienti margini alla discussione, senza concessioni alla volgarità. La storia delle giovani donne protagoniste del lungometraggio, diciassette liceali che decidono di rimanere incinte contemporaneamente per crescere i rispettivi bambini con il supporto reciproco, è soprattutto il racconto di un'idea ingenuamente e pericolosamente rivoluzionaria, quella di creare un mondo a parte in cui l'assenza affettiva di certi adulti sia allontanata. Agguerrita e convinta delle proprie posizioni, Muriel Coulin ha fatto oggi le veci della sorella, incinta di 8 mesi e impossibilitata a viaggiare, e accompagnata dal direttore artistico di Teodora Film, Vieri Razzini, ha chiacchierato con i giornalisti di un lavoro accolto con grandi favori all'ultimo Festival di Cannes, nella sezione Semaine de la Critique, e al Torino Film Festival, dove ha conquistato il Premio Speciale della Giuria.

Ha definito il suo film come il racconto di un atto di ribellione. Non le sembra forse un giudizio un po' troppo pericoloso?
Al contrario. Quando abbiamo letto il trafiletto di cronaca su Liberation in cui si parlava di quanto successo in un liceo di Gloucester, negli Stati Uniti, abbiamo percepito il senso di ribellione di queste ragazze e avvertito il germe di un'utopia collettiva. Come le protagoniste del nostro film, quelle ragazze erano scontente della loro vita di paese, avevano la certezza di volere di più dalle rispettive esistenze, rifiutando il mondo degli adulti. Mi rendo conto che si possa dissentire sul fatto che rimanere incinta possa essere il modo migliore per realizzare il progetto, ma questo non vuol dire che non ci sia qualcosa di più grande dietro a questo gesto. Inoltre la nascita di un bambino è sempre un atto d'amore.

Come avete lavorato per adattare alla Francia una vicenda di cronaca, maturata in una società così particolare come quella americana, in cui si fa ancora fatica a parlare di aborto?
Non è stata una cosa così difficile, in fondo Gloucester e Lorient, il paesino dell'Atlantico in cui è ambientata la nostra storia e in cui io e mia sorella siamo cresciute, sono speculari. Un tempo l'economia era incentrata sulla pesca era molto florida, oggi invece assistiamo ad un declino senza precedenti. Naturalmente però abbiamo ricreato totalmente il mondo delle protagoniste, la loro psicologia, i rapporti con la famiglia, a partire da quanto avevamo vissuto nella nostra adolescenza. La descrizione dell'aspetto sanitario, ad esempio la collaborazione con l'infermiera della scuola, è stato reso minuziosamente, quasi in maniera documentaristica, attenendoci scrupolosamente alle procedure che si tengono in Francia.

Non possiamo non parlare con lei del divieto ai minori di 14 anni che peserà sull'uscita del suo film...
Un divieto che mi stupisce molto, visto che la decisione arriva da un paese il cui l'ex Premier si è fatto regalare una minorenne per festeggiare il suo compleanno. La censura non è mai un buon metodo e poi tutti sanno che basta dire ad un adolescente di non fare una cosa e lui, prontamente, si metterà all'azione. Quello che posso dire è che noi abbiamo proiettato il film in numerose assemblee scolastiche in nanzioni diversissime fra loro come India e Stati Uniti e non ci sono mai stati problemi. Anzi, i ragazzi hanno sempre reagito in maniera costruttiva, parlando e discutendo insieme. Sono davvero molto dispiaciuta per tutto questo.

Signor Razzini vuole aggiungere qualcosa? Vieri Razzini: a quanto ci risulta sappiamo che c'è stata una spaccatura all'interno della Commissione di Censura con la psicologa che si è distinta per puntiglio. Si è parlato degli spinelli presenti in alcune scene e del rischio di emulazione di guida pericolosa. Se così fosse, con tutta la violenza efferata, ridicola, sgangherata che passa in tv e su internet, noi saremmo già morti. Contiamo di tornare in Commissione domani o al più tardi venerdì per presentare ricorso. In ogni caso ci è stato impedito di usare i normali mezzi di pubblicità, sono stati cancellati gli spot radiofonici, e siamo usciti fuori dalla fascia protetta. Una cosa assurda, un gran danno.

Signora Coulin, avete avuto il timore di banalizzare il discorso sul sesso sicuro e sulla prevenzione di malattie sessualmente trasmissibili? Muriel Coulin: effettivamente abbiamo sentito il peso della questione, dovendo trattare un argomento come questo, ma abbiamo fatto un film e se avessimo dato risalto ad ogni singolo aspetto avremmo dovuto fare un romanzo a puntate. Non avremmo mai potuto affrontare una questione del genere in maniera compiuta e completa. Si parla di test di prevenzione sull'AIDS in maniera molto rapida, ma comunque se ne parla.

Tra i vari aspetti che colpiscono della vostra pellicola c'è l'anaffettività degli adulti...
Su questo ho un'idea ben precisa e cioè che gli adulti del nostro film sono completamente sconvolti dal fatto di trovarsi di fronte a diciassette gravidanze, si sentono persi per questo. Non hanno i mezzi per contenere un fenomeno di questa portata, un'esplosione di energia così forte.

C'è stata una critica che vi ha ferito più di altre?
Sì, l'accusa di apologia delle gravidanze collettive, peraltro non mi risulta che in Francia ci sia stata un'epidemia in tal senso. Una critica del genere può essere mossa solo da chi non ha compreso il film. Come ho detto prima, ciò che muove queste ragazze è la loro volontà di non accontentarsi. Dal film sappiamo che non si tratta della soluzione più giusta, perché la gravidanza resta un atto singolare e in fondo l'utopia non si realizza. Sono convinta che la maggior parte del pubblico capirà questa cosa.

Avete pensato di mostrare il film nel paesino americano che vi ha ispirate?
In realtà ci ha pensato il nostro distributore americano, anche se personalmente non credo che sia una scelta giusta. I due contesti sono cosìdiversi e il nostro adattamento è stato così intimo che non sarebbe giusto mescolare le due cose. Ci è stato chiesto un parere e noi abbiamo risposto, ma naturalmente se vorranno decidere in maniera diversa ancora non lo sappiamo.