Mia e il leone bianco, la recensione: da guardare con gli occhi di un bambino

La recensione di Mia e il leone bianco: dietro a una confezione da spot pubblicitario e una storia semplice c'è un film complesso con squarci di verità.

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Mia e il leone bianco: un'immagine promozionale con Daniah De Villiers

Quello a cui state per assistere non è un cartone, non è una favola, non è una commedia. Mia e il leone bianco, il film di Gilles De Maistre in uscita al cinema il 17 gennaio, è una storia d'amore: quella tra Mia e Charlie. Lei, quando i due si conoscono, è poco più di una bambina; lui è un leone, ed è appena nato. Mia è una bambina ribelle, che non sorride mai, che soffre il trasferimento della sua famiglia da Londra in Sudafrica, dove hanno deciso di riprendere l'attività di un allevamento di leoni. Cerca l'amore via Skype dai suoi coetanei, ma non è corrisposta.

Lo troverà in questo cucciolo di leone, un tenero batuffolo, un esemplare bianco raro e prezioso che arriva, come nella favola che la mamma (una luminosa Melanie Laurent) racconta al fratello, il giorno di Natale. È Charlie a scegliere Mia, che all'inizio sembra snobbarlo. La segue, la cerca. Fin dalle prime scene viene però posto il problema chiave della trama, e non è difficile capirlo: Charlie non potrà restare a lungo in casa, accanto alla bambina, e Mia rischia di affezionarsi troppo a lui.

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Mia e il leone bianco: Daniah De Villiers in un'immagine promozionale

Non ho l'età...

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Mia e il leone bianco: Daniah De Villiers in un momento del film

La storia prosegue, scandita da scritte in sovraimpressione che ci spiegano l'età di Charlie. Sono importanti, per farci capire che quella creatura sarà sempre meno un tenero cucciolo, o un gatto maldestro un po' cresciuto, e sempre più un maestoso leone. 4 mesi, 8 mesi, 1 anno, poi 2 anni. E allora sì, Charlie è un leone. Quelle scritte sono un po' il conto alla rovescia verso il momento in cui i nodi verranno al pettine, in cui il problema diventerà "grosso", in cui Mia e il suo amico dovranno separarsi. Mia, ormai una preadolescente rock e sbarazzina, accetta sempre meno le limitazioni che le sono imposte per la sua sicurezza, rifiuta ogni gabbia - reale e simbolica - che viene imposta dalla sua famiglia.

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Un film per famiglie con personaggi non sempre credibili

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Mia e il leone bianco: un'immagine promozionale

La confezione di Mia e il leone bianco è un po' quella di uno spot pubblicitario, patinata, dorata, quella che si crede consona a un film per famiglie. Se, da un lato, la storia è prevedibile e in effetti si rivela più o meno quella che possiamo immaginare sin dall'inizio, dall'altro, soprattutto nella seconda parte, si sviluppa con una serie di comportamenti poco credibili, personaggi che fanno sempre la scelta peggiore, villain stereotipati che vanno verso finali scontati.

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Mia e il leone bianco: Mélanie Laurent e Ryan Mac Lennan in una scena del film

Una specie di magia

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Mia e il leone bianco: una scena con Daniah De Villiers

Eppure, in Mia e il leone bianco c'è, come direbbe Freddie Mercury, una specie di magia. Quello di Gilles de Maistre è un film rigorosamente girato dal vivo, con animali veri e con reali interazioni tra essi e gli umani. In un'era dove leoni ed elefanti vengono, anche per film live action, completamente ricostruiti e animati in computer grafica, questa idea, antica e romantica, ci piace molto. Mia e il leone bianco ci riporta in un cinema che sta in uno spettro che da un lato ha i vecchi film Disney con gli animali e dall'altro i film di Jean Jacques Annaud come L'orso e, soprattutto, Due fratelli, che con questo film condivide il tema "felino". Grazie a una realizzazione durata tre anni, che ha permesso a Daniah De Villiers, volto dolce e sbarazzino al punto giusto, di entrare in sintonia con il leone (si chiama Thor ed è veramente un ottimo attore...), e di raggiungere un risultato davvero sorprendente.

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Un po' come Linklater...

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Mia e il leone bianco: Ryan Mac Lennan in una scena del film

Insomma, in un film che sembra tutto il contrario, c'è invece molta verità. Perché quella di un bambino che cresce vicino ad un leone è una storia vera, che il regista ebbe modo di conoscere durante un documentario nelle zone in cui è ambientato un film. E perché la relazione tra quella bambina che è stata scelta, come spesso accade in questi casi, tra migliaia, è stata reale, effettiva, è stato un rapporto che è esistito davvero, ed è durato tre anni. Non è proprio Linklater, con i suoi Boyhood e la trilogia Before, ma anche qui, anche se un po' più in piccolo, vediamo crescere gli attori insieme ai protagonisti, man mano che la storia cresce sullo schermo. È per questo, e per il fatto che denuncia tutto quello che di marcio c'è dietro agli allevamenti dei leoni, che Mia e il leone bianco è un film molto meno semplice di quello che sembra. Può essere anche una visione godibile. A patto che lo guardiate con gli occhi di un bambino.

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2.5/5