L'ombra di Goya, la recensione: Luci e ombre di un genio

La recensione de L'ombra di Goya, il docufilm di José Luis López-Linares sull'opera e la vita del pittore aragonese. A raccontarlo è Jean-Claude Carrière.

L'ombra di Goya, la recensione: Luci e ombre di un genio

Un carosello di esperti, appassionati, registi e maestri incisori per ripercorrere le mille sfaccettature di un artista che con le sue contraddizioni seppe farsi "grande testimone della Spagna". È il viaggio che José Luis López-Linares decide di affrontare per ricostruire la carriera e la vita di Francisco José de Goya y Lucientes: il ritratto che ne viene fuori è un'opera visionaria e attenta ai dettagli. Nella recensione de L'ombra di Goya, in sala per soli tre giorni (dal 6 all'8 marzo dopo l'anteprima al 75esimo Festival di Cannes), proveremo a entrare in questo labirintico racconto corale.

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L'ombra di Goya: una scena del film

Il legame tra Goya e Bunuel

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L'ombra di Goya: una scena del film

José Luis López-Linares dirige il film vagando tra i luminosi paesaggi aragonesi che diedero i natali a Goya e i musei che oggi custodiscono la maggior parte delle sue opere più celebri. A fare da Virgilio è lo sceneggiatore e scrittore Jean-Claude Carrière storico amico e collaboratore di Luis Buñuel: López-Linares lo ha seguito filmandolo per un anno intero prima della sua scomparsa, mentre sulle tracce di Goya si aggira tra la casa natia del pittore di Fuendetodos e le sue tele più famose da Il Colosso alla Maja vestida, dalla Maja desnuda a Il 3 maggio 1808, da La famiglia di Carlo IV a Saturno che divora i suoi figli passando per la celebre serie dei Capricci.

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L'ombra di Goya: una scena del film

Un puzzle che si comporrà sotto gli occhi dello spettatore attraverso le interviste a un team di specialisti che comprende tra gli altri anche Julian Schnabel e Carlos Saura, uno dei pochi ad aver realizzato nel 1999 un film su Goya; alcune delle scene finiranno per essere il piacevole controcanto di una narrazione che vive di personaggi, atmosfere, aneddoti, riflessioni e rimandi. Come il legame artistico tra Bunuel e Goya citato di continuo da Carrière e che diventerà il leit motiv del documentario: "Era aragonese come Goya", dice del regista di Un cane andaluso che, ricorda, sul pittore spagnolo aveva anche scritto una "sceneggiatura mai realizzata, la riteneva troppo autobiografica".

Un viaggio tra interviste, quadri e racconti

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L'ombra di Goya: una scena del film

Ha un sapore quasi esistenziale il fatto che l'ultimo viaggio di Carrière in Spagna sia stato proprio questo, a bordo di un treno e sulle note di una vecchia canzone andalusa "alla ricerca di Goya, di Bunuel e di se stesso". Nel film parla anche la scrittrice Nahal Tajadod, moglie di Jean-Claude, e poi Julian Schnabel che interviene dalla propria casa davanti a una riproduzione del Ritratto di Maria Luisa di Parma (conservato al Prado di Madrid) e ricorda che "bisogna pensare a Luis Bunuel e Jean Claude come alla stessa stirpe di Goya. Generosità, libertà e giovinezza. L'aspetto più importante del rapporto tra Bunuel, Jean-Claude e il surrealismo è la libertà di pensiero. Sono più simili a Goya che ai pittori surrealisti. Le opere di Goya non erano quadri da cavalletto ma schermi cinematografici". E parlano i luoghi: la Certosa di Aula Dei a Saragozza con il ciclo di affreschi realizzati tra il 1772 e il 1774, la cupola della Basilica di Nostra Signora del Pilar, il museo del Prado, la mostra alla Fondazione Beyeler a Basilea, la casa fuori Madrid in cui si ritirò prima di isolarsi definitivamente a Bordeaux, dove ormai sordo si sarebbe spento in solitudine nel 1828.

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L'ombra di Goya: una scena del film

I personaggi dei suoi ritratti, i piedi delle donne che "dipingeva volentieri" tanto da farsi pagare un extra quando si trattava di ritrarne invece le mani, le ossessioni, gli incubi, il ribaltamento, le corride del lunedì, la sordità assoluta che lo colse a Siviglia, "il grottesco del potere incoronato", la miseria, i demoni della guerra, la fine di un'epoca: ne L'ombra di Goya c'è tutto questo, c'è la parabola di una vita intera. Dipingere diventa un atto politico, Goya come fa notare Carrière commentandone le opere custodite al muse del Prado, "dipinge tutte le classi della società spagnola, persino le prigioni, non gli sfugge nulla", è il pittore di corte ma è "attratto dalla povera gente, dal mondo di sotto, dalla realtà della strada, della tristezza, della miseria". Un grande osservatore dell'umanità con una straordinaria capacità di descrivere la malinconia umana e la vanità dell'esistenza. Le ultime immagini si consumano tra le rovine "tragiche e dolorose" di Belchite (il villaggio aragonese che fu teatro della guerra civile spagnola), i massacri e gli stupri tratti dalle incisioni I disastri della guerra e la sua tomba a Madrid "in una cappella che aveva decorato trent'anni dopo sua nascita". Un racconto che si fa testamento e consegna all'oggi tutta la modernità di Goya.

Conclusioni

Concludiamo la recensione de L’ombra di Goya con la consapevolezza di trovarci davanti a un’opera unica nel suo genere, un labirintico racconto corale che restituisce allo spettatore tutti i tormenti, le ossessioni e i demoni di un artista pioniere dell’arte moderna. Jean-Claude Carrière è il Virgilio perfetto.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.3/5

Perché ci piace

  • Un racconto corale che ripercorre la vita e le opere di Goya attraverso l’uso di linguaggi diversi: le interviste, gli aneddoti e una guida d’eccezione, Jean-Claude Carrière.
  • L’importanza dei luoghi che diventano protagonisti della narrazione.
  • I rimandi a Bunuel.

Cosa non va

  • Chi si aspetta un documentario più tradizionale ne rimarrà deluso.