La recensione di Miss Zombie

Miss Zombie è un'opera in cui ogni sequenza oscilla tra arte e simbolo, politica nel risultato prima che nelle intenzioni.

Being Human

Con i suoi zombie instancabili e assetati di sangue, per quarant'anni George A. Romero ha portato avanti un affascinante discorso sull'evoluzione (involuzione?) della società americana divisa tra un ceto medio (quella borghesia di memoria marxista) sempre più dedito al benessere e al consumismo e una massa indistinta, anarchica, distruttiva, che attenta all'ordine precostituito e alle sue storture. Nel sesto e ultimo capitolo della saga, Survival of the Dead, i morti viventi vengono mostrati in cattività, assicurati a catene, nel tentativo di permette agli umani di non separarsi dai propri cari, esercitando il controllo anche sulla (non) morte. Quattro anni dopo, dall'altra parte del globo, con il suo Miss Zombie, Sabu si riallaccia idealmente a questo discorso realizzando un'opera formalmente estetizzante e tematicamente agghiacciante. Un lavoro che mutua stile e tecniche dal cinema muto, e Miss Zombie potrebbe davvero essere un film muto, se si escludono sporadici inserti dialogici mai particolarmente significanti. Il regista giapponese sceglie di 'fare cinema' nell'espressione più alta del termine, concentrando nell'immagine, nel gesto dei suoi interpreti, ogni valenza significante. Il risultato è un'opera in cui ogni sequenza oscilla tra arte e simbolo, politica nel risultato prima che nelle intenzioni.

Gli zombie: i nuovi schiavi

Gli zombie di Sabu non necessitano neppure del vincolo delle catene. Nel Giappone apparentemente lindo, ordinato e civilizzato sono stati addomesticati. La loro volontà è stata piegata dal volere degli umani, i loro istinti sanguinari repressi. In atroci flashback e in lampi di memoria li vediamo rinchiusi in gabbie, torturati, tratti in schiavitù come gli afroamericani di 12 anni schiavo. La società si evolve, ma i corsi e ricorsi storici continuano a spingere gli uomini a commettere gli stessi errori individuando nell'anello debole della società il capro espiatorio da schernire e sottomettere. Nei reiterarsi delle azioni della protagonista, nel suo pulire ossessivamente il pavimento inginocchiata in terra, l'eterea zombie interpretata da Ayaka Komatsu diviene ogggetto di possesso e desiderio sessuale. Il suo corpo, involucro esteriore martoriato, incapace di provare dolore, viene posseduto e profanato con violenza, per scherno o per curiosità. Tra zombie "vegani" pronti a bere sangue sintetico o a nutrirsi di animali pur di integrarsi nella società civile, la domestica silente della famiglia benestante del Dottor Teramoto si accontenta addirittura di nutrirsi di qualche ortaggio marcio, non si ribella di fronte alle sassaiole dei ragazzini né agli adolescenti che si divertono ad accoltellarla per gioco, per assistere alle sue reazioni. La metamorfosi suggerita di Romero è arrivata a compimento. Apparentemente il cinismo triviale degli umani ha annullato la volontà di ribellione degli zombie annientandone il potere rivoluzionario.

Eva contro Eva

Un melodramma horror al femminile, uno scontro tra due donne che compiono due percorsi diversi: una borghese e una zombie.

Miss Zombie: Ayaka Komatsu nella sua gabbia
Miss Zombie: Ayaka Komatsu nella sua gabbia
All'interno del microcosmo creato da Sabu, che intelligentemente riduce al minimo il numero di personaggi necessari per la sua parabola morale, si innestano dinamiche di scontro di tipo diverso. Da una parte abbiamo la cesura tra umani e zombie, dall'altra il conflitto, meno esplicito e più strisciante, tra uomini e donne. Il regista denuncia il maschilismo della società giapponese mettendo in scena uomini che detengono il potere decisionale, ma lo usano in modo abbietto, violando la legge, mettendo a repentaglio l'incolumità dei propri cari, ma soprattutto esercitano la propria autorità sulle donne che, sotto il loro sguardo bramoso, si trasformano in oggetti sessuali su cui sfogare i propri istinti. Tra i rozzi operai che violentano la zombie e gli appetiti più sottili del medico, che scatena la gelosia della moglie non nascondendo il suo interesse crescente per il corpo martoriato di quella che un tempo era una donna, non vi è poi molta differenza. Di fronte alla meschinità maschile, Miss Zombie si erge come un melodramma horror al femminile, uno scontro tra due donne che compiono due percorsi diversi, una borghese che perde progressivamente la propria umanità di fronte al tradimento e alla perdita della famiglia, e una zombie che, a contatto con gli umani, recupera la memoria del dolore e torna a provare il senso di maternità e di protezione, sentimenti apparentemnte sopiti col trapasso. Il tutto raccontato con stile elegantissimo, in un abbacinante bianco e nero, interrotto da un'unica suggestiva pennellata di colori che precede l'agghiacciante finale.

Conclusione

Un'agghiacciante opera di denuncia girata in un elegante bianco e nero che travalica il genere horror guardando al muto e ai modelli occidentali.

Movieplayer.it

4.0/5