Recensione Biutiful (2010)

Nonostante il cambio di sceneggiatore, Inarritu segue la storia di Biutiful con il suo solito stile, con il suo abituale tono emotivamente coinvolto e coinvolgente, lasciandoci percepire la sofferenza dei suoi personaggi in scene toccanti e delicate. Un film forse non perfetto in ogni sua parte, ma efficace e compatto.

La dignità nella sofferenza

Non potrebbe essere più diverso da Babel il nuovo lavoro di Alejandro González Iñárritu. A quattro anni dai riconoscimenti del suo lavoro precedente, film corale che efficacemente intrecciava molteplici storyline ed altrettanti personaggi, il regista messicano decide di spostarsi a Barcellona e cambiare completamente rotta in Biutiful e di dedicarsi ad un unico protagonista: Uxbal, un uomo pieno di contraddizioni, coinvolto in affari poco leciti, che lo portano anche in contatto con i problemi delle comunità di immigrati cinesi ed africani, ma padre devoto che si dà da fare per occuparsi dei suoi figli, dei quali mantiene la custodia dopo la separazione dalla moglie Marambra, affetta da problemi di natura psicologica che ne minano la serenità, rendendo difficile la convivenza con lei. Di Uxbal conosciamo gli ultimi mesi di una vita complessa, portata prematuramente in dirittura finale da un cancro inoperabile; una vita in cui Uxbal non si tira indietro di fronte alle difficoltà, facendosi carico anche dei problemi di chi lo circonda, ultimi mesi in cui cerca di occuparsi della sicurezza futura dei suoi figli, ma anche far sì che loro, al contrario di quanto accaduto a lui nei confronti del padre, non lo dimentichino.


A dar il volto ad Uxbal, troviamo un intenso Javier Bardem, attore ormai apprezzato da un pubblico sempre più vasto dopo le ultime interpretazioni, bravo nel portare sullo schermo con dignità e consapevolezza i diversi livelli del viaggio finale del suo personaggio, quello interiore, quello spirituale e quello puramente pratico, che si intrecciano sul suo volto man mano che la storia si dipana, trascinandosi verso l'inevitabile fine.
Il tema della paternità è centrale: l'Uxbal di Bardem non può non preoccuparsi del futuro dei suoi figli, ma egoisticamente non può nemmeno ignorare il timore di essere dimenticato. Uxbal non è solo sulla scena, perchè anche gli altri personaggi che si muovono attorno a lui con le loro storie ed i loro problemi, contribuiscono ad aggiungere indirettamente dettagli al personaggio che regge il peso del film, formando un quadro unitario, nel quale vengono approfonditi anche altri temi, in primo luogo quello attuale dell'immigrazione e, soprattutto, dell'integrazione delle comunità provenienti dall'estero, sempre più scottante data la situazione che si sta venendo a creare in molti paesi europei.

Iñárritu segue la storia di Biutiful con il suo solito stile, con il suo abituale tono emotivamente coinvolto e coinvolgente, lasciandoci percepire la sofferenza dei suoi personaggi in scene toccanti e delicate: è evidente la volontà dell'autore di mettere in scena storie che toccano nel profondo, confermandosi anche dopo un cambio di sceneggiatore, ma anche la sua capacità nel gestirle, evitando inutili eccessi e compiacimento nel mostrare la sofferenza umana. Ci resta nella memoria la semplicità dell'incipit, la delicatezza del dialogo tra Uxbal e la sua bambina, che viene richiamato e completato nel significato nel finale, ma non è l'unico momento che spicca in un film forse non perfetto in ogni sua parte, ma efficace e compatto.

Movieplayer.it

3.0/5