Recensione Maradona, la mano di Dio (2007)

Un film non indimenticabile che narra tonfi e trionfi del calciatore più chiecchierato della storia; consigliato solo ai simpatizzanti di Maradona.

'El Pibe' su celluloide

Marco Risi, regista di questo Maradona, la mano di Dio, è uno che ama spostarsi, non sta mai fermo. Ha esordito con la simpaticoneria di Jerry Calà (Colpo di fulmine, Vado a vivere da solo), poi è approdato a film denuncia sul mondo dei giovani (Mery per sempre, Ragazzi fuori), ha fatto un salto nel cinema sociale e politico (Il muro di gomma), ha impacchettato qualche commedia (Nel continente nero, Tre mogli) e ha girato uno dei pochi esempi di pulp all'italiana (L'ultimo Capodanno). Adesso, dopo una pausa di cinque anni (interrotta solo dal documentario Caro Vittorio su Gassman), torna con un film biografico sul più discusso calciatore del mondo, Diego Armando Maradona. Questo di Risi, però, non è il solo progetto cinematografico sul calciatore argentino che vedremo quest'anno. A maggio, infatti, dovrebbe arrivare nei cinema Maradona, un documentario che porterà la firma di Emir Kusturica (si, proprio lui!). Il perché di così tanto Maradona al cinema, non è dato saperlo...

Il film di Risi racconta la vita privata del calciatore, partendo proprio dal Maradona bambino. Nato in una famiglia povera e numerosa, il piccolo Diego ha in testa solo una cosa: il pallone. Lo seguiamo mentre raccoglie i primi successi, fino all'adolescenza, quando conosce la ragazza che diventerà sua moglie. Poi la partenza, oltre l'oceano, dove vivrà la parentesi calcistica con il Barcellona e l'approdo a(l) Napoli che farà di lui una vera e propria leggenda. Seguiamo i suoi trionfi ed i suoi tonfi: i problemi con la droga, le scappatelle extraconiugali, l'ebbrezza dei soldi e del potere. Fino al desiderio di rivalsa: l'occasione di USA '94, la rimonta, la ricaduta, l'obesità e la nuova parziale rinascita.

Le vicende narrate nel film procedono in modo piuttosto lineare, anche se non mancano i flashback che ci sballottano avanti e indietro nel tempo. Niente prati verdi o momenti calcistici, se non attraverso immagini di repertorio; le solite: il goal fatto di mano contro l'Inghilterra, la smorfia di giubilo ad USA 94' ovvero cose viste e riviste. La regia si diverte con impennate videoclippare e qualche momento onirico. Non mancano le grossolanità: gli americani che parlano come Stanlio e Ollio, gli allenamenti del pibe de oro in una fattoria fuori città con attrezzi di fortuna (Rocky IV?). Curiose le canzoni scelte per il film, furbette ma stuzzicanti. Vero punto di forza di questa pellicola rimane l'attore protagonista: Marco Leonardi, capace di diventare assolutamente Maradona. Un'interpretazione credibile sotto tutti i punti di vista. C'è la somiglianza fisica (e qui l'attore non c'entra molto, ci pensano natura e trucco) e c'è la presenza, intesa come movimenti ed espressioni (qui, invece, è l'attore che conta).

Insomma, il film non è indimenticabile, ma certo non è neanche disgustoso. Solo per i simpatizzanti di Maradona, comunque. Tutti gli altri potrebbero correre un grave rischio: passare due ore chiedendosi che bisogno c'era di tutto ciò.