Bret Easton Ellis: negli anni '70 i film erano arte e industria. Poi sono diventati packaging”

Brett Easton Ellis ospite di un incontro con il pubblico alla Festa del Cinema di Roma 2019, per parlare di cinema anni 70...

The Canyons a Venezia 2013 - lo scrittore  Bret Easton Ellis sul red carpet
The Canyons a Venezia 2013 - lo scrittore Bret Easton Ellis sul red carpet

Il 20 ottobre, alla Festa del Cinema di Roma 2019, è stata la giornata di Brett Easton Ellis. Tra gli scrittori più influenti dei nostri tempi, l'autore di Meno di Zero, Le regole dell'attrazione, American Psycho e Glamorama, si è dimostrato anche un sopraffino intenditore di cinema. Il suo incontro con il pubblico, al Teatro Studio, era dedicato al cinema degli anni '70. "Penso che gli anni Settanta siano stati caratterizzati da un fiorire artistico eccezionale: gli studios davano agli artisti molti soldi" ha raccontato alla stampa lo scrittore americano prima dell'incontro.

"Toro scatenato e Shining erano film costosissimi, venivano promossi dai grandi studios, che non ci hanno guadagnato ma sono andati in pari. Ma erano espressioni artistiche dei registi". "Tutto questo è finito con I cancelli del cielo di Michael Cimino: due studios sono caduti vittime dell'insuccesso del film. Gli studios hanno iniziato a dire no, non succederà più quello che è successo a Cimino. Il risultato è stato cambiare, prendere grandi star e fare un packaging: usare i soliti quattro sceneggiatori e le solite tre star".

The Canyons a Venezia 2013 - lo scrittore  Bret Easton Ellis
The Canyons a Venezia 2013 - lo scrittore Bret Easton Ellis

"Io preferisco registi come Tarantino: mi piace vedere C'era una volta a Hollywood piuttosto che tre persone in una casa di campagna perché era l'unica cosa che poteva permettersi la produzione". Il pensiero di Bret Easton Ellis è piuttosto chiaro: ama quel cinema spettacolare e intenso, fatto con grandi mezzi ma con una chiara visione autoriale. Anche quando è intervenuto sulla polemica di Francis Ford Coppola e la Marvel, in cui non le ha mandate a dire a Marvel e Disney e allo stesso Francis Ford Coppola, ha ribadito il concetto. "Naturalmente a Coppola non piaceranno i film della Marvel perché hanno soppiantato quelli che erano i suoi sogni, come costruire una comunità artistica a Hollywood, in questo mondo capitalista. Il Padrino è un esempio".

Novecento (Bernardo Bertolucci)

Novecento: Stefania Casini con DeNiro e Depardieu
Novecento: Stefania Casini con DeNiro e Depardieu

Si comincia con Novecento (1976), il capolavoro del nostro Bernardo Bertolucci. "L'Ho visto in televisione, nel 1977: avevo tredici anni e questo era un film per adulti" rievoca Brett Easton Ellis. "Sono rimasto colpito dalla bellezza del film: è un folle melodramma. Dopo aver visto Il conformista e Ultimo tango a Parigi sono diventato un fan di Bertolucci. Vittorio Storaro per me è uno degli artisti chiave degli anni Settanta, con i suoi movimenti di macchina così fluidi, per l'utilizzo della gamma dei colori. L'ho ammirato non solo in questi film ma anche ne La luna del 1979".

Una celebre scena di Novecento
Una celebre scena di Novecento

Ellis ha raccontato anche di essere rimasto colpito dalla sensualità del film. "È anche un film molto sexy" racconta. "C'erano Dominique Sanda, Robert De Niro e Gerard Depardieu, che era un straordinario esempio di mascolinità. C'era una sua scena di nudo integrale e un rapporto a tre con una prostituta epilettica. C'erano anche scene di una violenza esagerata. Come quella nei confronti di un bambino". "Una scena di sesso tra De Niro e Dominique Sanda è rimasta nelle mie fantasie erotiche per anni" scherza Ellis. "L'ho rivista da poco... e non era così strana dopo tutto..." "Ma è interessante notare che, a partire dalla scena del matrimonio questo film vira verso un tinte cupe, dark" aggiunge. "La mdp di Storaro ha dei movimenti che danno una panoramica completa della vita dei proprietari terrieri, dei contadini. E la musica di Morricone da una componente più oscura al film".

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Il lungo addio (Robert Altman)

Elliott Gould ne Il lungo addio
Elliott Gould ne Il lungo addio

"Amavo questo film, l'ho visto venti o trenta volte" ricorda l'autore di American Psycho. Il lungo addio (The Long Goodbye, 1973) di Robert Altman è tratto da un famoso romanzo di Raymond Chandler e allora è immediato chiedersi: un libro va tradito o no? "Devi essere fedele allo spirito del libro" risponde Ellis. "Il film Le regole dell'attrazione di Roger Avary non è ambientato nel tempo del mio libro, lo tradisce in alcuni aspetti, ma ne mantiene lo spirito e il tono". Tornando a Il lungo addio, lo scrittore ricorda che quando uscì fu odiato perché presentava un'immagine diversa di Marlowe. "che viene raffigurato come uno sfigato, un perdente". "Molti hanno ritenuto questo film un tradimento di Chandler" riflette Ellis. "C'era una concezione old fashioned di Chandler. Fu odiato dai critici e dagli studios".

Una bella immagine di Robert Altman sul set
Una bella immagine di Robert Altman sul set

"È uno dei più bei film ambientati a Los Angeles" racconta con passione lo scrittore. "Il direttore della fotografia Vilmos Zsigmond gira con movimenti di macchina regolari molto belli: quando un personaggio affoga, le immagini vengono riprese in vari modi, allo specchio, o dietro un vetro". "La musica di John Williams è eccezionale" aggiunge toccando una delle particolarità del film. "È la stessa canzone suonata in modi diversi. E nel film ci sono momenti di violenza improvvisi che hanno ancora un impatto notevole".

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Shampoo (Hal Hashby)

Warren Beatty e Julie Christie in Shampoo
Warren Beatty e Julie Christie in Shampoo

Se del film di Altman è stato proiettato l'inizio, di Shampoo di Hal Ashby è stato proiettato lo straordinario il finale. Shampoo, nel 1975, è stato il quarto incasso dell'anno. "Era sexy e allo stesso tempo molto molto divertente, era incentrato su un gruppo di persone annoiate di Bevely Hills" racconta l'autore di Meno di zero. "È ambientato nel 1968, la notte delle elezioni, pur essendo uscito nel 1975: era un guardarsi indietro e capire perché ci sono stati gli anni Settanta. Assistiamo a storie di ricchi, sesso e denaro; ma mentre stanno lì a divertirsi, intorno a loro c'è un crollo sociale e loro stanno ballando sull'abisso. Si dice che siano stati tre i registi del film: oltre ad Ashby, Warren Beatty e Robert Towne, che erano i cosceneggiatori. E il finale è montato alla perfezione". Hal Ashby è stato un regista forse dimenticato troppo presto. "Si è creato questo alone sentimentale nei suoi confronti" riflette Ellis. "Era morto giovane, per una malattia legata all'abuso di droga. Non possiamo dire che tutti i suoi film siano stati grandi. Ma era un iconoclasta, un hippy".

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Carrie - Lo sguardo di Satana (Brian De Palma)

Carrie: Sissy Spacek
Carrie: Sissy Spacek

È il momento di passare a Brian De Palma e a Carrie - Lo sguardo di Satana (1976). Assistiamo alla sequenza del sogno in cui Nancy Allen viene afferrata dalla mano di Carrie che spunta da sottoterra. Bret Easton Ellis confessa che forse avrebbe messo un'altra sequenza. "A metà del film c'è la sequenza del ballo scolastico" racconta. "È una delle migliori sequenze di ballo scolastico mai girate, potrebbe essere fatta da Vincent Minnelli: i colori, i movimenti di macchina con una ripresa aerea di tutta la sala. Al cento di tutto c'è Carrie, e uno dei momenti chiave è quando decidono di rovesciarle addosso un secchio di sangue di maiale: è una scena degna di Hitchcock. Dopo di che lei decide di uccidere tutti, e si perde un po' di interesse". "All'epoca ci fu gente che uscì dalla sala per la violenza" ricorda. "De Palma ha elevato il genere cinematografico, che è quello del teen movie e l'horror" riflette l'autore di Glamorama. "Nelle mani di un altro non sarebbe stato nulla, un film di telecinesi e di vendetta. Io con questo film mi sono reso conto di quanto contasse il regista: ho capito che quello che contava non era la storia, ma come veniva raccontata. E poi Pino Donaggio ha fatto un grande lavoro sulla colonna sonora"

Sissy Spacek in una scena di Carrie - Lo sguardo di Satana, tratto da un romanzo di Stephen King
Sissy Spacek in una scena di Carrie - Lo sguardo di Satana, tratto da un romanzo di Stephen King

Carrie è tratto da un libro di Stephen King, e ci si chiede come mai sia un autore portato così spesso al cinema. "Grandi storie, grandi trame, è cinematico" risponde Ellis. "Cronenberg. De Palma e Kubrick hanno fatto film tratti da King anche per esplorare le loro ossessioni. Il film di De Palma è diverso rispetto al libro che invece era una raccolta di ritagli di giornale che raccontavano l'accaduto a un ballo scolastico. E il personaggio di Sissy Spacek nel film diventava più vero".

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Un intenso primo piano di Cybill Shepherd ne L'ultimo spettacolo
Un intenso primo piano di Cybill Shepherd ne L'ultimo spettacolo

L'ultimo spettacolo (Peter Bogdanovich)

Timothy Bottoms si distrae sui banchi di scuola in una scena de L'ultimo spettacolo
Timothy Bottoms si distrae sui banchi di scuola in una scena de L'ultimo spettacolo

"Nessuno, a parte forse Coppola con Il Padrino, ha fatto film come L'ultimo spettacolo" esordisce appassionato Bret Easton Ellis. "Bogdanovich era quello meno influenzato del cinema europeo classico degli anni Cinquanta e Sessanta che invece erano sotto l'influenza della New Hollywood. L'ultimo spettacolo (1971) è stato il film più triste mai fatto. Timothy Bottoms, che nel film è Sonny, è il personaggio più reale e straziante". Dopo L'ultimo spettacolo, Bogdanovich ha girato buoni film, come Paper Moon, e tre disastri. "Giovane, spavaldo, sposato con la magnifica Cibyll Sheperd, con la quale poi finì, un po' se l'è andata a cercare" commenta Ellis. "Ebbe una storia con Dorothy Stratten, poi uccisa dal marito. Vive ancora a Hollywood nella dependance di Brett Ratner, quando prima viveva in un'enorme villa. È una grande tragedia di Hollywood. Quella di Michael Cimino è stata invece una tragedia per Hollywood e non per lui..."

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Incontri ravvicinati del terzo tipo (Steven Spielberg)

Incontri ravvicinati del terzo tipo, una scena del film di Spielberg
Incontri ravvicinati del terzo tipo, una scena del film di Spielberg

E nel racconto dell'America degli anni Settanta non poteva mancare che lui, Steven Spielberg, con l'unico film scritto e diretto, Incontri ravvicinati del terzo tipo, passato alla storia per quel dialogo con gli alieni attraverso la musica. È un film che ribalta il cliché del cinema e della letteratura, secondo cui chi arriva da lontano viene a minacciarci. "Nel 1977 era un'esperienza religiosa andare a vedere quel film" ricorda lo scrittore americano. "È chiara la capacità autoriale. Questa scena dove i personaggi sorridono agli alieni, nel 1977 dava speranza".

Una foto di Steven Spielberg
Una foto di Steven Spielberg

Ma, secondo Ellis, c'è anche un lato oscuro nel film. "È la storia di un baby boomer scontento, che segue questo culto e questi ufo, e scompare abbandonando la famiglia" riflette. "Dentro c'è l'insoddisfazione degli anni Settanta. John Williams firma ancora una delle migliori colonne sonore e Vilmos Zsigmond gira un film su scala epica". Incontri ravvicinati del terzo tipo fu un film costosissimo: la Columbia era preoccupata che fosse un flop, ma non fu così.

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Una scena di Manhattan
Una scena di Manhattan

Manhattan (Woody Allen)

Diane Keaton e Woody Allen in una scena di Manhattan
Diane Keaton e Woody Allen in una scena di Manhattan

"Chapter One..." L'incontro si chiude con una delle sequenze di apertura più famose del cinema, quella di Manhattan, con la voce narrante di Woody Allen che scrive e riscrive l'incipit di un romanzo su New York, mentre scorrono immagini in bianco e nero sopra la musica di Rapsodia in blu di Gershwin. "È un film spettacolare, per il direttore della fotografia, il montatore e l'uso della musica" spiega ammirato Ellis. "L'ho visto il primo weekend di uscita, al cinema, e ho fatto un'ora e mezza di fila per entrare. Ero già uno scrittore, avevo quindici anni, e avevo già deciso che, una volta finita la scuola sarei andato a un college sulla East Coast". "La prima scena è straordinaria, il resto è più improntato all'ironia, è spettacolare in maniera minimalista" riflette. "È più emotivo rispetto a Stardust Memories che, tra i due film, per me è il migliore". Da Manhattan si passa a parlare di Woody Allen. "È folle che alcuni festival del cinema non mi avrebbero mai permesso di includere un film di Allen" spezza una lancia a favore del cineasta americano Bret Easton Ellis, subito seguito da Antonio Monda.

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Brutti libri fanno buoni film, buoni libri fanno brutti film

Ian Somerhalder in una scena de Le regole dell'attrazione
Ian Somerhalder in una scena de Le regole dell'attrazione

Poco prima dell'incontro con il pubblico abbiamo avuto l'occasione di incontrare Bret Easton Ellis e di parlare del suo lavoro. È venuto naturale chiedergli come mai, dai suoi grandi libri, siano usciti quasi sempre film deludenti, a parte Le regole dell'attrazione di Roger Avary. Che è anche il suo preferito. "Sono d'accordo. Uno degli ultimi podcast che ho registrato riguarda Roger Avary, il regista de Le regole dell'attrazione, che non dava interviste da 13 anni" ci ha risposto Brett Easton Ellis. "A Hollywood le persone dicono che brutti libri fanno buoni film e buoni libri fanno brutti film. I libri brutti si basano su personaggi e sulla trama, i buoni libri sono espressione di autori. Certi libri al cinema funzionano meglio. Il grande Gatsby ha elementi che al cinema non sono ben rappresentati: rileggendolo ci si rende conto che parla di Fitzgerald e del romanticismo, è la coscienza interiore di un uomo che in un film non si riesce a rendere".

"Il problema coi libri è il movimento, la valenza cinematica, drammatica, sessuale, e quello che interessa è lo stile" continua lo scrittore di American Psycho. "Se guardiamo Patrick Bateman e se ne leggiamo la storia per 20 pagine è una cosa diversa rispetto a un film di 90 minuti. La lettura di un romanzo è totalizzante. Su American Psycho non sono né caldo né freddo. I miei libri sono concepiti come tali, non si pensava a un film. Quando uno scrittore ha un'impostazione cinematica i libri diventano buoni film".

Glamorama diventerà una serie?

Ian Somerhalder e James Van Der Beek in una scena de Le regole dell'attrazione
Ian Somerhalder e James Van Der Beek in una scena de Le regole dell'attrazione

Abbiamo chiesto a Brett Easton Ellis anche se Glamorama, l'unico libro tra i suoi più famosi a mancare all'appello della trasposizione cinematografica, diventerà un film. "Per Glamorama i diritti sono stati venduti a Roger Avary, dopo che aveva completato Le regole dell'attrazione, che è un film pazzesco, abbiamo parlato ore e ore per realizzarlo. Glamorama forse non si farà più, forse si potrebbe fare una miniserie. Tutto oggi dovrebbe essere una miniserie". L'idea ci piace: Avary ha dimostrato di saper ricreare il feeling di Ellis, e il monumentale copione del libro troverebbe nel respiro di una serie il suo format migliore.

50 sfumature di grigio, American Gigolo e Miami Vice....

Cinquanta sfumature di grigio: una scena del film
Cinquanta sfumature di grigio: una scena del film

Per un film, anzi una serie, che forse si farà, un film che è sfumato. Ellis è stato vicino a firmare una sceneggiatura per 50 sfumature di grigio. "Il libro non mi è piaciuto, ma poteva diventare un ottimo film" ci spiega l'autore. "C'è un movimento, uno studio affascinante di un rapporto, la dinamica di potere tra personaggi che hanno poco più ci 20 anni. È un'idea che avevo proposto, su Twitter mi sostenevano ma sapevo che E.L. James non mi avrebbe mai voluto. È un brutto libro che poteva diventare un bel film; è un brutto libro che non è diventato un bel film". Ellis ha svelato che gli era stato chiesto anche di scrivere un episodio di Miami Vice. "Mi era venuto in mente un episodio sovrannaturale" racconta. "Ovviamente non lo hanno mai fatto. La Paramount mi aveva chiesto di scrivere un remake di American Gigolo con Jared Leto, ma non lo hanno mai fatto".