Recensione Sunshine (2007)

Cambia il genere cinematografico di riferimento, ma regista e sceneggiatore tornano a parlare di un gruppo più o meno ristretto di persone che si trovano ad affrontare il collasso della civiltà, si osservano le loro dinamiche interne, i loro conflitti, le loro posizioni.

Boyle-Garland atto III

Per quanto innegabilmente discontinua, la filmografia di Danny Boyle è altrettanto innegabilmente eclettica e dinamica. Era molta quindi la curiosità di scoprire come il regista inglese si sarebbe rapportato un genere complesso e particolare come quello della fantascienza: e Sunshine dimostra che quello adottato da Boyle è un approccio sicuramente ambizioso ma ricco di elementi d'interesse.
In un'epoca dominata dagli effetti speciali e dall'immagine ipercinetica e spesso ridondante, Boyle - senza rinunciare alla sua eleganza formale - gioca la carta dell'anacronismo, prendendo come riferimento la fantascienza di autori come Tarkovskij, di film come i primi due Alien, e persino il 2001: Odissea nello spazio kubrickiano. Sunshine è di conseguenza un film fatto di attese e sospensioni, dove sono le atmosfere rarefatte nel cosmo e delle enorme navi spaziali, e le psicologie dei protagonisti a farla da padrone.

Nell'equilibrio del film contano poco lo spunto della vicenda (il Sole che si va spegnendo e la missione per dargli nuova vita), così come in fondo persino le ambizioni filosofiche del film (il Sole come sorgente mistica di vita, persino come divinità trascendente eppure immanente). Quel che risulta abbastanza evidente è che a Boyle interessano sopra ogni altra cosa i suoi protagonisti ed i travagli che debbono affrontare: ed in questo emerge altrettanto chiaramente la mano di Alex Garland, sceneggiatore del film.
I temi presentati da Sunshine sono infatti pressoché identiti a quelli affrontati da Boyle e Garland nelle loro precedenti collaborazioni, The Beach e 28 giorni dopo: cambia il contesto, cambia il genere cinematografico di riferimento, ma si parla comunque di un gruppo più o meno ristretto di persone che si trovano ad affrontare il collasso (imminente, avvenuto o supposto) della civiltà, si osservano le loro dinamiche interne, i loro conflitti, le loro posizioni, singole e collettive.

Se The Beach era un pasticcio malriuscito (pur partendo da un romanzo da non sottovalutare), se 28 giorni dopo era invece un film di grandi interesse e qualità, Sunshine si avvicina decisamente di più a quest'ultimo che non al film interpretato da Leonardo DiCaprio. Non è di certo esente da alcuni problemi - che emergono nella fase finale del film, dove non tutti i nodi narrativi e tematici vengono al pettine e dove la vena fracassona di Boyle tende a prendere il sopravvento - ma si tratta comunque di un film di grande fascino, ricercato senza essere troppo banale, comunque coraggioso nella sua ambizione. E questo spinge a perdonare le eventuali cadute.