Blade Runner 2049: 5 motivi per sperare in un degno erede del cult di Ridley Scott

Atteso, temuto, avvolto nel mistero. Il nuovo film di Denis Villeneuve è uno degli eventi cinematografici del 2017, un'opera sui cui gravano tante aspettative e lecite paure. Ecco gli elementi che ci rendono ottimisti per un sequel capace di reggere il confronto con il mitico cult di Ridley Scott.

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Oscura, cupa, nebulosa, avvolta da un denso strato fatto di fumo, malinconia e mistero. Succede che un'opera cinematografica possa specchiarsi nella città che mette in scena, e somigliarle, prenderne in prestito i connotati. Sembra questo il curioso destino di Blade Runner 2049, perfettamente sovrapponibile alla sua megalopoli distopica in cui è facile perdersi e arduo trovare certezze. Difficile orientarsi in questa Los Angeles cyberpunk, abbagliante eppure nera, illuminata da poster pubblicitari onnipresenti eppure piena di vicoli ciechi. Oggi come nel 1982. O nel 2049 come nel 2019, fa lo stesso. Succede perché dell'atteso film di Denis Villeneuve sappiamo ben poco, e quel poco che si sa pesa come un macigno sulle spalle del regista canadese. Tempo fa, in occasione del suo ritorno in sala, abbiamo definito quel memorabile cult di nome Blade Runner "un capolavoro non replicabile", una definizione che non voleva dare per sconfitto il suo sequel, ma solo consigliare un punto di vista da cui guardare le cose. Replicare Blade Runner è impossibile. Ribadirlo è persino ovvio. E sperare in una replica fedele sarebbe ingenuo e insensato. Non potranno tornare quella sorpresa, quella meraviglia, quell'impatto irripetibile sull'immaginario collettivo e sul cinema (fantascientifico e non). E allora in cosa sperare? Da questo atteso sequel, in cantiere dal 1999 e ambientato 30 anni dopo il primo capitolo, dovremmo forse aspettarci un'eredità fedele e allo stesso tempo coraggiosa, la voglia di espandere il pulsante universo narrativo accennato da Ridley Scott nel 1982, la capacità di aprire nuovi scenari nel solco del passato.

Blade Runner 2049: Ryan Gosling in una foto del film
Blade Runner 2049: Ryan Gosling in una foto del film

Perché il fascino di Blade Runner non risiede solo in quello che ci ha mostrato, ma anche in quello che non è stato detto, volutamente caduto nel silenzio, celato ai nostri occhi e alimentato da decenni di speculazioni e teorie. Forse non tutto sarà chiaro ancora una volta, ma la speranza di scoprire meglio quel tenebroso incubo urbano che è il mondo di Blade Runner permane. E allora ecco cinque motivi che ci fanno confidare in un degno erede, in un Blade Runner 2049 all'altezza del mito che echeggia dentro di lui. Perché se è vero che gli androidi sognano pecore elettriche, noi umani ci accontentiamo dei bei film.

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1. Registi che noi spettatori...

Blade Runner 2049: Ryan Gosling e Denis Villeneuve sul set
Blade Runner 2049: Ryan Gosling e Denis Villeneuve sul set

Dal vecchio lupo di mare britannico al fidato capitano canadese. Il passaggio di consegne tra Ridley Scott e Denis Villeneuve è già un indizio non da poco, una rassicurazione tutt'altro che scontata. Villeneuve è lontano anni luce dalla figura del mero esecutore, del "mestierante" destinato a svolgere il suo compito senza lasciare traccia della propria impronta. No, questo atteso e rischioso sequel è nelle mani di un vero autore, il che è garanzia di una visione ben precisa. Dotato di una grande eleganza formale nella messa in scena e di ottima sintesi nella narrazione, Villeneuve sembra aver involontariamente seguito un percorso propedeutico alla regia di Blade Runner 2049. Ce lo suggeriscono la sua passione per cacce all'uomo pronte a trasformarsi in drammatiche e inevitabili discese negli inferi (Prisoners, Sicario), l'attenzione al tema dell'identità (Enemy) e soprattutto l'approccio filosofico adottato con il fantascientifico Arrival. Se nei film precedenti Villenueve ha esplorato l'oscurità umana con stile asciutto e spietato, Arrival, con quel tatto raro con cui parla di umanità attraverso l'alieno e quella sua naturale propensione verso il mistero e la meraviglia, è forse la miglior rassicurazione possibile prima di tuffarsi ancora in una Los Angeles da incubo. Insomma, Blade Runner 2049 non sarà solo il sequel di un film di Ridley Scott, sarà soprattutto il nono film di Denis Villeneuve.

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Blade Runner 2049: Ridley Scott e Harrison Ford sul set
Blade Runner 2049: Ridley Scott e Harrison Ford sul set

2. Il colore del futuro, la luce degli incubi

Blade Runner: un concept art del film
Blade Runner: un concept art del film

Sprazzi di luce nell'oscurità, lampi sotto un diluvio perenne. I fari dei dirigibili pubblicitari che fendono la nebbia cittadina, insegne al neon che sfidano il buio. L'atmosfera cupa e soffocante di Blade Runner è indimenticabile, e lo sguardo visionario ma allo stesso tempo realistico di Ridley Scott rende il suo capolavoro incapace di invecchiare. Sempre attuale non solo per i suoi temi universali ma anche per il suo aspetto scenografico, Blade Runner sembra aver trovato un degno erede dal punto di vista visivo. I due trailer e le clip di Blade Runner 2049 ci restituiscono la stessa atmosfera umida e stantia, ci catapultano dentro una città caotica eppure inospitale, votata alla solitudine. Un'atmosfera cangiante, che passa dai colori freddi e lividi di una Los Angeles distopica a tonalità più calde e sabbiose, quasi stranianti, che fanno pensare persino a nuovi contesti da esplorare. Villeneuve, affiancato da uno dei migliori direttori della fotografia su piazza (Roger Deakins), ha cercato di limitare il più possibile l'uso di effetti digitali, preferendo una set più realistico e tattile possibile (come fatto da Peter Jackson con Il Signore degli Anelli e da J.J. Abrams con Star Wars: Il risveglio della forza). Insomma, anche nel 2049 il futuro del cinema sembra testardamente analogico.

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3. L'alchimia tra Harrison e Ryan

Blade Runner 2049: Harrison Ford e Ryan Gosling in una foto del film
Blade Runner 2049: Harrison Ford e Ryan Gosling in una foto del film

Il ghigno da sornione e il sorriso appena accennato. L'eterna faccia da schiaffi e il volto spesso assorto. Harrison Ford e Ryan Gosling non potrebbero essere più diversi di così per stile recitativo e modo di prestarsi alla camera. Laddove l'icona americana esplode con ironia e aria da spavaldo, il collega canadese implode dentro personaggi più pacati e riflessivi. A loro modo, Ford e Gosling hanno dato vita a due generazioni diverse di eroi e di romantici, di personaggi giusti, per cui è facile fare il tifo e a cui è bello affezionarsi. Va detto, però, che nel mitico podio fordiano, formato da Han Solo, Indiana Jones e Rick Deckard, il blade runner rappresenta la tipica eccezione che conferma la regola. Nel cult di Scott non c'è spazio per il suo adorabile atteggiamento da guascone, così ritroviamo un Ford più misurato, afflitto, ombroso. Blade Runner 2049 segna quindi l'incontro di due attori complementari, invitati a convivere dentro la stessa plumbea città. L'alchimia tra Ford e Gosling ci induce a sperare in un appassionante passaggio di testimone tra il vecchio agente e quello nuovo. Tra due runner, d'altronde, è lecito aspettarsi una degna staffetta.

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4. Un mondo più grande

Blade Runner 2049: Jared Leto in una scena del film
Blade Runner 2049: Jared Leto in una scena del film

I bastioni di Orione, le porte di Tannhäuser, qualcosa al di fuori di quella dannata gabbia chiamata Los Angeles. Blade Runner conteneva dentro di sé tantissimi riferimenti ad un mondo altro, ad un universo più vasto, noto ai personaggi ma invisibile agli occhi del pubblico. Come tanti respiri pieni di speranza per qualcosa di diverso da quel contesto urbano squallido e perduto, quelle frasi non sono state dimenticate, alimentando per decenni curiosità e teorie. Adesso, forse, potremo finalmente sbirciare altrove e lanciare uno sguardo verso le tanto citate colonie extra-mondo. Finalmente approderemo lì? Riusciremo a guardare oltre quella maledetta città? Una speranza, questa, che si basa su alcune sequenze viste nei trailer che non sembrano essere ambientate tra le mura di Los Angeles. L'allargamento di orizzonti in cui confidiamo, però, non è solo spaziale ma anche temporale. Infatti sono passati ben trent'anni dal 2019 di Blade Runner al 2049, anno in cui è ambientato il suo sequel. Un lasso di tempo lungo e denso di eventi ( segnato da un blackout misterioso), che verrà certamente raccontato dal film e da tre interessanti cortometraggi pubblicati on line. I tre filmati sono ambientati nei tre decenni precedenti Blade Runner 2049, e si soffermano sui nuovi personaggi interpretati da Jared Leto e Dave Bautista. Tre assaggi che ci rituffano dentro un oblio di cui avevamo nostalgia.

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5. Risposte lunghe 30 anni

Blade Runner 2049: Ryan Gosling e Harrison Ford in una foto del film
Blade Runner 2049: Ryan Gosling e Harrison Ford in una foto del film

"Penso sia complicato parlare di questo film senza poter dire nulla. Non ho mai lavorato a niente che fosse giustamente avvolto da tanta segretezza". Parola di Ryan Gosling. Questo alone di mistero in cui è avvolto Blade Runner 2049 non è un caso, né un indizio. È una prova. La prova che il film porta dentro di sé delle rivelazioni talmente significative da portare chiunque vi abbia lavorato a mantenere il massimo riserbo sulla pellicola. K, il blade runner interpretato da Gosling, nel trailer ammette di essere in cerca di risposte. E a quanto pare ne avremo. Tra le tante, la più attesa e dibattuta riguarda senza dubbio la natura di Deckard. Se la versione originale rilasciata nei cinema non instillava alcun dubbio sulla sua umanità, la Director's Cut voluta da Scott nel 1992 pone inquietanti interrogativi sul personaggio, facendo intuire (tra sogni preconfezionati e origami) che l'agente possa essere un replicante. Se per i personaggi sono passati trent'anni, per noi spettatori ne sono trascorsi esattamente trentacinque. Per questo siamo pronti a sapere. E, magari, a immaginare ancora. Come solo gli androidi dall'animo umano sanno fare così bene.