Soumaila Sacko è stato ucciso il 2 giugno 2018 da alcuni colpi di arma da fuoco sparati da Antonio Pontoriero: l'uomo quel giorno fece fuoco contro altri due immigrati che riuscirono a fuggire. Uno di loro ha contribuito al suo arresto. Ripercorriamo la storia di Soumaila Sacko e del suo omicidio.
chi era Soumaila Sacko
Soumaila Sacko dopo aver lasciato il Mali arrivò nel nostro paese il 9 giugno 2014. Quel giorno, grazie all'operazione 'mare nostrum' sbarcarono in Italia 1.400 persone. Soumaila, che nel suo paese aveva lasciato una moglie e una figlia di un anno, si era fermato in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro dove, insieme a migliaia di emigranti, lavorava nei campi per la coltivazione e la raccolta degli agrumi. Sacko era anche un sindacalista, come il padre, e si batteva per i diritti dei cosiddetti 'invisibili', ovvero gli immigrati che sono sfruttati nei campi di tutt'Italia dove le varie organizzazioni criminali, ndrangheta, mafia e camorra la fanno da padrone.
Il destino di Soumaila Sacko, scampato 4 volte alla morte
Come racconta il quotidiano Avvenire, Soumaila Sacko aveva visto la morte da vicino quattro volte: in mare, salvato da un naufragio mentre cercava di raggiungere il nostro paese; per ben due volte si era salvato dall'incendio della baracca dove viveva, Il 3 luglio 2017 e il 27 gennaio 2018, in uno di questi episodi era morta la giovane Becky Moses. II quotidiano cattolico racconta che la quarta volta a salvare l'uomo era stato don Roberto Meduri, parroco a Rosarno "Soumaila si era sentito male, con dolori fortissimi alla pancia. Invano per giorni era stato chiamato il 118, ma non gli volevano credere. Allora don Roberto lo aveva accompagnato all'ospedale. Aveva un'ulcera perforata", operato d'urgenza era poi rimasto in ospedale più di due settimane.
L'omicidio di Soumaila Sacko
Soumaila Sacko è stato ucciso il 2 giugno 2018. 24 ore prima Matteo Salvini era diventato Ministro dell'Interno promettendo una politica aggressiva contro gli immigranti clandestini per i quali "era finita la pacchia". Quel giorno Soumaila Sacko è con altri due immigrati, Drame Madhieri e Madoufoune Fofana. Al momento della sparatoria i tre erano nell'area dell'ex fornace 'La Tranquilla', nel comune di San Calogero in provincia di Vibo Valentia, dove stavano prendendo delle lamiere di alluminio per costruire una baracca nella tendopoli di San Ferdinando, in provincia di Reggio Calabria.
Le fasi dell'omicidio di Soumaila Sacko raccontate da Drame Madhieri
L'omicidio di Soumaila ci viene raccontato da Drame Madhieri, come riporta il portale osservatoriodiritti.it, nella testimonianza rilasciata ai carabinieri della stazione di San Calogero "Ci trovavamo lì al fine di prelevare alcuni pannelli/lamiere di copertura inutilizzati che a noi sarebbero serviti per sistemare la nostra dimora nella tendopoli... Mentre io e Sacko eravamo sul tetto della struttura a smontare alcuni pannelli, udivo un colpo di fucile che ci allarmava e ci faceva scendere subito dal tetto. Avendo percepito da quale direzione proveniva il colpo, ho notato un uomo a distanza, in posizione sopraelevata, che ci osservava da seduto puntandoci il fucile contro. Io avvertivo subito il mio amico Sacko in modo che ci potessimo riparare dall'esplosione di ulteriori colpi. Mentre io comunicavo con Sacko, un altro colpo di fucile colpiva Sacko alla testa e lo faceva cadere per terra procurandogli la perdita di sangue".
Drame Madhieri fornì un identikit dell'uomo che aveva sparato, e quando i Carabinieri arrestarono Antonio Pontoriero, riconobbe in lui colui che aveva ucciso il suo amico.
Il processo a Antonio Pontoriero
Antonio Pontoriero, agricoltore di 45 anni, è stato condannato in primo grado dalla Corte d'Assise di Catanzaro, presieduta da Alessandro Bravin, a 22 anni di carcere. La corte ha stabilito che quel giorno l'imputato sparò alla vittima, colpendolo alla testa e, subito dopo sparò, in direzione di Drame Madhieri e Madoufoune Fofana che però riuscirono a fuggire.
Il Movente dell'omicidio
Secondo la Procura, Antonio Pontoriero considerava l'area dell'ex Fornace una sua proprietà sebbene, come si legge sul Fatto Quotidiano "si trattasse di un terreno abbandonato in cui la Procura di Vibo Valentia aveva scoperto una discarica abusiva dove le Fiamme Gialle hanno poi rinvenuto 135mila tonnellate di rifiuti tossici provenienti anche dalla centrale Enel di Brindisi".