Un tentativo di evasione, un gruppo di detenuti che sequestra 33 ostaggi, una trattativa durata sette giorni: sono gli ingredienti di Porto Azzurro, un carcere sotto sequestro, il documentario in onda stasera su Rai2 alle 21:20 che racconta per la prima volta la cronaca della rivolta avvenuta all'interno dell'istituto penitenziario dell'Isola d'Elba nell'agosto del 1987.
Il docu-film inaugura "L'Italia criminale: quando la cronaca fa la storia", la prima collana di Rai Documentari su sette recenti episodi criminali della storia italiana che hanno suscitato grande clamore nell'opinione pubblica, in onda ogni venerdì fino al 28 ottobre in prima serata su Rai2.
Curato da Lorenzo de Alexandris e diretto da Jovica Nonkovic, scritto da Alessandro Giordano ed Emanuele Mercurio, il documentario ripercorre una vicenda che ha tenuto col fiato sospeso l'intero Paese, attraverso preziosi filmati e immagini di repertorio e interviste esclusive ai sequestrati e al capo del commando, il terrorista nero Mario Tuti.
Nel 1987 il carcere di Porto Azzurro, all'Isola d'Elba (LI), veniva considerato un vero e proprio modello: i detenuti erano coinvolti in svariate attività, ricreative e lavorative, volte alla riabilitazione e al loro reinserimento nella società. Il clima all'interno dell'istituto era sereno e il rapporto tra detenuti e guardie carcerarie disteso e collaborativo. Tutto questo dura fino alla mattina del 25 agosto 1987, quando un gruppo di sei detenuti, capeggiati da Mario Tuti, irrompe pistole alla mano all'interno della portineria dell'istituto e prende in ostaggio il direttore e gli agenti presenti, con l'intenzione di impossessarsi della macchina blindata del direttore, dirigersi verso il porto e tentare la fuga.
Il fallimento dell'evasione, grazie a un agente che riesce a far scattare l'allarme, si trasforma nel sequestro di 33 persone - 5 civili, 17 guardie carcerarie e 11 detenuti - e dà il via a un braccio di ferro tra i sequestratori e lo Stato che durerà sette giorni e che nel documentario viene raccontato dalla voce di chi ha vissuto in prima persona un fatto destinato ad entrare nella memoria collettiva del Paese: il direttore del carcere Cosimo Giordano, le guardie carcerarie Luciano Baffoni e Luciano Buono e l'assistente sociale Rossella Giazzi, unica donna tra i 33 ostaggi, il magistrato di sorveglianza a Livorno Antonietta Fiorillo, che gestì la trattativa dall'esterno del carcere insieme a un pool di colleghi, e Mario Tuti, il capo del commando, che era detenuto a Porto Azzurro per l'omicidio di due agenti di polizia e quello di un detenuto avvenuto nel carcere di Novara (nel 1986 Mario Tuti era stato condannato in appello per la strage dell'Italicus, sentenza poi annullata dalla Corte di Cassazione nell'87 e poi definitivamente nel'92). La tensione vissuta in quei giorni all'esterno del carcere viene ripercorsa attraverso le voci di altri dipendenti dell'istituto, esperti e giornalisti, tra cui l'attuale direttore del Tirreno Stefano Tamburini, allora giovane cronista, e lo storico giornalista del Tg1 Paolo Di Giannantonio.