Dj Fabo: la storia, l'incidente e la morte di Fabiano Antoniani

La storia Dj Fabo (Fabiano Antoniani) rimasto tetraplegico dopo un incidente e la sua morte ottenuta grazie al suicidio assistito in una clinica svizzera, nel 2017.

Ripercorriamo la storia di Dj Fabo, pseudonimo di Fabiano Antoniani, il giovane noto per aver scelto la morte attraverso il suicidio assistito dopo essere rimasto tetraplegico in seguito a un grave incidente. Ad accompagnarlo in Svizzera è stato Marco Cappato, attualmente Tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, che per questo motivo è strato processato per aiuto al suicidio assistito.

Dj Fabo
Dj Fabo (Fabiano Antoniani) alla consolle

Fabiano Antoniani nasce il 9 febbraio 1977, il suo talento per la musica spinge i genitori a iscriverlo alla scuola per imparare a suonare la chitarra. Nel suo testamento, pubblicato da l'Ansa, Dj Fabo scrive "visto il talento, i miei genitori mi costringono a frequentare il Conservatorio di Milano, villa Simonetta, ma a causa del mio comportamento ribelle vengo espulso". Oltre alla musica, un'altra passione di Fabiano è la moto, in particolare il moto cross: partecipa anche ad alcune gare fin quando un piccolo incidente gli impedisce di continuare l'attività agonistica e contemporaneamente lavora nel reparto commerciale del team supermotard Daverio.

Dopo aver lasciato il suo posto fisso nel capoluogo lombardo Fabiano diventa un dj professionista di fama internazionale. Al massimo della sua popolarità, il ragazzo si trasferisce per otto mesi l'anno in India con la fidanzata. La sua carriera e la sua vita subiscono una brusca battuta d'arresto nel 2014, dopo una serata a Milano, quando resta coinvolto in un incidente che lo rende tetraplegico e cieco.

Da quel giorno Fabiano Antoniani inizia una serie di terapie che non migliorano la situazione e nel suo testamento scrive_ "le mie giornate sono intrise di sofferenza e disperazione non trovando più il senso della mia vita". Con queste parole Dj Fabo spiega la sua scelta: morire attraverso il suicidio assistito. Per questo scrive la sua lunga lettera/testamento al presidente Sergio Mattarella nella quale tra l'altro si legge "Vivo oggi a casa di mia madre a Milano con una persona che ci aiuta e la mia fidanzata che passa più tempo possibile con me. Mi portano fuori, ma spesso non ne ho voglia" e ancora "trovo più dignitoso e coerente, per la persona che sono, terminare questa mia agonia". Fabiano contatta l'Associazione Luca Coscioni "una realtà che difende i diritti civili in ogni fase dell'esistenza dei cittadini. Compreso il diritto sacrosanto di morire".

In Italia il suicidio assistito non è possibile e per questo Fabiano Antoniani si reca in Svizzera, a Zurigo, nella clinica Dignitas di Forck accompagnato da Marco Cappato, dalla mamma, dalla fidanzata e alcuni amici. "Il 27 febbraio del 2017 Dj Fabo ha morso un pulsante per attivare l'immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato", ha raccontato all'ANSA Marco Cappato, che poi ha aggiunto "al mio rientro in Italia, andrò ad autodenunciarmi, dando conto dei miei atti e assumendomene tutte le responsabilità". Il reato che si configurava per lui è aiuto al suicidio. Cappato poi, parlando degli ultimi momenti di vita di Fabiano, riferisce: "le ultime parole che l'uomo ha detto agli amici che lo hanno accompagnato sono state: "Non prendetemi per scemo ma devo chiedervi un favore: mettete sempre le cinture (di sicurezza). Non potete farmi un favore più grande".

Marco Cappato, come aveva preannunciato, si autodenuncia per il reato di aiuto al suicidio. La Procura di Milano, dopo aver indagato, chiede l'archiviazione ma si trova di fronte al diniego del giudice delle indagini preliminari che per l'attivista dell'Associazione Luca Coscioni dispone l'imputazione per il reato di aiuto al suicidio assistito. La Corte di Assise di Milano all'udienza del 14 febbraio 2018 solleva questione di legittimità costituzionale dell'art. 580 c.p. La Corte Costituzionale, come si legge sul sito dell'Associazione Luca Cascioni, il 23 ottobre 2018 "sospende la decisione e nelle more invita il Parlamento ad intervenire offrendo adeguate tutele legislative corrispondenti al dettato costituzionale".

Il Parlamento non ascolta l'appello degli Ermellini e non legifera, a causa di questo vuoto giuridico Marco Cappato rischia dai 5 ai 12 anni di carcere. Fortunatamente la Consulta il 24 settembre 2019 delibera, a proposito di Dj Fabo e Cappato, che non può essere considerato punibile "chi agevola l'esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di un paziente tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetto da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli", come si legge nel comunicato stampa della Consulata del 25 settembre 2019.

Grazie a questa sentenza della Corte Costituzionale, la Corte di Assise di Milano il 23 dicembre 2019 assolve Marco Cappato perché il reato ascrittogli non sussiste.