Nel messaggio natalizio alternativo di Channel 4, Jimmy Kimmel attacca frontalmente Donald Trump, riflette sulla sospensione del suo show e denuncia una deriva autoritaria negli Stati Uniti, trasformando l'ironia in uno strumento politico e il Natale in un atto di resistenza civile.
Satira, sospensione e libertà di parola: il racconto di Kimmel
Per il messaggio natalizio alternativo 2025, Channel 4 ha affidato il microfono a Jimmy Kimmel, che ha colto l'occasione per sfoderare una critica feroce - e volutamente comica - nei confronti di Donald Trump. Il comico ha descritto un'America in cui, a suo dire, "la tirannia è in pieno boom", accusando il presidente di comportarsi come un sovrano assoluto che "pensa di essere il nostro re".
Un attacco che si intreccia con un'esperienza personale recente: la breve ma discussa sospensione di Jimmy Kimmel Live! da ABC, arrivata dopo alcuni commenti del conduttore in seguito all'omicidio di Charlie Kirk. Kimmel ha spiegato di aver percepito quella decisione come un tentativo di silenziamento politico, sostenendo che Trump avrebbe voluto "zittirmi perché non lo adoro nel modo in cui gli piace essere adorato".
Il ritorno in onda dello show è stato raccontato come una sorta di miracolo anticipato: "Il nostro programma è tornato più forte che mai. Abbiamo vinto noi, il Presidente ha perso e ora sono di nuovo in onda ogni sera a rifilare al politico più potente del mondo una bella e meritatissima strigliata", ha detto, giocando con il termine britannico bollocking e chiedendo ironicamente conferma sull'uso corretto della parola.
Dietro la battuta, però, c'è un punto centrale: milioni di persone, anche non spettatori del suo show, si sono mobilitate in difesa della libertà di espressione, dimostrando come la satira possa ancora funzionare da cartina di tornasole democratica.
"Non siamo tutti così": l'America che chiede tempo
Nella parte finale del messaggio, trasmesso poco dopo il tradizionale discorso di Natale del Re, Kimmel ha allargato lo sguardo, rivolgendosi direttamente al pubblico britannico. Ha riconosciuto che l'attuale situazione statunitense non resta confinata entro i confini nazionali, affermando che gli Stati Uniti stanno "smantellando, in senso figurato e letterale, le strutture della propria democrazia", dalla stampa libera alla scienza, fino all'indipendenza giudiziaria. Per questo, ha aggiunto un'insolita scusa ufficiale: "Volevo solo dire che ci dispiace. E vogliamo farvi sapere che non siamo tutti come lui".
Il comico ha evocato le proteste "No Kings", ricordando come milioni di americani abbiano manifestato contro l'idea di un potere personale assoluto, sottolineando che il problema non è la monarchia britannica, ma "l'uomo che pensa di essere il nostro re". Il tono resta ironico, ma il messaggio è chiaro: ciò che un tempo sembrava impossibile può accadere rapidamente, anche in una democrazia consolidata.
Con riferimenti pop che vanno da Hamilton a Love Actually, Kimmel ha cercato di ricucire simbolicamente il rapporto transatlantico, chiedendo agli inglesi di non arrendersi all'immagine peggiore dell'America. "Siamo sempre un po' in ritardo", ha ammesso, "ma alla fine arriviamo. Forse. Dateci tre anni, per favore". Un finale che mescola autoironia, allarme democratico e una richiesta di pazienza, trasformando il Natale in una dichiarazione politica mascherata da monologo comico.