Ammettetelo. Chiunque, almeno una volta nella vita, ha sognato di essere (o sposare) Winona Ryder. Emblema assoluto del cinema degli anni Novanta, America's sweetheart, icona di stile. Per sempre grati ai fratelli Duffer per averla strappata ad un destino di ruoli secondari o film minori nei quali era stata incastrata dopo Il cigno nero e riportata al centro della scena in Stranger Things.
Ora la ritroviamo in Beetlejuice Beetlejuice, sequel del cult di Tim Burton che vedremo fuori concorso a Venezia 81, in cui riprende il ruolo di Lydia Deetz. E ora che, finalmente, quel decennio meraviglioso sta tornando prepotentemente in auge grazie a film e serie tv ambientate nell'era di Clinton e delle VHS, del Tamagotchi e dell'egemonia di MTV, anche lei è tornata a riprendersi il suo posto.
Gli anni Novanta al cinema
Sedici film in dieci anni, dal 1990 al 2000 (senza contare i precedenti Beetlejuice - Spiritello porcello, Schegge di follia o Great Balls od Fire!), di cui oltre la metà sono degli assoluti cult. Da Edward mani di forbici in cui, biondissima per esigenze di copione, faceva coppia con Johnny Depp sul set e nella vita privata (con tanto di tatuaggio di lui sul braccio che recitava Winona Forever poi modificato in un Wino Forever dopo la loro rottura). Nello stesso anno, il 1990, esce quella che è forse una delle più belle gemme cinematografiche di quel decennio: Sirene. Un feel good movie con un cast da non crederci: Cher, Bob Hoskins e una piccolissima Cristina Ricci al suo debutto sul grande schermo.
E poi ovviamente lei, Winona, nei panni di Charlotte, ragazzina ebrea ma timorata di Dio con il sogno di farsi suora e una madre collezionista seriale di relazioni fallite. La ragazza vede la sua incrollabile fede vacillare quando incontra il guardiano del campanile del convento che costeggia la sua nuova casa. Dopo il film di Richard Benjamin arriva il turno di Jim Jarmusch, anima indie blues del cinema americano, che ne stravolge l'immagine grazie a una t-shirt oversize, un cappellino da baseball al contrario, chewing gum in bocca e una sigaretta tra le dita sporche del grasso del motore delle macchine.
Stiamo parlando di Tassisti di notte, film a episodi in cui l'attrice, nei panni della giovane tassista Corcky, scorrazza per le strade di una Los Angeles al neon un'agente cinematografica con il volto di Gena Rowlands. Nell'episodio il personaggio di Winona Ryder declina una carriera da stella del cinema per seguire il sogno di aprire un'autorimessa tutta sua.
Nella vita reale l'attrice, a soli vent'anni, era già il volto del nuovo cinema americano. Al set di Jarmusch seguono tre film giganteschi: Dracula di Bram Stoker di Francis Ford Coppola (che l'avrebbe voluta anche ne Il padrino - Parte III ma un esaurimento nervoso dell'attrice fece saltare tutto), L'età dell'innocenza di Martin Scorsese (che le regala la sua prima nomination agli Oscar) e La casa degli spiriti di Bille August. Tre prove gigantesche per tre film in costume in cui viene diretta da registi strepitosi.
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Winona Ryder, simbolo della Generazione X
Ma la Winona Ryder che forse più di tutte rappresenta gli anni Novanta è quella del rossetto mat e del taglio di capelli corto con la frangia di lato, dei vestiti presi al flee market e degli occhiali da sole con la lente rotonda. È lei la protagonista del manifesto della Generazione X: Giovani, carini e disoccupati. Esordio alla regia di Ben Stiller e puro tripudio della società e della cultura americana di quegli anni in cui l'attrice fa coppia sullo schermo con la sua controparte maschile in fatto di icone generazionali: Ethan Hawke.
L'amministrazione Clinton e la paura dell'AIDS, il terrore del futuro di chi si è appena laureato e non sa come affrontare ciò che li aspetta all'orizzonte, lo smarrimento di chi nemmeno ci è andato all'università e nella vita vorrebbe fare l'artista, l'omosessualità e il primo amore adulto - "Vedi Lelaina, non ci serve altro: un paio di sigarette, una tazza di caffè e un po' di conversazione. Io, te e cinque dollari" rimane una delle frasi più belle del cinema contemporaneo - la campana di vetro di Sylvia Plath e quel senso di libertà e terrore che si prova solo a vent'anni. Un film sullo smarrimento generazionale con protagonista il volto di quella generazione (e una colonna sonora perfetta).
Non poteva mancare la grande letteratura americana al femminile e un personaggio, quello di Jo March in Piccole Donne, a regalarle la seconda nomination agli Oscar. Un film dal cast incredibile - Claire Danes, Susan Sarandon, Christina Bale, Kristen Dunst, Gabriel Byrne - su cui svetta lei grazie alla penna di Louisa May Alcott che in quella ragazzina che sogna di diventare scrittrice ha tratteggiato uno dei personaggi femminili più rivoluzionari di sempre. Altro piccolo cult è Gli anni dei ricordi in cui Winona Ryder è circondata da leggende come Anne Bancroft e Ellen Bursty, Maya Angelou e Lois Smith che raccontano cosa sia per loro l'amore grazie ad una trapunta di patchwork.
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Una "ragazza interrotta" attraverso cui rifletterci
Arrivati sul viale del tramonto degli anni Novanta ecco che Winona Ryder convince James Mangold a portare sullo schermo un romanzo, Ragazze Interrotte di Susanna Kaysen, che era finito tra le sue mani in un momento molto complicato della sua vita. Era il 1994, la storia con Johnny Depp era finita portandola a trascorrere una settimana in una struttura medica per cercare di tenere a bada ansia e insonnia. Così la storia di quella ragazza che confondeva il sogno con la vita deve essergli sembrata così vicina da volerle dare voce e corpo in un film diventato senza tempo. La sua ragazza interrotta è, ancora oggi, un punto di riferimento cinematografico per tutte quelle persone che, ad un certo punto della vita, hanno perso la rotta e si sono sentite perse e confuse.
Chiude il decennio Autumn in New York, drammone sentimentale con Richard Gere a cui segue, un anno dopo, l'arresto per cleptomania (ricordate le magliette con la scritta Free Winona?). Nel decennio successivo l'attrice prende parte a diversi film in ruoli minori come Ingannevole è il cuore più di ogni cosa di Asia Argento e in progetti sperimentali come A Scanner Darkly - Un oscuro scrutare di Richard Linklater.
Ma è all'inizio del decennio successivo, il 2010, che la sua carriera inizia la risalita. Merito di Darren Aronofsky che la vuole nel già citato Il Cigno Nero. Anche se è il piccolo schermo che le regala un nuovo spazio per esprimersi. Oltre a Stranger Things, l'attrice partecipa a Show Me a Hero, miniserie con un gigantesco Oscar Isaac, e Il complotto contro l'America in cui è protagonista dell'adattamento del romanzo omonimo di Philip Roth.
Quello degli anni Novanta è stato un decennio intriso già all'epoca di nostalgia. Un decennio che l'ha resa icona e l'ha cristallizzata per sempre in un ruolo specifico. La ragazzina brillante e un po' tormentata che soffriva d'insonnia e portava sempre con sé una copia de Il Giovane Holden. Ce ne siamo innamorati di quella ragazzina che sorrideva abbassando lo sguardo. Perché con i suoi personaggi ha rappresentato l'adolescenza e i bagliori dell'età adulta. Un periodo fatto di scoperte e paure che custodiamo tutti nel cuore. E così Winona Ryder è diventata l'emblema della nostra di adolescenza. Guardare lei era come vedere noi riflessi e scoprire che, dopotutto, ce l'avremmo fatta. E che avere paura o non sentirsi all'altezza andava bene. Winona Forever.