Vite incrociate
Una drammatica storia sull'intreccio di destini ed identità tra due uomini così diversi da esser complementari. Tagliato sul talento dei protagonisti, il film ci regala due intensi ritratti di esistenze deluse, di anime in solitudine. Patrice Leconte vela di sfumature noir il suo ultimo lavoro, evocando la malinconica atmosfera dei film con Jean Gabin, a cui Johnny Hallyday s'ispira con la sua aria da duro romantico.
Sullo sfondo di un tranquillo paesino francese avviene l'incontro casuale tra Manesquier, abitudinario ex professore, e Milan, avventuriero ex galeotto arrivato in treno. Nonostante le opposte esperienze i due uomini stringeranno una forte amicizia, scoprendo di desiderare ciascuno la vita dell'altro proprio mentre il destino ha fissato per entrambi un appuntamento ineluttabile.
Manesquier, raffinato professore di francese in pensione, vive solo nella grande e vuota villa dal sapore antico di mobili ed oggetti che riempiono ogni angolo, creando un rifugio nel passato. La vita sedentaria dell'anziano insegnante scorre lentamente, sempre uguale a se stessa, scolorita dalla noia. Le uniche emozioni sono legate ai ricordi e alla poesia che insegna con passione ad uno studente svogliato a cui dà ripetizioni. Agli antipodi c'è il rude Milan, nomade uomo di poche parole, sempre in viaggio, senza radici.
Il bravissimo Jean Rochefort dà vita ad un personaggio che ha vissuto di libri, musica, e quadri tra i confini della propria casa, sognando di fuggire verso mete ed esperienze sconosciute, e per questo affascinanti.
Il misterioso e 'vissuto' Milan ha invece gli occhi glaciali di Johnny Hallyday che, a dispetto della coriacea apparenza da rapinatore in giacca di pelle nera, sogna la tranquillità e la banalità di una vita domestica.
Lo scontro tra le due diverse solitudini produrrà uno scambio: la serenità della saggezza e l'irruenza del coraggio, pantofole e pistole. Entrambi si presenteranno all'appuntamento con il destino arricchiti da qualcosa che appartiene all'altro.
La bellissima fotografia de L'uomo del treno assume una tonalità ocra per restituire l'atmosfera antica e un po' stantìa dell'esistenza di Manesquier, scegliendo invece il blu per il tenebroso e misterioso Milan.
"Fare film è un modo provvisorio e continuo di cambiare pelle, di sospendere il tempo, di condensare in due giorni il girato di tre mesi". Questo dice Patrice Leconte ammettendo come il cinema consenta di realizzare quello che in questo film accade: cambiare identità per calarsi in una personalità diversa.