Verso l'Italia che fa paura
Altro giro, altro festival, altra pellicola che si inserisce all'interno della new wave rumena che in questi ultimi anni ha suscitato tanto interesse e conquistato diversi premi. Con questo Francesca - opera prima di Bobby Paunescu, già produttore di La morte del signor Lazarescu, vincitore della sezione Un Certain Regard a Cannes 2005 - non siamo ai livelli di eccellenza raggiunti dal Cristian Mungiu di 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni e anche distanti dall'originalità di Police, Adjective, uno dei film più amati all'ultimo festival francese, ma non c'è dubbio che da questo tipo di cinema molti registi presenti qui in laguna, anche ben più blasonati, potrebbero imparare e molto per quanto riguarda la gestione degli attori e soprattutto delle inquadrature.
E' solo grazie alla scelta (ormai divenuta quasi obbligata in questa scuola cinematografica) di lunghi piani sequenza, spesso a camera fissa, e alla grande naturalezza di dialoghi e situazioni, che anche un film come questo di Painescu a discapito della mancanza di un forte intreccio riesce comunque a tenere sempre alta la tensione negli spettatori, con una continuata e insistita sensazione di pericolo imminente che ha in realtà sbocco solo nella sequenza finale.
La storia di Francesca, maestrina d'asilo che vorrebbe emigrare in Italia per fare prima da badante e poi magari riuscire ad aprire un asilo dedicato ai figli della comunità rumena sempre più ampia nel nostro paese, non è altro che una scusa per parlare nuovamente della situazione di immobilità civile e politica che vive ancora oggi la Romania. E' vero, c'è stata l'apertura all'Europa, ma cosa è cambiato in fondo per la Romania se non la possibilità di andare via più facilmente, magari cercando fortuna nella nostra Italia?Quello che è cambiato, ci dice Painescu, è l'atteggiamento verso questo tipo di emigrazione, non più di sola speranza ma anche di paura: l'Italia non è più solo un paese da sogni, ma dopo tutti i casi da cronaca nera che leggiamo tutti i giorni, diventa al tempo stesso un paese da incubo, in cui essere rumeno equivale molto spesso ad essere uno zingaro, un ladro, una prostituta.
"Una volta almeno gli uomini italiani dovevano pagare il viaggio e venire fin qui per scoparsi le nostre donne, adesso sono loro che vanno direttamente in casa loro".
Movieplayer.it
3.0/5