Lo scorso anno aveva chiuso la Settimana della Critica a Venezia e non era passato certo inosservato, ma solo per pochi addetti ai lavori. Adesso finalmente Vermin arriva al grande pubblico grazie all'uscita homevideo con un'edizione Midnight Classic della Plaion: come vedremo in questa recensione, l'occasione ghiotta per non perdere un survival horror francese avvincente e ansiogeno.
Unica avvertenza: chi soffre di aracnofobia si tenga alla larga da questo film ambientato in un decadente palazzo nelle banlieue, perché Vermin ha un effetto dirompente anche a chi non soffre di questa fobia, figuriamoci a chi salta in aria alla vista di un ragno. Merito del regista esordiente Sébastien Vanicek (anche sceneggiatore assieme a Florent Bernard), che dopo tanti corti al suo primo lungometraggio ha sfoderato un efficace senso della tensione, tanto da meritarsi la direzione di un nuovo progetto ideato come spin-off della saga de La casa.
La trama: invasione di ragni velenosi in una casa delle banlieu
La trama di Vermin è semplice e punta dritta al nocciolo della questione. Kaleb (Théo Christine) è un ragazzo che vive di espedienti in un sobborgo parigino, in un fatiscente palazzo delle banlieu: ama animali esotici, insetti e rettili di cui fa collezione, ma per raccattare qualche soldo rivende scarpe alla moda. Un giorno prende in un bazar un ragno velenoso, di cui abbiamo visto le origini nel prologo ambientato nel deserto africano, e se lo porta a casa.
Una volta nell'abitazione, il ragno scappa dalla scatola di scarpe in cui era rinchiuso, comincia a deporre uova e vista la stupefacente capacità di riprodursi velocemente e poi aumentare di dimensioni, il palazzo si ritrova ben presto invaso da ragni grandi e piccoli. La polizia isola e blocca l'edificio che si trasforma in una trappola per i residenti. Ma Kaleb e i suoi amici non si rassegnano e tra mille insidie cercheranno una via di uscita prima di finire travolti dai ragni.
Tensione, spazi stretti, effetti visivi e sonori: in Vermin funziona tutto
Non esitiamo a definire Vermin uno dei migliori horror visti negli ultimi tempi, e non è solo questione di effetti visivi molto efficaci costruiti fra CGI e ragni veri, quanto del fatto di saper far leva con grande abilità sui meccanismi del genere per parlare anche di altro, di qualcosa di più importante a livello sociale. Ma partiamo dal primo livello. Quello che colpisce immediatamente, oltre alla grande cura nella messa in scena, è la sapiente gestione della tensione in spazi stretti: i fuggitivi devono passare stanze, porte, garage, ascensori, cantine, corridoi e rampe di scale. Qui Vanicek è bravissimo a giocare continuamente fra la salvifica luce (che frena i ragni) e l'oscurità, alimentando ansie e paure e alternandole con barlumi di speranza. Sa creare sequenze molto intense agendo anche sul sonoro, perché il sinistro zampettare dei ragni nel buio è qualcosa che inevitabilmente rimane in testa.
Buon cast e un girato efficace, peccato per un finale un po' sottotono
Il risultato di tutto questo è che le scene dei ragni sono terribilmente efficaci e oggettivamente spaventose, creano un grande stato di tensione che permea tutto il film: le bestie escono da ogni anfratto, ti aspettano nell'oscurità, se i ragni sono piccoli corrono in migliaia, se sono giganti ti sbarrano la strada. E in mezzo è un brulicare di bozzoli minacciosi e ragnatele infinite. E il tutto risulta credibile non solo perché girato in modo efficace, ma anche perché il cast si cala perfettamente nella parte: non mancano ovviamente isterie e discussioni sul da farsi, emergono anche questioni personali, ma l'energia che domina su tutto è un'incredibile e smisurata volontà di sopravvivere. Forse solo il finale risulta un po' sottotono e troppo sfilacciato, ma è un calo che chiude cento minuti di autentico terrore.
La guerriglia della periferia e dei reietti contro il potere
Ma dicevamo che Vermin sfrutta il terrore per veicolare anche un messaggio sociale. Nel condominio multietnico teatro dell'orrore c'è inevitabilmente tanta difficoltà di comunicazione, ma alla fine nel gruppo di amici che lotta per la vita, pur tra personalità e caratteri molto diversi che alimenteranno confronti anche aspri, c'è un senso della comunità e della fratellanza fra i più deboli. In mezzo al caos, la lotta per la sopravvivenza del gruppo diventa la guerriglia della periferia contro il potere, rappresentato dalle forze dell'ordine, che vuole tenere tutti a bada.
I reietti e i discriminati dalla società sono a loro volta trattati come ragni da calpestare e parassiti da eliminare, o nel migliore dei casi diversi da togliere dalla vista, rifiuti della società da nascondere sotto il tappeto. Ma non è da trascurare nemmeno il messaggio sulla tutela degli animali e il pericolo del traffico illegale di specie protette, con la condanna della moda di detenere creature velenose senza rendersi conto del pericolo per gli umani e della stessa violenza inflitta ad animali costretti a vivere fuori dal proprio ecosistema.
Il blu-ray Midnight: buon video e un audio inquietante
Come già sottolineato, Vermin è ora disponibile grazie al blu-ray targato Midnight Factory, che la Plaion presenta nella consueta elegante confezione slipcase con tanto di booklet. Il video è ottimo e riesce a gestire con grande efficacia le tante scene scure e i giochi di luce e buio, nonché la fluidità dei movimenti dei ragni. Pur in un contesto molto morbido, il dettaglio è buono, il quadro è compatto, qualche lieve flessione nei momenti di luminosità più critica è fisiologica.
Ancora più convincente l'audio, presentato in DTS HD 5.1 sia in italiano che in originale. Sono tracce in grado di regalare grande tensione, con un pieno coinvolgimento di tutti i diffusori e suggestive entrate del sub, ma soprattutto capaci di inquietare grazie alla sinistra precisione dello spaventoso zampettare dei ragni, che in alcune scene arriva da ogni lato e circonda lo spettatore. Negli extra solo il trailer, ma non dimentichiamo il booklet.
Conclusioni
Come abbiamo visto nella recensione di Vermin, l’horror francese dell’esordiente Sébastien Vanicek fa centro. Colpisce non solo il senso della tensione e della gestione degli spazi stretti e bui, ma anche l’efficacia degli effetti visivi e sonori che risultano spaventosi in tutte le scene con i ragni, senza dimenticare il sottotesto con un messaggio sociale che tuona forte e arriva direttamente dalle agitate banlieu.
Perché ci piace
- La gestione della tensione negli spazi stretti e nei giochi di luce e buio.
- Le scene dei ragni sono terribilmente efficaci e spaventose.
- Il grande lavoro sul sonoro.
- Il chiaro e forte messaggio sociale.
Cosa non va
- Un finale non all’altezza del resto del film.