Al cinema l'avventura ha un nome ben preciso, ed è quello di Indiana Jones, ma in campo videoludico il personaggio interpretato da Harrison Ford ha avuto un grande momento di gloria a inizio anni '90 grazie alla Graphic Adventure della LucasArts per poi lasciare spazio ad altri personaggi che hanno saputo declinare il genere in modo più efficace, personaggi che dagli schermi di computer e console hanno saputo aprirsi la strada anche verso il cinema. Pensiamo alla Lara Croft della serie Tomb Raider, ovviamente, ma anche a Nathan Drake, protagonista del più cinematografico dei videogiochi: la serie targata Naughty Dog Uncharted, che ha debuttato nel 2006 e terminerà quest'anno con il suo quarto capitolo.
Leggi anche: Cinema e videogiochi: L'attrazione (e imitazione) è reciproca
Uncharted 4: fine di un ladro sarà infatti sugli scaffali il prossimo 10 maggio per Playstation 4, portando a compimento un percorso avventuroso e dal taglio splendidamente cinematografico che ha reso iconico e riconoscibile un protagonista comune nel look ma travolgente in termini di personalità e appeal.
Di lui, dell'opportunità data dal raccontarne l'evoluzione nel tempo e di porre una soddisfacente parola fine alle sue avventure in attesa di vederlo tornare nella sua incarnazione per il grande schermo, abbiamo parlato con il Lead Game Designer di Uncharted 4, Ricky Cambier.
Leggi anche: Rise of the Tomb Raider: il ritorno dell'archeologa oscura
Come si è evoluto il rapporto che voi, come studio di sviluppo, avete con il vostro personaggio?
È eccitante lavorare su un personaggio e vedere come la gente continua a modificare la percezione che ha di lui. Abbiamo questo eroe che è capace di cose incredibili, ma tutte le volte ce la fa per un pelo, è esausto e ferito. L'impatto fisico delle avventure su di lui è comunque un riflesso del suo affaticamento interiore, del conflitto che ha maturato: arrivare al punto da poter iniziare Uncharted 4 con Nathan che ha abbandonato la sua vita precedente, che si è ritirato dal mondo in cui ha vissuto a lungo, ci ha aperto la strada per sviluppi inediti.
Uncharted 4: La Fine di un Ladro sarà l'ultimo capitolo della serie: è qualcosa che aveva più bisogno Nathan, il vostro personaggio, oppure voi stessi come studio di sviluppo?
Entrambi probabilmente. Non vogliamo lasciar andare Uncharted e permettere che un altro studio faccia il quinto o il sesto capitolo al posto nostro, ci teniamo troppo; questo sarà il capitolo conclusivo per le vicende di Nathan Drake e per il rapporto che l'intero studio di sviluppo ha con lui. È triste, in un certo senso, ma d'altra parte è un'opportunità: non sempre si può garantire ad una storia un finale ben strutturato.
Leggi anche: 10 videogiochi che vorremmo vedere al cinema
La serie ha sempre avuto l'ambizione di partire da storie che sfociano nel mito, certo, ma che hanno anche un fondamento storico. Come scegliete i vostri soggetti?
Scegliamo delle storie che abbiano abbastanza mistero da permetterci di scavare e lavorarvi a seconda delle nostre esigenze. In questo caso ho trovato perfetta la figura di Henry Every perché realmente esistita nel diciassettesimo secolo, prima di scomparire, e il tesoro che si è lasciato alle spalle è qualcosa di concreto, è ancora là fuori e nessuno l'ha trovato. In questo modo la storia del gioco è ancora più connessa alla realtà, un aspetto interessante.
Come si inserisce Uncharted nel grande filone che parte al cinema con Indiana Jones, passa al videogioco e poi torna in sala, con i nuovi episodi cinematografici della serie con Harrison Ford ma anche di Tomba Raider e, sempre che si faccia, Uncharted stesso?
Per me Uncharted è un po' come se fosse il Santo Graal degli action adventure: lavorando sui personaggi e sul rapporto che hanno con il protagonista siamo riusciti a mettere in scena un mix di adrenalina e spettacolo che però non manca di cuore e di emozioni.
Nella demo era possibile guidare la jeep ed esplorare un ambiente di dimensioni molto più vaste di qualsiasi altra cosa simile abbiamo visto in passato nella serie. È stato complesso realizzare uno scenario simile? Che implicazioni ha sulla narrazione?
La difficoltà maggiore è stata quella di capire come riempire e rendere interessante per il giocatore un ambiente così grande, senza che il ritmo rallenti eccessivamente. Abbiamo imparato quanto gli utenti apprezzino conversazioni apparentemente spontanee, inserite con fluidità all'interno di una fase di esplorazione libera. Mentre Nathan guida il suo compagno di avventure gli parla, gli dà maggiori dettagli sulla storia e questo rende gli spostamenti un momento importante nell'economia dell'esperienza di quella fase di gioco. Allineiamo il gameplay con ciò che accade in quel momento della narrazione, così che le due cose sembrino un tutt'uno.
[Intervista a cura di Umberto Moioli di Multiplayer.it]