Torte d'evasione
In una cittadina di provincia, nel sud degli Stati Uniti, la cameriera Jenna scopre di aspettare un bambino. Refrattaria alla maternità, protagonista di una deludente vita di coppia, sente il mondo caderle addosso.
Decisa a tenere il bambino, senza provare alcun romantico trasporto per l'evento, affronta i giorni con distaccata determinazione, finché un incontro particolare non le ridarà il sorriso.
Waitress è un piccolo film indipendente punteggiato di spunti tragicomici è il testamento lasciato da Adrienne Shelly, regista di apprezzata sensibilità. Scomparsa nel 2006, lascia questa pellicola che è un misto di disincanto e speranza, sogno e realtà. La protagonista eredita le sue sensazioni di madre in attesa e le emozioni narrate sono paure e gioie vissute in prima persona. Il racconto si apre su uno scenario da operetta, in cui Jenna vive un'esistenza apatica al fianco di un marito infantile ed ottuso che ne ha schiacciato la volontà. Così, la notizia della gravidanza viene da lei vissuta come un ulteriore vincolo ad una vita che non ama e dalla quale sembra destinata a non poter sfuggire. La sua condizione di prigionia è così evidente che anziché tentare di cambiare le cose si rifugia in attimi di evasione, in cui focalizza i sentimenti realizzando fantasiose torte dolci e salate per la clientela del ristorante. Le sue creazioni hanno nomi decisi, messaggi inequivocabili del pensiero sopito. Dalla torta "Non voglio il bambino di Earl" alla "Il bambino piange come un dannato nel cuore della notte e rovina la mia vita", il rancore col quale affronta i nove mesi è così esplicito da trasmettere tutto l'astio che prova per questo estraneo che le cresce dentro e le assorbe energie e libertà. I pensieri negativi che ruotano intorno ad una gravidanza, sono rappresentati senza remore né paura di oltraggiare alcun senso del pudore, per dipingere in modo meno serafico un'attesa che non per tutte le donne è tanto dolce.
Ma se la plausibilità dei sentimenti è d'encomiabile coraggio, la rappresentazione cinematografica lascia a desiderare; dalle evoluzioni sessuali all'aspetto fisico, nulla della protagonista conferma l'autenticità dei fatti. Jenna rimane un personaggio un po' donna, un po' fumetto in stentato equilibrio fra una realtà triste e il suo mondo fantastico di torte. Mentre prepara i manicaretti rievoca il ricordo di tempi lontani in cui lei stessa, bambina, affiancava una madre amorevole ora scomparsa. La nostalgia per l'infanzia perduta e l'amarezza di una vita ordinaria sono l'ingrediente principale delle sue ricette; solo un miracolo potrà riscattarla da un'esistenza vissuta sottovoce, all'ombra di personaggi mediocri. L'ambiente intorno a lei è quello delle cittadine del Sud; scenari già visti di uomini in tuta da lavoro e cameriere dai grembiulini colorati che servono fette di torta fragranti sognando mance generose. Gli amici di Jenna sono le sue colleghe, i clienti. La sua vita semplice, di formica operosa si compone di sogni miseri e banale solitudine. Come lei, anche gli altri cercano di sopportare la realtà rifugiandosi in avventure fugaci o inseguendo sogni irrealizzabili, lasciando trascorrere il tempo in attesa della grande occasione.
Nonostante la sceneggiatura curata, la Shelly, presente come interprete minore, non riesce ad attribuire originalità alla storia che ricalca troppo fedelmente celebri sit-com anni '80, come Alice. Troppo dissonanti le facce pulite e i grembiulini ben stirati dal disincanto che caratterizza fortemente i personaggi. Il lieto fine "forza America" finisce per travolgere l'originale idea di fondo in una soluzione un po' stantia.
Delude questa pellicola, presentata come indipendente ma che banalizza i contenuti scivolando nei toni favolistici e finendo risucchiata fino a spegnersi, come una torta mal riuscita.