E' stata una masterclass decisamente interessante quella che ha coinvolto quattro degli autori televisivi più interessanti d'Europa, chiamati a conversare su un argomento spinoso ma non privo di fascino, l'adattamento di serie TV per mercati diversi da quelli di appartenenza. Agli inglesi Ashley Pharoah e Toby Whithouse, creatori di cult come Life on Mars e Being Human, hanno fatto compagnia i nostri Ivan Cotroneo, ideatore di Tutti pazzi per Amore, e Daniele Cesarano che per Mediaset ha firmato R.I.S. - Delitti imperfetti e Distretto di polizia.
Ashley, che effetto ti ha fatto veder trasformata la Manchester degli anni '70 nella Manhattan anni '70 della versione americana di Life on Mars?
Ashley Pharoah: Posso dire che ancora non ho avuto modo di vedere tutte le puntate americane della serie, ma certo l'effetto che mi fa la sola idea è molto strano. Life on Mars, e questo lo capisce anche il pubblico statunitense, è stato considerato un vero successo. Però è stato frustrante non essere coinvolti nel lavoro di adattamento. Mi hanno invitato a rileggere le bozze, ma non si sono nemmeno sognati di chiedermi quali errori fossero stati fatti, né tantomeno mi è stato permesso di parlare. E' stato bellissimo vedere Harvey Keitel nel cast e lui per primo aveva capito che c'era qualcosa che non andava, visto che era un grandissimo fan della versione originale, ma non poteva dire nulla. E dire che all'inizio quando ho saputo che la ABC voleva rifare Life on Mars non stavo più nella pelle. Poi sono arrivati i problemi.Quali problemi?
Ashley Pharoah: Mi hanno fatto capire subito che dovevo rinunciare ai diritti per il format americano, anche se usavano le stesse parole del mio script. Non avevo alcun diritto artistico. L'esperienza però mi è servita. Ora nei miei nuovi contratti è scritto chiaramente che se una mia serie verrà adattata per un mercato straniero, dovremmo essere noi a decidere chi e come farà il lavoro. Saranno lasciati liberi di agire, ma collaborando con noi. Ti spezza davvero il cuore vedere le cose che ami fatte male.
A parte questo aspetto, non trascurabile, che cosa ti ha deluso in particolare nell'adattamento americano?
Ashley Pharoah: L'aspetto un po' troppo 'leccato' e la minore intensità rispetto ai nostri episodi. Loro si sono trovati nella necessità di diluire le storie per arrivare a 23-24 episodi per stagione finendo per cancellare l'aspetto che amavo più di ogni altro. Per ovviare a questo problema sono profondamente convinto che gli scrittori originali debbano collaborare con quelli nuovi.
##Toby, anche tu sei stato deluso dall'adattamento americano di Being human?## Toby Whithouse: Volutamente ho evitato di vedere le puntate americane, perché attualmente sto ancora lavorando sulla versione britannica e non ho intenzione di farmi condizionare. So che succederebbe, visto che le loro stagioni sono più lunghe. Sono arrivati ad un numero di puntate superiore alla versione britannica, facendo evolvere in maniera del tutto particolare le storyline.Secondo voi perché alcuni adattamenti sono dei successi e altri no?
Toby Whithouse: Se lo sapessi sarei ricco. Stiamo parlando di alchimia, di equilibri delicati. Probabilmente Life on Mars avrebbe dovuto essere 'tradotto' molto meglio al fine di mantenere lo spirito essenziale dello show originale, quello che lo ha reso unico e attraente e proteggerlo a tutti i costi.
Daniele, qual è la tua esperienza al riguardo?
Daniela Cesarano: Posso portare l'esperienza di RIS che noi abbiamo 'rubato' da CSI, fondendolo con Distretto di polizia. Noi lo abbiamo venduto in Germania e in Francia. Nel primo caso andò malissimo, mentre Oltralpe, su TFN, fu un grande successo. Hanno mantenuto i nostri copioni, togliendo il mélo e cambiando un personaggio. La versione francese era assolutamente fedele nella regia e nella scrittura, ma ammetto che la serie non aveva la particolarità di Life on Mars. Poi mi è anche capitato di adattare per l'Italia una serie argentina, Donne assassine, trasmessa poi da FOX. Lì non c'è stato verso, la versione originale era di gran lunga più bella della nostra. Ma non dipendeva dallo script, quanto da un problema di produzione. Ecco, in quel caso io volevo essere molto fedele al testo, intendo filologicamente.
Ivan Cotroneo: Ha ragione Toby, si tratta veramente di equilibri misteriosi. Io ad esempio sono reduce da deliranti telefonate con i funzionari greci che volevano adattare Tutti pazzi per amore e mi chiedevano informazioni riguardanti l'uso della musica pop greca nella fiction, quali pezzi avrebbero dovuto scegliere secondo me e via di seguito. Come glielo spieghi che in Italia le canzoni le sceglievamo in base ai testi o semplicemente per motivi legati al catalogo?
Le serie italiane hanno una barriera linguistica evidente che impedisce di sfondare su certi mercati esteri, ma perché una serie inglese non dovrebbe avere successo negli Stati Uniti? Ashley Pharoah: Non saprei dare una risposta. Sono stato recentemente a Los Angeles e le serie pubblicizzate dai cartelloni erano quasi tutte inglesi. Evidentemente non hanno più fiducia nei loro autori, ma non hanno coraggio a sufficienza per trasmettere i nostri lavori. Ma anche da noi le cose non vanno meglio. Il fenomeno delle serie europee trasmesse nel Regno Unito è relativamente recente e francamente me ne vergogno un po'. Ma non perdo la speranza. Oggi si viaggia di più, ci si muove con maggiore frequenza e magari un giorno anche gli americani ci vedranno!E per quanto riguarda noi?
Daniele Cesarano: I nostri mercati di riferimento possono solo essere quello francese, quello spagnolo e in parte quello tedesco. Questo perché culture simili riescono a creare prodotti simili. In Italia si può adattare un family spagnolo, ma non puoi rifare Life on Mars.
Ivan Cotroneo: Spiace dirlo ma l'adattamento segue logiche industriali. L'adattamento di una serie si fa per venire incontro alle esigenze del pubblico, ai suoi gusti e non per meriti artistici. Ecco perché a volte siamo insoddisfatti. Se mi innamorassi di una serie, non la farei funzionare e basta, vorrei contribuire al suo spirito. Mi ero anche offerto di andare in Grecia per seguire in prima persona l'adattamento di Tutti pazzi per amore.
##Daniele hai mai provato questo impulso? Di seguire, per così dire, la tua serie nell'adattamento estero?## Daniele Cesarano: No, non l'ho mai pensato ma semplicemente perché RIS non aveva una dimensione personale così forte, erano dei gialli chiusi. Contava solo il caso e quello è stato fatto a dovere.Altra domanda classica, il fatto che si faccia ricorso a serie di altri paesi non è indice di mancanza di creatività?
Toby Whitehouse: Beh, qualcuno deve inventare ciò che viene adattato, quindi...
Ivan Cotroneo: Più che mancanza di creatività parlerei di pigrizia.
Daniele Cesarano: Prendete ad esempio la serie di Rai Uno Raccontami. E' stata adattata da un format spagnolo. Ma perché? Non posso pensare che in Italia non ci sia un gruppo di autori che senza il bisogno di ispirarsi ad un modello estero non potessero scrivere da soli una serie ambientata a Roma durante le Olimpiadi del 1960.