È stato l'ospite d'eccezione dell'edizione 2016 del Comicon di Napoli, protagonista di un incontro con il pubblico della manifestazione in cui quel che è venuta fuori è stata la sua disponibilità e ironia nel rispondere alle numerose domande dei fan che lo acclamavano a gran voce. Ma l'interprete di Abraham di The Walking Dead si è trattenuto nel capoluogo campano dopo quell'interessante panel, concedendo anche alla stampa una porzione corposa del suo tempo, in attesa di dedicare anche spazio ad un doveroso tour della città.
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Ma se nel faccia a faccia col suo pubblico è emerso l'aspetto più divertente di un interprete felice di quel contatto, con la stampa il discorso è stato più serio e articolato. Non è mancata l'ironia, che sembra un marchio di fabbrica di Michael Cudlitz, ma i temi sono stati più ampi e variegati, passando dall'evoluzione del suo personaggio a quella delle serie TV nei tanti anni in cui ha lavorato in questo mondo, dal ruolo di Rick nella serie alle ovvie, necessarie, inevitabili domande sul cliffhanger del finale. Domande che ha ovviamente eluso con grande maestria. Ottobre è ancora molto lontano...
Quel maledetto cliffhanger finale
Nel corso dell'incontro con il pubblico del Comicon c'erano fan con cartelli che chiedevano chi morirà. A questo punto avete già letto la sceneggiatura e sapete chi sarà a morire?
Non sapevamo chi sarebbe morto finché non abbiamo ricevuto lo script, ma l'ho avuto tre giorni fa quindi ora lo so.
È già iniziata la produzione della settima stagione? Dato il finale che abbiamo visto qualche settimana fa, com'è l'atmosfera tra voi del cast sapendo che uno di loro dovrà lasciare lo show?
In realtà i miei colleghi hanno già iniziato ieri, ma io tornerò sul set solo giovedì perché sono qui a Napoli. Però posso dirti che è sempre difficile perdere qualcuno, e lo è ancora di più per i membri del cast originale, perché sono stati insieme più a lungo. Penso che quelli come me che sono arrivati successivamente, in particolare dopo la morte di Hershel, si rendano conto meglio della situazione: non puoi entrare a far parte del cast di The Walking Dead e pensare che non morirai mai. Se sei fan della serie hai visto morire Shane, Laurie, Andrea, Hershel, sai che a un certo punto arriverà anche il tuo momento. Ma questo non vuol dire che faccia piacere. Siamo sempre tristi quando qualcuno va via, perché siamo una famiglia. Siamo tutti lontani da casa, così diventiamo tutto quello che abbiamo là fuori. È una grande perdita, è triste, ma vuol dire anche che nuovi personaggi arriveranno e la storia continuerà ad essere quella che ci appassiona, quella che riesce a reinventarsi ogni otto episodi.
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Come è stata realizzata tecnicamente la scena finale della sesta stagione?
Abbiamo girato il finale in due notti e la parte più difficile, nonché il lavoro maggiore, è stato sulle spalle di Jeffrey Dean Morgan. Era il suo primo giorno di lavoro con noi ed ha debuttato nel ruolo di Negan con qualcosa come sedici o venti pagine di dialogo, senza aver mai incontrato prima nessuno di noi. Dal punto di vista pratico, è stata una nostra scelta dove si trova ognuno dei nostri personaggi, non credo ci siano state indicazioni specifiche. Di solito quando giriamo una scena ci posizioniamo autonomamente, ma poi arriva il regista e fa aggiustamenti, mentre in questo caso non mi sembra ci siano stati interventi. Ognuno di noi sapeva cosa stava vivendo il suo personaggio, Maggie e Glenn erano stati separati, noi tutti eravamo preoccupati di trovare aiuto per Maggie, ed era chiaro che Negan avrebbe colpito a morte qualcuno di noi. Quindi è stato molto facile immaginare la componente emotiva della situazione. Dal punto di vista puramente tecnico, abbiamo girato la scena qualcosa come venti o trenta volte nel corso di due notti, con camere ovunque. Credo ci fossero cinque camere contemporaneamente, che è tanto per il nostro show perché al massimo arriviamo a tre, a volte con qualcosa di maneggevole come una GoPro in aggiunta.
L'arrivo di Negan nel fumetto cambia molto il ruolo di Rick. Secondo lei nella serie Rick è ancora un buon leader ed è in grado di affrontare questa nuova minaccia?
Bè, lo spero, ma ora è in ginocchio a due persone di distanza da me e non sappiamo cosa accadrà da qui in avanti. È un'ottima persona, ma non è in una buona posizione al momento. Dobbiamo capire cosa accadrà quando usciremo dalla situazione in cui ci troviamo... se usciremo da questa brutta situazione. L'unico che ha potere al momento è Negan.
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Dalla carta allo schermo
The Walking Dead è l'adattamento di una serie a fumetti molto popolare. Sentite la pressione dovuta al rispetto per l'opera originale e per l'autore Robert Kirkman?
Assolutamente! Quello che diciamo sempre è che Robert ha creato la storia e delle immagini, mentre la serie si occupa di riempire tutto quello che accade tra esse, come ci si muove da un punto chiave all'altro del racconto. Penso che si influenzino a vicenda, nel senso che quello che accade nella serie TV abbia in qualche modo fatto riflettere Robert su come far progredire anche il fumetto, ma sicuramente noi usiamo la graphic novel come mappa per muoverci dal punto di vista emotivo nella storia che viene raccontata.
Quel è secondo lei il cuore della serie?
Penso che siano la famiglia e la speranza. E con famiglia non penso ai legami di sangue, ma a quelle persone con cui scegli di passare le vacanze, che non sono necessariamente i parenti. La serie parla di ciò per cui vale la pena vivere o morire, e di cosa siamo disposti a fare. Quel che fa progredire la storia è Rick che protegge la sua famiglia, è quello il motore principale della serie, cosa farebbe per gli altri personaggi e per costruire un mondo in cui vorrebbe vivere, un mondo per lui e i suoi figli. E in definitiva scopriamo non c'è niente che non farebbe per proteggerli.
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The Walking Dead ha infatti affrontato anche la differenza tra buoni e cattivi.
Bene e male non sono che una percezione. Sono convinto che se il nostro gruppo incontrasse un altro uguale, ucciderebbe tutti. Dipende dagli occhi con cui si guarda qualcosa: noi riteniamo giuste le decisioni di Rick, perché le vediamo dal suo punto di vista; vediamo come si comporta Abraham e accettiamo le sue azioni perché teniamo a lui; ma se li vedessimo dal punto di vista di qualcun altro, sembrerebbero dei pazzi. Per questo possiamo considerare giuste le loro scelte e decisioni, ma se ci mettessimo nei panni del Governatore, se considerassimo il suo percorso e come è arrivato a quello che conosciamo, forse lo capiremmo di più e non vedremmo solo il sociopatico che abbiamo incontrato. Lo stesso vale per la gente di Terminus. Bisogna sempre considerare come si è arrivati a un certo punto e per lo più ogni comportamento nasce dalla necessità di proteggere la propria gente, la propria famiglia.
Nei panni di Abraham
Come è cambiato il tuo personaggio da quando è arrivato nello show?
Penso che gli autori riescano a raccontare storie fantastiche e lo sviluppo dei personaggi contribuisce sicuramente a questo successo. Quando incontriamo Abraham sappiamo che c'è qualcosa che lo turba, ma non sappiamo cosa. Successivamente dei flashback ci hanno spiegato che ha perso tutta la sua famiglia, che come nel fumetto è stata stuprata mentre lui era in missione, che quando è tornato e ha scoperto l'accaduto ha perso il controllo uccidendo tutti. È qui che capiamo chi è realmente, perché è così deciso e arrabbiato, così concentrato sulla missione da compiere. Concentrandosi sui suoi compiti si rende conto di avere ancora qualcosa per cui vivere e morire. Per questo capisce che per quanto orribile sia la situazione in cui si trovano, c'è ancora speranza nel mondo e per me questo è un aspetto fondamentale del personaggio. È per esempio un problema per Carol, invece, che in un certo senso ha perso la speranza, con Morgan che si impegna per ricordarle che c'è ancora qualcosa a cui attaccarsi per mantenere l'umanità.
Pensa di aver influenzato in qualche modo il personaggio di Abraham?
La prima volta che lo vediamo nel fumetto è una persona allo sbando, passa da un eccesso all'altro, prima lo vediamo affrontare qualcuno con decisione, poi crollare quando è solo con Rosita. In gruppo è molto concentrato sul lavoro da svolgere, ma quando è solo con Rosita ha più di un crollo nervoso. E quando capitano questi crolli, non fa che due cose: piange o fa sesso. Sono le uniche cose che fa quando non è in gruppo. È un vero casino! Ma come dicevo, la serie completa gli spazi tra le tavole di Kirkman, quindi cerchiamo di spiegare quello che accade tra questi estremi, di mostrare cosa lo ha influenzato e come, di giustificare i suoi sbalzi emotivi. E in parte questi vuoti sono riempiti da come io interpreto il personaggio, sulla base di quello che gli accade anche nel fumetto.
Che può dirci della storia d'amore con Sasha?
Abraham vede qualcosa in Sasha che non ha mai visto in nessun'altra: una speranza per il futuro. E non parlo di un futuro per il genere umano, ma, si spera, per il suo futuro. Lei è molto presa da lui e lo vediamo nel finale, ma anche lui pensa a fare il passo successivo con lei, anche in quella situazione drammatica in cui si trovano coinvolti.
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In un mondo senza regole
Lei è stato un sergente anche in un'altra serie TV, quanto è diverso interpretarne uno in un mondo post apocalittico?
Penso che ognuno dei personaggi conservi tracce di quello che era il mondo passato. Rick per esempio è ora un poliziotto in un mondo senza legge, io sono un sergente in un mondo senza esercito. Quello che ognuno di noi ha fatto prima ci influenza, ma non è più ciò che siamo. Quello che è interessante nell'esperimento sociale che è The Walking Dead è vedere cosa ogni personaggi possa diventare, che tipo di scelte può compiere, che tipo di mondo creerebbe se avesse la possibilità di ricominciare, se farebbe gli stessi errori. E in molti casi la risposta sarebbe che non solo faremmo gli stessi errori, ma ne faremmo di più grandi. Ciò che eravamo sono solo ricordi del passato, di come siamo percepiti dal resto del mondo. Quando pensi a qualcuno come un poliziotto, un sergente o un dottore, lo stai già posizionando in una determinata casella mentale, ma come cambia questo quando la struttura sociale in cui quelle immagini si collocavano non esiste più?
Si è mai chiesto quali sarebbero state le sue scelte in un mondo come quello di The Walking Dead?
Non saprei. Ognuno di noi ragiona su chi spera di poter diventare in una situazione del genere, ma non credo che possa dare una risposta decisa al riguardo. Ho avuto la fortuna di lavorare con persone del mondo militare e delle forze dell'ordine, e il tipo di addestramento a cui sono sottoposte mi ha fatto capire molto delle situazioni di tensione in cui si trovano anche i nostri personaggi. Ci si trova nella condizione di dover prendere decisioni in una frazione di secondo e capita spesso che le persone da cui ci si aspetta che siano più forti e risolute lo risultino meno di altre che apparentemente non lo sarebbero. Ci sono individui che appaiono più insicuri, ma che sono capaci di concentrarsi sul problema nel momento in cui la tensione sale. Quindi penso che ognuno di noi abbia in mente un modello di come sarebbe in una determinata situazione, ma non può sapere cosa accadrà finché non ci si trova nel mezzo. E per fortuna un'apocalisse zombie non è all'orizzonte, quindi probabilmente non lo sapremo mai. Quell'apocalisse in particolare, almeno, ma sono sicuro che qualcos'altro capiterà!
Prima di girare The Walking Dead aveva già visto film sugli zombie? Era fan?
Sì, penso che tutti siano fan del primo La notte dei morti viventi e Zombi e tutti, almeno degli USA, siamo cresciuti con quei film. Sono alla base del genere horror, io stesso dopo la scuola ho iniziato a lavorare come operaio per film horror a basso budget, quindi sono molto legato a quel mondo. Quindi sì, sono stato un fan degli zombie per tutta la vita!
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Che idea si è fatto del perché le storie post-apocalittiche piacciano tanto sia al cinema che in TV?
Penso che i motivi siano essenzialmente due. Prima di tutto quando un autore scrive di un mondo del genere, ha la libertà di scrivere quello che gli pare, le regole non esistono e si possono mettere in scena ogni tipo di tensioni e conflitti per rendere interessanti le storie. Non c'è nessuna verità che non sia quella che crea lui. E da questo viene anche il secondo motivo, ovvero la libertà di creare personaggi di ogni tipo, creare conflitti tra loro in ogni modo che desideri. Nel caso di The Walking Dead, l'ampiezza del cast permette di avere ogni tipo di personaggio, quelli che ami odiare così come quelli in cui identificarsi o usare come modello. La guardi e pensi sarei come lui, vorrei essere come quell'altro, la mia amica sarebbe come lei: tutte cose che aiutano la condivisione mentre si guarda la serie.
Le serie TV come modello di narrazione
Lei fa serie TV da quando era giovanissimo. Visto dall'interno come è cambiato il mondo della serialità americana?
C'è più lavoro, molto più lavoro tra network, cable e streaming. La televisione è molto cambiata da quando ho iniziato a lavorarci ed è cambiata per il meglio sia per quanto riguarda il nostro punto di vista che da quello del pubblico: le produzioni sono più grosse e ricche, ma anche gli spettatori sono più intelligenti e chiedono sempre di più. Se uno show non è buono, oggi non sopravvive. È necessaria più attenzione alle storie e allo sviluppo, con più soldi e talento da investire nelle produzioni.
La televisione è diventata una vera industria culturale degli Stati Uniti. Secondo lei questa esplosione sta cambiando anche il modo di scrivere per il cinema?
Penso che negli Stati Uniti, e quindi nel mondo, il livello produttivo della televisione sia molto migliorato rispetto al passato. Con i nuovi media gli spettatori si aspettano di vedere lo stesso prodotto su uno schermo grande come questo telefono così come su una TV da 52 o 100 pollici. E quando guardiamo qualcosa sulla TV di casa non ci aspettiamo di vedere qualcosa di meno curato se si tratta di televisione rispetto ad un film più ricco per il grande schermo, perché li guardiamo sullo stesso schermo. Ma anche le storie sono migliorate, che si tratti di film o serie. Se pensiamo a qualcosa come True Detective, alla capacità di sviluppare una storia complessa nell'arco di un un certo numero di episodi, ci rendiamo conto che questo tipo di produzioni che sarebbero stati film di medio budget sono tutte diventate storie per la televisione. Al cinema sono rimasti i film indipendenti, che hanno una loro nicchia, o i grandi blockbuster, mentre il tipico film da una ventina di milioni di dollari si è spostato in TV, dove quel tipo di storie può essere raccontato meglio.
Il passato (della serie) e il futuro
Segue la serie prequel Fear the Walking Dead? Sa se è previsto un crossover tra le due?
No, non è previsto nessun crossover. Non solo perché si tratta di due momenti diversi della storia, ma anche perché si basa su presupposti diversi: i personaggi di The Walking Dead sono pensati per essere bigger than life, mentre quelli di Fear sono molto più normali e terreni, più legati alla nostra quotidianità. È questo che secondo me divide le due serie, senza nessun giudizio su quale possa essere meglio dell'altra. Se io dovessi apparire in quel mondo, penserebbero che sono un pazzo furioso, sarei il primo che uccidono.
Le piace il prequel?
Sono rimasto un po' indietro, ho visto alcuni dei primi episodi e mi piace. In particolare mi piacciono le donne della serie, penso che siano straordinarie.
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Nel suo prossimo futuro c'è spazio anche per altri progetti?
Con The Walking Dead siamo impegnati sette mesi l'anno, ma possiamo fare qualcosa nel mezzo. In passato ho fatto alcuni episodi di Life, mentre la passata stagione sono stato contattato da Don Cheadle, col quale sono andato a scuola ed è un amico, per girare insieme a Cuba. Ora c'è Fast & Furious lì a girare, ma noi siamo stati la prima produzione americana a girare a Cuba, ed è stato fantastico lavorare con un vecchio amico.
The Walking Dead e i suoi fan
Come ti è sembrata l'accoglienza al Comicon?
I fan sono stati fantastici. E non per sminuire quelli di Napoli, ma i fan di The Walking Dead sono uguali in tutto il mondo... e sono sempre straordinari! L'impegno che mettono non solo nel seguire la serie, ma anche nello scoprire dove siamo noi del cast e nel trovare i più vicini a loro per entrare in contatto è incredibile. Ho fatto questo lavoro a lungo e non mi sono trovato mai nelle condizioni di lavorare a un progetto che coinvolge così tanto il pubblico e le famiglie intere, dai bambini più piccoli ai nonni. Tanti alle convention ci dicono che The Walking Dead è una cosa che condividono come famiglia, genitori che si lamentano di non riuscire a parlare con i propri figli, ma di poter discutere con loro della serie. Tutti noi percepiamo che nel mondo accadono cose che ci rendono impotenti, nei confronti delle quali possiamo fare molto poco, e l'età dell'informazione in cui viviamo non fa che amplificare questa sensazione, ma allo stesso tempo ci permette di condividere e entrare in contatto con molta più facilità.
Infatti gli attori di The Walking Dead sono molto attivi nella promozione e nei rapporti con i fan...
Più di ogni altra cosa, è la voglia di assecondare una necessità. Il nostro pubblico ha voglia di essere in contatto con tutto il cast e anche a noi fa piacere sentire quello che hanno da dire, per noi la loro opinione conta. Vogliono sapere tutto quello che possono sulla serie e con i social media è molto semplice farlo ed essere in contatto. Non riesco a immaginare come sarebbe stato crescere, da ragazzo, con queste opportunità, con la possibilità di contattare qualcuno della mia serie preferita su Twitter o Instagram ed avere una risposta. Capiamo quanto possa essere entusiasmante per loro avere una nostra risposta e in definitiva è qualcosa che richiede pochi secondi del nostro tempo. Quindi perché no? Siamo impegnatissimi e non si può rispondere a tutti, ma il tempo per avere un grosso impatto almeno su qualcuno si può trovare.