Le porte del reame si aprono, l'ospedale più famoso della Danimarca torna con il suo perpetuo fluire di orrori e umorismo. Lars Von Trier arriva al Lido - da remoto, viste le precarie condizioni di salute - con l'attesa The Kingdom: Exodus, ovvero la terza stagione della serie creata nel 1994 e poi interrotta nel 1997. "Ho avuto momenti difficili, e ho avuto diversi progetti che potevano cominciare ma che non sono poi cominciate. Non era facile avviarli. E quindi è stato un piacere scrivere questa storia, mi sono divertito a farlo", commenta il regista, presentando alla stampa la sua serie. Presentata Fuori Concorso a Venezia 79, e in arrivo su MUBI, The Kingdom: Exodus in parte riscrive le precedenti stagioni e in parte è, naturalmente, il suo diretto sequel. Riecco Karen, che capisce quanto il Regno possa essere in pericolo, ed ecco il medico svedese Helmer Junior, preso dai mira dai colleghi danesi. Sotto, intanto, serpeggia il Male, in contrasto con quel Bene che porterà ad una risolutiva battaglia.
Ad interpretare Kare troviamo Bodil Jørgensen che ha rivelato quanto la serie sia stata per lei un'esperienza unica: "Avevo già lavorato con Lars Von Trier, in Idioti. Anche lì ero Karen, e sono rimasta Karen anche in The Kingdom. Insomma, la stessa donna trent'anni dopo. Per un'attrice rivivere le cose dopo tanti anni è una cosa strana. Non è una cosa comune fare esperienze simili se non con Lars. La sua storia mi è arrivata, girando tra febbraio e marzo, trascorrendo giorni meravigliosi. Questo Exodus è ormai diventato qualcosa di straordinario, come un poema lunghissimo. Si partorisce e si muore in questo spazio, e rimangono vivi gli spiriti dei personaggi".
Il ritorno ne Il Regno
Molti membri del cast, infatti, sono cambiati. Un tema a cui a risposto Lars Von Trier, in apertura di conferenza, accertandosi che tutta la sala veda e senta il suo collegamento in streaming: "Mi sentite? Bene... Diverse persone non ci sono più. Ho dovuto usare un trucco perché molti attori sono morti. Sono amico di Nikolaj Lie Kaas da anni. Mi ha aiutato quando ero in grande difficoltà. Aveva una grande esperienza, siamo diventati amici e ho scritto una parte per lui. Sono contento di questa collaborazione, è stato facile. Un'esperienza piena di gioia". Anche in questa terza stagione l'umorismo è preponderante: "No, non ci sono riuscito a fare una stagione più nera. Posso parlare dei miei pensieri, e l'umorismo mi risulta facile. Avevo lasciato una certa libertà, aggiungendo uno strato di umorismo. In quel momento ci sembrava giusto, poi ho pensato che fosse il caso di finire ciò che avevamo cominciato, realizzando una trilogia", dichiara il regista, che poi lancia un messaggio d'amore alla "rivale" Svezia: "Mio padre e mia madre si sono incontrati in Svezia, erano entrambi profughi. Sono stato tante volte in Svezia. Ma come la Danimarca è un Paese piccolo, e si fanno spesso battute".
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Parola al cast
Mentre Von Trier assisteva e rispondeva in collegamento video, nella sala conferenza di The Kingdom: Exodus abbiamo trovato il cast. Oltre alla stessa Bodil Jørgensen, anche Nikolaj Lie Kaas si è detto entusiasta del progetto: "Ho capito subito che il mio personaggio fosse sempre furioso. Quando ho girato, ho scelto di essere eccessivo, un pazzo. E Lars mi diceva di abbassare i toni... Ho incontrato persone uniche, che solitamente non si incontrano". Ida Engvoll, invece, ha dichiarato che _"Ho ricevuto una mail, che mi chiedeva se volessi far parte del progetto.
Ho incontrato poi Lars, altri interpreti. Sono stati incontri piacevoli, e abbiamo parlato della vita in generale. Un processo che ci ha portato a far parte di un mondo che conoscevo attraverso le stagioni precedenti". Per Nicolas Bro, invece, è stato un sogno realizzato: "Devo risalire a quando avevo sedici anni. Ho amato questa serie, da sempre. Ora si è realizzato il mio sogno, e come professionista è stato il momento più felice della mia vita"._
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Lars e la televisione
In conferenza, Lars Von Trier ha poi ammesso di non guardare molto la tv, spiegando quanto sia cambiata poi la produzione in quasi trent'anni. "Non guardo tanto la tv, e mi è difficile parlare di come sia la situazione attuale. Certo, ora abbiamo avuto più fondi, abbiamo lavorato più a lungo. Nulla a che vedere con la prima stagione. Mi sento più vecchio, sono passati venticinque anni. Un esempio mi è arrivato dai personaggi di Bergman, quando ha realizzato Fanny e Alexander". Ma l'ultima nota, quella più dolente, riguarda la sua condizione di salute. In modo onesto, lucido e sincero, in conferenza ha agganciato la condizione fisica alla lavorazione del film: "Non credevo di avere il Parkinson quando iniziammo a girare, nessuno se ne accorse. Ma sono felice dell'amore che mi è arrivato dal cast. Cercavo di liberarmi dai vincoli delle precedenti serie, creando di creare personaggi nuovi. Non volevo fare una cosa moderna, né riscrivere tutto. Spero però sia un'esperienza piena di vita". E, a chi gli chiede semplicemente come stia, risponde così: "Sto bene, a parte il tremore. Ma mi sento più stupido rispetto a quanto non lo fossi già in passato".