The Elder Scrolls IV: Oblivion Remastered, la recensione: come tornare a casa

Ci siamo immersi per giorni nel mondo di Oblivion per ritrovare immutate, anzi amplificate, quelle sensazioni già provate tanti anni fa.

Un'immagine della remastered di Oblivion

Torniamo sempre dove siamo stati bene. Non è così che si dice? E forse è il motivo del successo dei tanti remake e reboot che piacciono al pubblico, che si immerge nella sicurezza di sensazioni già rodate, amate, rassicuranti. Lo stesso vale per le remastered dei videogiochi, che hanno il valore aggiunto di riproporre quel che già conoscevamo con una veste grafica al passo con i tempi. È quello che accade con The Elder Scrolls IV: Oblivion, uno shadow drop a sorpresa che ci ha impedito di provare il gioco in anticipo, ma ha colpito per resa e impatto dell'uscita, che ha travolto i gamer che amavano quel mondo. Come noi.

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Un'immagine di The Elden Scrolls IV: Oblivion

Avevamo lasciato Oblivion tanti anni fa, nel lontano 2006, dopo più di un centinaio di ore di gioco, avevamo salutato il regno di Cyrodill dopo aver conosciuto tutte le sue città, i suoi abitanti e le loro esigenze più o meno legali, esserci immersi in missioni secondarie ed essere entrati in possesso di casa in quasi tutti i centri abitati. Avevamo salvato il mondo, ma questo è secondario, quello che contava era averci vissuto.

Una casa chiamata Cyrodill

E proprio da qui siamo ripartiti nella remastered di Oblivion, da quell'idea di sentirci a casa, di essere tornati laddove ci era piaciuto vivere. E ci siamo subito attivati per far nostra la prima casa che avevamo ottenuto anche nel gioco base, quella infestata ad Anvil: un vero affare con le sue 5000 monete di costo, al netto del piccolo problema da cui liberarla. Perché queste sono le cose che ci erano rimaste impresse e siamo andati a ricercare, tutto quel dedalo di attività secondarie che rendeva l'avventura in Oblivion una vera e propria esperienza, oltre la storia principale che il gioco racconta.

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L'imperatore Uriel Septim

Una storia che c'è, ovviamente, e non è nemmeno male: c'è un'invasione in corso, che proviene dai piani dell'Oblivion che danno il titolo al gioco e la nostra avventura inizia in una cella dove l'imperatore Uriel Septim deve passare per fuggire dall'ordine della Mitica Alba, devoto a Mehrunes Dagon. La fuga del sovrano diventa la nostra fuga, la sua morte il punto di partenza di un'avventura che ci rende depositari dell'eredità, morale più che materiale, dell'imperatore e che ci spingerà ad affrontare pericoli di ogni tipo, nel modo che riteniamo più opportuno.

Scelte di vita (e di personaggio)

Quello che infatti dava Oblivion e resta nella sua remastered è la grandissima possibilità di scelta permessa al giocatore: una volta fatto capolino dalle fogne sotto la Città Imperiale e apprezzato il lavoro estetico fatto sul mondo di gioco, le strade che si aprono davanti a noi sono le stesse e ugualmente numerose. Possiamo recarci subito al prossimo passo della quest principale per consegnare l'amuleto che ci ha consegnato Uriel Septim e in men che non si dica essere etichettati come l'eroe di Kvatch, o tergiversare, vagare, trovare il nostro posto nel complesso mondo di Cyrodill, seguendo il momento o l'idea di personaggio che abbiamo in mente. Di città in città possiamo dedicarci ai lavori offerti dalla Gilda dei Guerrieri, o procurarci le raccomandazioni presso le varie Gilde dei Maghi per accedere all'Università Arcana.

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Un invito ad abbracciare il lato oscuro

O ancora abbracciare il lato oscuro e cercare di essere accolti nella Gilda dei Ladri o, peggio ancora sul piano morale, lasciarci stuzzicare da un invito notturno e seguire il cammino della Confraternita Oscura, procedendo al suo interno omicidio dopo omicidio. Il tutto parlando con la gente, sentirne bisogno e urgenze, provare a soddisfare le richieste (che sono missioni secondarie, naturalmente) per pura gloria e senso della giustizia o per procurarci vile denaro. Tutto è permesso, tutto ha ovviamente delle conseguenze sul cammino che andremo a seguire. Narrative così come puramente pratiche.

Un gioco vecchio o un vecchio gioco?

La grafica della remastered, come è naturale che sia, è completamente rifatta (anche i menu e le altre tutta l'interfaccia utente sono ripensati e ridisegnati) e rende Oblivion un titolo confrontabile con la concorrenza della corrente generazione di console e schede grafiche, pur nei limiti di una vetrina che affaccia su un negozio preesistente e datato. I quasi venti anni di Oblivion si notano e si percepiscono giocando, per alcune dinamiche di gameplay che sanno oggi di superato, per delle legnosità, sia di movimento e di gioco che narrative, che nei giochi contemporanee sarebbero affrontate in modo diversi.

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Il primo impatto con la grafica rinnovata di Oblivion

Quel che però sorprende nel camminare per le strade e le campagne di Cyrodill ancora oggi, scoprendo peculiarità di ogni città e affezionandosi all'una o l'altra, è quanto ricco sia tutto il mondo immaginato da Bethesda e quanto la rinfrescata grafica sia solo un giusto pretesto per permettere a una nuova generazione di provare la stessa splendida esperienza fruita da tantissimi giocatori a partire dal 2006 in avanti. E che noi stessi non abbiamo rinunciato a ripercorrere, spinti inizialmente dalla nostalgia, ma travolti passo dopo passo dalla bellezza ancora attuale di un grande gioco.

Conclusioni

Un grande gioco che supera la prova del tempo e si conferma nella sua grandezza anche a distanza di quasi vent'anni, con una veste grafica rinnovata che lo rende confrontabile con la nostra contemporaneità videoludica. Se è vero che alcune dinamiche di gameplay sono oggi superate, la ricchezza narrativa e di possibilità di gioco lo rendono un'esperienza ancora oggi valida, splendida e immersiva. In un mondo vivo, vibrante, che ci piacerebbe vedere come background di un film o una serie, che sono il nostro primario campo di battaglia.

Movieplayer.it
4.0/5

Perché ci piace

  • La grafica rinnovata, che permette a una nuova generazione di affrontare un capolavoro (e ai vecchi giocatori di avere la scusa per tornare in quel mondo).
  • La ricchezza del mondo di gioco e delle possibilità per il giocatore.
  • La trama principale, solida e ben integrata nel contesto ambientale da tornarci naturalmente anche se spinti a far altro.

Cosa non va

  • Alcune dinamiche di gameplay risultano oggi superate almeno in parte.