Con la recensione di Stringimi forte, che esce nelle sale italiane dopo essere stato presentato fuori concorso al Torino Film Festival in un'apposita sezione dedicata al cinema francese, si torna con la mente a quel contesto a dir poco strambo che era l'edizione 2021 del Festival di Cannes: ansioso di riaffermarsi come principale evento cinematografico mondiale dopo aver saltato l'annata 2020, il classico appuntamento cinefilo sulla Croisette era più bulimico del solito, in barba alla pandemia, con tanto di nuova sezione chiamata Cannes Premiere, una sorta di Fuori Concorso deluxe per cineasti affermati (Arnaud Desplechin, Andrea Arnold, Marco Bellocchio, Oliver Stone e altri). Tra questi c'era Mathieu Amalric, presente in varie vesti inclusa quella di regista con la sua opera sesta, passata un po' inosservata a causa degli orari sempre più ingrati delle proiezioni. Chi scrive lo ha visto in proiezione stampa, la mattina dopo quella ufficiale, in quello che si può definire un contesto per pochi intimi (molti colleghi erano in sale più grandi per titoli di maggiore richiamo). Un contesto che in fin dei conti forse era quello giusto per scoprire un film molto piccolo e delicato, a suo modo atipico nella filmografia del regista.
Madre, dove vai?
Stringimi forte, basato su un testo teatrale pubblicato nel 2003 ma mai portato in scena prima delle riprese (esiste però un adattamento radiofonico del 2017), è la storia di Clarisse (Vicky Krieps), moglie e madre di due figli, che un giorno prende le valigie, sale in macchina e se ne va, lasciando il marito Marc (Arieh Worthalter). Il tutto senza motivo apparente, anche se nel corso del racconto apprenderemo le ragioni pezzo per pezzo, tramite molteplici piccole storie che sommate giustificano la scelta di Clarisse, in fuga verso una destinazione - fisica e spirituale - ignota, mentre i suoi ricordi formano un bilancio della sua vita finora, bilancio che la porta anche a pensare a come sarebbero le cose se certi eventi avessero avuto un esito diverso...
Viaggio interiore
Attivo dietro la macchina da presa dal 1985, e tuttora più propenso a definirsi regista che attore perché il secondo percorso è arrivato quasi per caso (l'amicizia con Arnaud Desplechin è nata durante un festival dove entrambi presentavano dei corti), Mathieu Amalric si è avvicinato al testo di Claudine Galea su consiglio di un amico, e ha girato il film in tre fasi, tra il maggio del 2019 e il gennaio del 2020, per seguire l'andamento delle stagioni. Bloccato in fase di montaggio dal primo lockdown, il cineasta ha aspettato l'allentamento delle restrizioni per rimettersi al lavoro, perché non si sentiva in grado di mettere mano al film senza potersi vedere personalmente con il suo montatore di fiducia François Gédigier. E si sente questa tangibilità, molto concreta e sincera, nel risultato finale, che segue con empatia il percorso fisico e interiore di Clarisse e racconta in modo non banale un argomento delicato come la separazione.
In 'Tournée' con Mathieu Amalric
Eppure, l'operazione riesce solo a metà, perché la frammentarietà voluta della narrazione smorza in più punti l'emozione, percepibile solo tramite una grandissima Vicky Krieps che domina la scena (qui intesa anche nella sua accezione teatrale, data l'origine del testo, rivendicata in alcuni momenti nonostante Amalric eviti le trappole del palco filmato) con grazia e vulnerabilità, restituendoci un bellissimo ritratto di una donna dal destino incerto, intrappolato in un progetto che non ne esalta fino in fondo le virtù. Ma data l'abitudine di Amalric di tornare a collaborare con i medesimi attori (vedi il suo lavoro con Jeanne Balibar), è anche auspicabile che questo sia solo l'inizio di un percorso comune molto più lungo, con altre sinergie più fruttuose lungo la strada.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Stringimi forte, sottolineando come la sesta regia cinematografica di Mathieu Amalric abbia una grande Vicky Krieps nei panni di una donna dal destino incerto.
Perché ci piace
- Vicky Krieps è bravissima dall'inizio alla fine.
- L'idea di affrontare l'argomento della separazione è forte...
Cosa non va
- ... ma il risultato è troppo frammentario per funzionare sul piano emotivo.