Come si dice, quaranta e non sentirli. Ma attenzione, perché l'anniversario è doppio. Quattro decadi per la sezione fondata nel 1984 - su iniziativa di Gian Luigi Rondi -, una per la SIC@SIC che, dal 2015, offre e raccoglie il meglio dei cortometraggi prodotti in Italia. Un doppio traguardo che rende la SIC. Settimana Internazionale della Critica, una vera e propria certezza nel contesto della Mostra del Cinema di Venezia. Una selezione autonoma e parallela, capace - in particolar modo quest'anno - di intercettare gli umori e la poetica contemporanea. Sette lungometraggi in concorso - tra cui l'italiano Agon di Giulio Bertelli - e due Fuori Concorso per una selezione "punk", come aggettiva durante la nostra intervista Beatrice Fiorentino, delegata generale e direttrice artistica della SIC.

Se la scelta richiede responsabilità - i selezionatori della SIC sono Matteo Berardini, Marianna Cappi, Francesco Grieco e Marco Romagna -, per la Fiorentino è anche una questione di scommessa: "Parliamo di opere prime e quindi la scelta è una doppia, nel senso che stai facendo una scommessa. Quando selezioni un primo film di un autore stai scommettendo su una possibilità. Devo dire che quest'anno, proprio perché si celebrano i 40 anni, è stato spontaneo per me guardare un po' al segno che ha lasciato la SIC. Da dove siamo partiti? Che è successo in mezzo? Cosa siamo diventati? Siamo cambiati? Come? In che senso? È stato un esercizio interessante perché il tutto mi ha fatto ripensare ad una dichiarazione seminale di Giorgio Tinazzi nella prima edizione; ha indicato due principi fondamentali: la ricerca artistica, da un lato, e il dibattito ideologico".
E prosegue "Potrebbe essere retrò, ma trovo che questo sia bellissimo e restituisca anche il senso di quella responsabilità nel momento in cui fai una scelta. Due principi ancora fondamentali e attuali, Cerchiamo un cinema che ragioni su se stesso, sull'immagine, sul linguaggio, su una forma che possibilmente si rinova col di passare degli anni, restando un luogo di relazione e confronto. Ecco perché non sono solo sette bei film più due, bensì un unico discorso".
Beatrice Fiorentino racconta la SIC 2025

Ad una prima occhiata, due film colpiscono particolarmente: Roqia di Yanis Koussim e Gorgonà di Evi Kalogiropulou. Una sensazione che arriva anche da Beatrice Fiorentino: "Credo che questi due film siano esplosivi. Abbiamo aperto già da qualche anno al cinema di genere e ho l'impressione che quest'anno il genere sia meno classificabile rispetto agli anni scorsi, dove c'era un'etichetta facilissima da applicare. Qui ci sono film che sfuggono un po' al genere puro. È tutto più sfumato. Ci sono tanti film che urlano in questa sezione. Poi ci sono dei film che magari aiutano a rendere questo oggetto non proprio totalmente isterico, ma che lo ammorbidiscono e se vuoi lo completano. Sono film sexy, sensuali, inquietanti e ovviamente politici".
Un mondo troppo veloce
Viviamo in un mondo estremamente veloce e velocizzato, in cui i cambiamenti non vengono assorbiti come si dovrebbe. Dunque, anche il mondo del giornalismo e della critica è nel pieno di una mutazione che ammicca, a più riprese, al marketing social, dimenticando autorevolezza e oggettività. "Siamo in uno spazio di resistenza. La minaccia esiste ed è molto concreta", confida la Fiorentino. "E non so se abbiamo una soluzione, perché proprio quest'anno riflettevo sul percorso passato, senza indulgere purtroppo nel rimpianto e nella nostalgia. La cosa che un po' mi colpisce è che io che comunque faccio della freschezza, della novità, della gioventù, un po' un cavallo di battaglia, tuttavia mi ritrovo a riconoscermi molto di più nei principi dei senatori, della critica legata al sindacato rispetto, invece, alle nuove voci. Sono orgogliosa di fare parte della storia di un qualcosa in cui mi mi riconosco, perché mi ritrovo in quei principi di cui parlavamo prima e che sono stati la base dello sviluppo della SIC".

E ancora, "Fare un festival non è la stessa cosa rispetto al 1984, ma neanche al 1991. Ci sono proprio delle dinamiche di mercato molto diverse. Sarebbe sciocco rimanere arroccati in una posizione. Però che posso fare? Non devo snaturarmi, perché nonostante cerco di adeguarmi ad un tempo che passa, mi accorgo con gioia che ci sono ancora film che rispondono a quei canoni. Cerco poi di comunicarlo nel modo più semplice possibile ma sempre sotto forma critica. Mi rendo conto che aggettivandoli non uso un linguaggio da Instagram o tanto meno da TikTok. Sono nella generazione di mezzo, tra i senatori e gli influencer, non faccio trattati accademici e cerco il modo di approcciarmi alle nuove generazioni. Però difendo anche quella che è la nostra identità, il nostro linguaggio. Il mondo va avanti, ma credo nella critica e credo che si debba continuare a difendere uno spazio. E la SIC è proprio un luogo magico di resistenza ai tempi, agli influencer, ai tiktoker o a questo tipo di cose".
Il cinema come presa di posizione
Un mondo frettoloso, che richiede appunto le giuste prese di posizione. "Purtroppo è una lotta difficile, perché il processo progressivo di imbarbarimento culturale va avanti da decenni", conclude Beatrice Fiorentino, dandoci appuntamento al Lido di Venezia, "Tuttavia manteniamo la posizione. In maniera punk e divertente come sappiamo fare. L'immagine di quest'anno, sul manifesto, vuol essere quella, ossia restituire l'idea di 40 anni di storia che sono lì, li riconosciamo nel ragazzino di Gummo di Harmony Korine. Qualcosa che resta. Anche dopo 40 anni abbiamo ancora voglia di spaccare le chitarre".