Recensione Kiss Kiss, Bang Bang (2005)

Lo scopo dichiarato di Black è rendere omaggio ai romanzi pulp che leggeva da bambino, intento che traspare subito dalle immagini del film: ma l'umorismo sferzante tipico dello sceneggiatore/regista è, per il film, un valore aggiunto.

Shane Black nella Città degli Angeli

Harry Lockhart, ladro di mezza tacca, sta mettendo sottosopra un negozio di giocattoli alla ricerca di un pupazzo da regalare a suo nipote per Natale, quando improvvisamente l'allarme scatta. Dopo una fuga rocambolesca, Harry si ritrova nel bel mezzo di un'audizione per un film poliziesco, e il caso vuole che il produttore scelga proprio lui per il provino: l'uomo vola così a Los Angeles, dove verrà "preparato" al ruolo dall'investigatore privato Perry Van Shrike, incontrerà un'amica di infanzia ora aspirante attrice, e rimarrà coinvolto in un misterioso quanto intricato caso di omicidio.

Dopo aver costruito la propria fortuna su una serie di sceneggiature di film d'azione (si ricordino Arma Letale, L'ultimo boy scout - Missione: sopravvivere e Last action hero - L'ultimo grande eroe), Shane Black passa con questo film dietro la macchina da presa, avvalendosi ancora una volta della produzione di una vecchia volpe del cinema d'azione come Joel Silver. Lo scopo dichiarato di Black è rendere omaggio ai romanzi pulp che leggeva da bambino, intento che traspare subito dalle immagini del film: la Los Angeles ripresa dal regista ha un gusto noir assolutamente classico, l'atmosfera torbida e di costante pericolo è quella del miglior cinema americano di genere, e personaggi e battute rimandano a quell'immaginario. Un tributo a un genere (letterario e cinematografico) che ha i crismi della classicità, quindi, filtrato però da un umorismo sferzante, quasi destrutturante, che a tratti sfocia in un grottesco sempre consapevole: l'ironia di cui Black ha sempre disseminato le sue sceneggiature torna qui come elemento principale, persino organico alla storia.

Sembra divertirsi nel girare il film, il regista, di un divertimento che deriva dall'affrontare una storia perfettamente nelle sue corde: dialoghi brillanti, personaggi che giocano amabilmente con gli stereotipi, una sceneggiatura calibrata e senza cedimenti sostanziali. Nonostante il film sia schematicamente definibile come una commedia, il regista mostra di conoscere bene il materiale trattato, compresi i suoi aspetti più cupi e violenti: la città degli Angeli è un luogo di dannazione, come da copione, e questo Black non lo mette mai in discussione. L'insistenza sul personaggio immaginario di John Gossamer (detective privato di una serie di romanzi polizieschi), mostra il saldo legame del film con il suo immaginario di partenza (i romanzi di genere hard boiled), oltre a mettere in campo un "gioco" metacinematografico che è tuttavia, forse, il punto più debole dello script (un elemento reiterato e, in alcuni punti, decisamente forzato).

Le buone prove dei tre protagonisti principali (tra i quali spicca uno statuario Val Kilmer, alle prese con l'insolito ruolo di un duro dalle tendenze omosessuali), danno ulteriore risalto alle due anime del film, quella filologica (affidata al cinismo del personaggio di Kilmer) e quella più propriamente parodistica (a cui danno corpo i divertiti siparietti tra Robert Downey Jr. e Michelle Monaghan). E, grazie soprattutto all'intelligenza della sceneggiatura, per una volta, tanto basta per soddisfare sia il cinefilo più smaliziato, sia lo spettatore medio orfano della saga di Arma Letale.

Movieplayer.it

3.0/5