Dai video clip di rock star italiane a inseguimenti lungo le strade polverose di un paesino sperduto del Salento. Questo, in breve è il tragitto artistico di Cosimo Alemà che, dopo aver diretto la musicalità di artisti come Fabri Fibra, Subsonica, Gianna Nannini e Ligabue, torna dietro la macchina da presa per il suo secondo lungometraggio. Arrivato nel 2011 sul grande schermo con l'horror At the end of the day-Un giorno senza fine, due anni dopo lascia nuovamente il segno con La Santa, presentato Fuori Concorso all'ottava edizione del Festival di Roma. Questa volta il regista mette in piede un action-thriller dai sapori western in cui la forte religiosità del territorio si mischia con una violenza quasi atavica. A farne le spese è una banda mal organizzata e poco professionale composta da Michael Schermi, Massimiliano Gallo, Francesco Siciliano e Gianluca Di Gennaro, arrivata in un luogo solo apparentemente innocuo per rubare la statua della Santa protettrice. Ma mai, come in questo caso, l'apparenza inganna tanto da trasformare un colpo senza rischi nella peggiore scelta della loro vita.
Cosimo, dopo molti anni trascorsi nell'ambiente musicale hai deciso di sperimentare il linguaggio cinematografico. Si tratta di una scelta nata da una grande passione o da un atto di sana follia? Cosimo Alemà: Secondo me è un passo naturale. Tutti i registi prestati alla pubblicità hanno iniziato con l'intento di fare film. E la mia grande speranza è di realizzare molto cinema. Ancora una volta, dopo il mio primo lungometraggio, ho scelto di rappresentare un genere. Anzi, ad essere onesti, si tratta di un melting pot di generi. Nell'insieme la storia vive di atmosfere noir, drammatiche e dell'action puro nella parte centrale fino a toccare note western. Credo che spetti a nuovi nuovi registi riunire tutti gli elementi approcciare il genere in modo nuovo dando vita ad una commistione.
Continuando a parlare di atmosfera, il paesaggio un po' polveroso e isolato del Salento caratterizza la vicenda profondamente. Hai scelto questi luoghi con la consapevolezza di quanto avrebbero potuto portare al film? Cosimo Alemà: Assolutamente si. L'ambientazione è uno dei protagonisti, un elemento principale. La piccola comunità, quando viene colpita, si chiude a riccio e non rimangono che le strade. Per questo molte scene hanno come sfondo la pietra leccese.In che modo una regia così innovativa ha caratterizzato le vostre interpretazioni?
Francesco Siciliano: Questo progetto nasce da un grande lavoro di artigianato e dalla possibilità che Rai Cinema ci ha offerto per realizzarlo. Cosimo è stato alla guida fin dal principio definendo i personaggi e facendo delle scelte estetiche ben precise. Considerate che si tratta di un lavoro low budget, il che vuol dire avere pochi giorni per le riprese e la necessità di arrivare preparati. La presenza di Cosimo è stata fondamentale, riuscendo a guidare anche una troupe giovanissima al di sotto dei trent'anni.
Michael Schermi: Io avevo già lavorato con Cosimo nel suo primo film. Qui mi sono sentito molto libero nonostante l'organizzazione capillare. Come attore ho avuto l'occasione di sperimentare e proporre sfumature nella costruzione del mio personaggio. Ero tranquillo perché sapevo di avere al mio fianco una guida capace di pormi dei limiti in caso di errori.
Gianluca Di Gennaro: In questi anni ho lavorato molto in produzioni televisive dove ti capita di ripetere una scena ad oltranza per il solo fatto di avere i capelli fuori posto. Trovarmi in una realtà completamente diversa è stata una vera boccata d'ossigeno. Cosimo lascia che le emozioni diventino irripetibili e si posiziona all'interno della scena insieme a te, puntandoti la telecamera addosso.
Massimiliano Gallo: A livello emozionale è stato incredibile. Ci ha dato la possibilità di sperimentare. Per un attore la cosa allo stesso tempo tragica e comica è essere posizionati in modo quasi geometrico all'interno del set con la richiesta di far apparire tutto questo naturale. Con Cosimo si è realizzato esattamente il contrario.