Il tredicenne Victor non vive un momento felice. La madre Nadia, che l'ha cresciuto da sola, è gravemente ammalata e non può più lavorare; Luna, la vicina di cui è (non troppo) segretamente innamorato non sembra notarlo e in più l'allenatore di calcio sembra mettergli pressione e lo spinge ad allenarsi maggiormente in vista di alcuni provini che si terranno nel giro di pochi giorni.
Nel frattempo il padre che non ha mai conosciuto, il direttore d'orchestra Samuel Rovinski, è tornato dopo tanti anni a Montpellier per dirigere la sesta sinfonia di Mahler. Un po' per curiosità e un po' per necessità economiche, Victor decide di andare a conoscerlo, ma al primo incontro trova una persona scostante e burbera, che non è pronta nemmeno a riconoscere le proprie responsabilità e doveri di genitore. Ma visto che la situazione a casa si fa sempre più difficile, e che rischia di perdere tutto quello che ha, Victor si fa coraggio e si presenta di nuovo all'Opera e, attraverso la scoperta dell musica, trova un padre, l'amore e la speranza.
Musiche e silenzi
La regista Alix Delaporte torna alla Mostra di Venezia, che l'aveva vista esordire quattro anni fa con l'interessante Angele et Tony, con questo The Last Hammer Blow (Le dernier coup de marteau), un film intimista e sincero che utilizza immagini e musica per raccontare i suoi protagonisti, riducendo all'osso i dialoghi e quindi anche il rischio di essere banale o troppo prevedibile.
Certo, per fare un lavoro del genere, per lasciare che siano soprattutto gli sguardi a parlare e a raccontare l'animo e le sensazioni dei suoi personaggi, la regista deve affidarsi completamente ai suoi attori, alla loro sensibilità e allora capacità di comprendere il mood del film. Nel caso dei convincenti ed esperti Clotilde Hesme e Grégory Gadebois - qui mai insieme sullo schermo, ma già protagonisti della precedente opera di Delaporte così come colleghi di set per l'ottima serie TV francese Les Revenants - è facile immaginare che il lavoro sia stato relativamente facile, ma è certamente encomiabile quanto fatto con il giovanissimo Romain Paul, al suo esordio, che è il cuore del film e praticamente sempre in camera.
Un calcio al pessimismo
Quello che è particolarmente interessante di questa seconda opera è il tono lieve e misurato utilizzato dalla regista e sceneggiatrice francese pur raccontando una storia di povertà, di malattia e abbandono, e quindi dalle grandi potenzialità drammatiche. L'approccio invece è esattamente opposto, ed è particolarmente riuscito perché in questo modo diventa realistico e naturale nel rappresentare un ragazzo che decide non arrendersi ma piuttosto crescere e diventare padrone del suo destino.
Non compie chissà quali grandi azioni il giovane Victor, ma con grande maturità semplicemente cerca di capire i propri genitori e trova il modo per avvicinarsi a loro, a trovare un equilibrio tra la propria vita e quella delle persone che gli sono accanto. In quest'ottica sono particolarmente efficaci proprio le sequenze legate alla musica, argomento di cui lui non conosce assolutamente nulla ma a cui si accosta attraverso il padre, come quella in cui osserva i musicisti in concerto dalla postazione del direttore d'orchestra, oppure quella della partita a calcio con la musica a fare da contrasto sia sullo schermo che nella mente del suo giovane protagonista. O infine, la più bella ed emozionante, quella in cui il significato del titolo ci viene svelato, e la madre si rende conto di quanto suo figlio sia cresciuto e di quanto il futuro, nonostante tutto, possa essere roseo.
Conclusione
The Last Hammer Blow è un film semplice e diretto, e proprio per questo di grande efficacia. Piuttosto che con dialoghi e soluzioni narrative viste mille volte, Alix Delaporte preferisce far trasmettere il messaggio e le emozioni direttamente attraverso le interpretazioni dei suoi attori o la bella fotografia della fedele Claire Mathon. In questo modo anche se la storia non è particolarmente originale, il risultato non è mai artificioso.
Movieplayer.it
3.5/5