Recensione Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il mare dei mostri (2013)

Seguendo in perfetto ordine cronologico l'opera letteraria di Riordan, il regista Thor Freudenthal porta sul grande schermo una nuova avventura di Percy Jackson in cui la mitologia, ancora una volta, si modernizza e commercializza ad uso e consumo del pubblico più giovane.

Vita da semidio

Per il figlio di una divinità non c'è mai riposo. Provate a chiederlo ad Ercole, Achille e, soprattutto, al giovane Percy Jackson, chiamato ai suoi doveri di semidio senza esserne minimamente preparato. Cresciuto a New York con la madre e il suo secondo marito, il ragazzo non ha mai conosciuto l'identità del padre fino a quando, durante una gita scolastica in un museo di storia greca, l'insegnante di matematica si trasforma in Furia svelandogli di essere il figlio di Poseidone. Ma non è finita qui. Di fronte allo sguardo sbigottito di questo adolescente dislessico e iperattivo si svela un mondo misterioso fatto di mostri, minotauri e di un Monte Olimpio comodamente situato al seicentesimo piano dell'Empire State Building. Ma come preparare il figlio di una divinità al suo destino? Facile, basta inserirlo a Campo Mezzosangue sotto la guida del centauro Chirone, il cui compito è addestrare i giovani semidei americani al combattimento, e circondarlo delle amicizie giuste come Luke, figlio di Ermes, e Annabeth, che sembra aver ereditato tutta l'intelligenza della madre Atena. Questo, più o meno, è quanto accade nel film Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il ladro di fulmini e nel primo romanzo della saga mitologica creata da Rick Riordan. Visto il successo ottenuto dai romanzi e dalla pellicola, però la Fox non poteva certo non cedere alla tentazione di un secondo capitolo.


Così, seguendo in perfetto ordine cronologico l'opera letteraria, ecco giungere sul grande schermo una nuova avventura in cui la mitologia, ancora una volta, si modernizza e commercializza ad uso e consumo del pubblico più giovane con Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il mare dei mostri. In questo caso, dopo aver trascorso un anno a prendere confidenza con le proprie "doti" eccezionali, Percy, interpretato sempre da Logan Lerman, si lancia niente meno che nella ricerca del Vello d'oro per rafforzare le difese di Campo Mezzosangue, pericolosamente indebolite da un misterioso virus che sembra aver colpito il pino situato sul confine. Per portare a termine questa missione il ragazzo, accompagnato dai suoi amici fedeli, dovrà attraversare il temuto mare dei Mostri, dando prova di essere il degno erede di Poseidone. Dunque, nulla di nuovo sotto il cielo dell'Olimpo visto che, nonostante il cambiamento dietro la macchina da presa, la pellicola mantiene intatti scopo e stile della narrazione volti a costruire un'avventura ludica e senza troppe pretese. Quindi, che al comando ci sia Chris Columbus, esperto in storie fantasy visto anche la sua frequentazione con il mondo magico di Hogwarts, o Thor Freudenthal il risultato non cambia collocando questa saga nel genere del più semplice e prevedibile racconto di formazione giovanile.

Una definizione che, quasi automaticamente, mette questo prodotto tutto americano a confronto con il britannico e forse più rifinito Harry Potter. Per scorgere le similitudini tra i due non serve certo una grande attenzione. Dall'eroe inconsapevole delle proprie origini,al sostegno di fidati amici fino al superamento di prove iniziatiche tutto riporta allo stesso punto di partenza. E non basta certo sostituire la mitologia greca con l'antica tradizione druida per "mascherare"atmosfere già utilizzate. Ciò che differenzia profondamente i due percorsi cinematografici, però, è il "paesaggio" d'insieme più definito nelle avventure potteriane e capace di dar vita ad una narrazione omogenea capace di evitare siparietti d'azione concentrati esclusivamente sulle gesta del protagonista. Esattamente il limite più grande mostrato dal sequel Il mare dei mostri, in cui anche l'uso di un'ironia un po' forzata e poco rifinita non riesce a colmare i vuoti di una sceneggiatura strutturata in modo fin troppo elementare. In questo caso, in aiuto del semidio Percy arriva il potere della computer grafica e della post produzione che, puntando tutto sulla cura e sull'esagerazione dell'immagine, cerca di sommergere sotto l'impatto visivo di mari in tempesta errori e disattenzioni strutturali. Un tentativo non pienamente riuscito, ma ci possiamo scommettere che i fan più giovani non se ne accorgeranno.

Movieplayer.it

3.0/5