Recensione Last Summer (2014)

Seragnoli rinuncia alla struttura architettonica di interni e paesaggi per immergersi coraggiosamente nel profondo dell'isola che non c'è, in una dimensione senza luogo e senza tempo dove è possibile intrecciare un dialogo attraverso forme inconsuete di comunicazione che vanno oltre il linguaggio conosciuto.

I viaggiatori esperti, nonché particolarmente sensibili al succedersi degli eventi, affermano che l'importante non è la meta finale quanto tutto ciò che accade nel mezzo. Ed effettivamente per Naomi, l'ultima fermata del suo viaggio rappresenta un distacco quasi definitivo che non vorrebbe mai affrontare. Per lei, neo ex moglie di un uomo facoltoso, l'importante è riempire quello spazio, che intercorre tra la partenza e l'arrivo, di ricordi e sensazioni attraverso i quali costruire un legame con il figlio di cui ha perso la custodia. Così, con questo segreto gelosamente custodito, costruisce il sogno di un'appartenenza inscindibile, affidando gran parte delle sue speranze alla vastità del mare e all'immensa solitudine con cui sommerge l'uomo.

Perché durante questa ultima crociera trascorsa insieme, tra lei e il piccolo Ken non devono esserci rumori o distrazioni esterne. Ed in questo non luogo, dove lo spazio e il tempo sembra non avere alcun senso di esistere, madre e figlio vivono in una comunione che somiglia ad uno stato prenatale, in cui il loro dialogo è esclusivo e privo di alcun condizionamento morale. Questo è l'unico modo che Naomi ha per parlare di se stessa, per consegnare l'immagine e il sentimento di una madre giapponese, di una donna sradica dalla propria isola ed ora anche rinnegata dal mondo occidentale del marito.

Kokoro, il cuore spirituale

Last Summer: Rinko Kikuchi nei panni di Naomi in una scena del film
Last Summer: Rinko Kikuchi nei panni di Naomi in una scena del film

Per il regista Leonardo Guerra Seràgnoli le motivazioni di questa storia rislagono a tempi lontani. In modo particolare nascono dal ricordo visivo ed emotivo di una donna, un'ospite dei suoi genitori, travolta pubblicamente dal dolore di aver perso qualsiasi diritto sui suoi figli in seguito al divorzio. Come spesso accade agli eventi che ci colpiscono ma a cui non sappiamo dare una collocazione immediata, quell'esplosione di dolore è rimasta sopita per molto tempo nell'immaginario e nell'emotività del regista. Almeno fino a quando, quasi improvvisamente, è riapparso per trasformarsi nel cuore pulsante di un film che, privo di una costruzione narrativa ed estetica artificiosa, può essere considerato pura emozione. Anzi, secondo la cultura giapponese cui appartiene la protagonista, possiamo parlare di kokoro, ossia un cuore spirituale che riesce ad andare oltre le forme classiche di un racconto e creare tanto comunicazione quanto empatia attraverso il silenzio del mare ed un altrettanto silente dialogo d'amore tra due entità destinate in modo innaturale al distacco. Voce narrante di questo percorso è naturalmente la protagonista Rinko Kikuchi che, vestendo il pudore e il senso della misura della cultura orientale, riesce a trasmettere con ancora più forza il suo urlo interiore di disperazione. Tanto per dimostrare, nel caso ce ne fosse ancora bisogno, che il dolore non necessita di essere esibito, quanto sentito ed interpretato.

Il mare oltre lo spazio e il tempo

Last Summer: una scena del film
Last Summer: una scena del film

La forza di una vicenda come questa, che racchiude gran parte della sua essenza nel racconto dei sentimenti, è la non necessità di un ambientazione troppo costruita. Il rischi sarebbe non solo di soffocare e perdere di vista l'elemento essenziale, ossia l'uomo e i suoi percorsi interiori, ma anche di trasformare l'ambiente in uno spettatore passivo. Seragnoli, invece, rinuncia fin dall'inizio alla struttura architettonica di interni e paesaggi per immergersi coraggiosamente nel profondo dell'isola del giorno prima, tanto per dirla all'Umberto Eco, in una dimensione senza luogo e senza tempo dove è possibile intrecciare un dialogo attraverso forme inconsuete di comunicazione che vanno oltre il semplice linguaggio.

Last Summer: Rinko Kikuchi con il piccolo Ken Brady in una scena del film
Last Summer: Rinko Kikuchi con il piccolo Ken Brady in una scena del film

Perché ci sono cose che non possono essere espresse con parole e che, una volta esternate sembrano perfino perdere la loro potenza, soprattutto se consegnate ad un ambiente che non ha la profondità per custodirle. Ed in questa visione generale il mare, preso nella sua generalità senza alcuna chiara definizione geografica, si fa spettatore e custode, teatro dell'azione e, in qualche modo, anche creatore di alcune situazioni. Più di ogni altra cosa, però, da corpo al senso di isolamento in cui la protagonista è immersa da quando ha abbandonato il suo paese d'origine. Quell'estraneità che si mostra chiaramente nelle difficoltà culturali incontrate come nell'ultimo grande rifiuto ricevuto dal mondo come moglie e come madre.

Conclusione

Last Summer è una vera e propria traversata nel dramma sentimentale di un addio che Seragnoli, con il contributo della protagonista Rinko Kikuchi, organizza attraverso la poetica nipponica e la temporalità personale di un non luogo come il mare.

Movieplayer.it

3.5/5