Rifare nel 2014 Godzilla significa confrontarsi con un'icona della cultura popolare moderna. L'occasione, d'altronde (il sessantennale dell'originale classico diretto da Ishirô Honda) ha una forte valenza simbolica, in quanto celebrazione di quello che, in un sessantennio di vita e circa una trentina di film, è diventato di diritto uno dei grandi mostri dello schermo; la creatura gigante di origini nipponiche, generata e fatta crescere dalle radiazioni nucleari, incarna inoltre inquietudini che, dal dopoguerra in poi, sono diventate parte integrante dell'immaginario moderno, a prescindere dai periodi e dalle latitudini. C'era poi da far dimenticare il primo, ipertrofico e poco riuscito remake statunitense del 1998, diretto da Roland Emmerich: un prodotto che trasportava di peso la creatura in un immaginario ben poco attinente al suo contesto originale, fortemente legato al periodo e all'universo plastificato e innocuo, da luna park, che aveva caratterizzato tutti i cloni e le derivazioni dello spielberghiano Jurassic Park. Godzilla, insomma, andava restituito alla sua dimensione di icona sì universale (il film di Honda si ispirava a sua volta a una pellicola statunitense dell'anno precedente, intitolata Il risveglio del dinosauro) ma carica di tutti quei sottotesti di angoscia per la modernità che avevano caratterizzato la sua apparizione originale. Il team creativo che ha riportato la creatura sullo schermo è sembrato da subito avere le carte in regola per assolvere al compito: il regista Gareth Edwards si era messo in luce, nel 2010, con l'interessante thriller fantascientifico Monsters, mentre a occuparsi del copione ci sono, tra gli altri, nomi di peso del cinema fantastico degli ultimi decenni, quali David S. Goyer e Frank Darabont.
Rielaborazione creativa
I colori lividi della locandina, e la distruzione ivi ritratta, rendono da subito evidente il mood perseguito da Edwards e dagli sceneggiatori per questo remake. C'era tuttavia da fare i conti con una tradizione cinematografica lunga e variegata, che ha visto il soggetto adeguarsi di volta in volta ai tempi, mutando considerevolmente i suoi tratti di base, nelle sue tante incarnazioni filmiche. Pur incarnando sempre le stesse inquietudini, Godzilla non è rimasto sempre uguale a se stesso: per larghi tratti della sua storia, il mostro si è trasformato di fatto in un eroe (seppur nero), un difensore della Terra che si contrapponeva ad altri, e più temibili, nemici. Questa nuova versione sceglie di tenere ben presente quella determinata fase della storia della creatura: simbolo fortemente legato all'ansia di dominio dell'uomo sulla natura, e alle sue aberrazioni, il Godzilla del 2014 rappresenta la forza primordiale che ha il compito di ristabilire quell'ordine che la razza umana ha violato. Una sorta di divinità (così la definisce lo scienziato Ichiro Serizawa, che nel film ha il volto di Ken Watanabe) spietata, potente e guidata da una logica difficilmente riducibile ai concetti umani di bene e male. Di fronte a lei, pienamente in linea con la tradizione dei kaiju eiga, che ha visto spesso lo scontro tra creature giganti, due M.U.T.O. (Massive Unidentified Terrestrial Organism): parassiti a loro volta provenienti da un tempo antichissimo, a loro volta nutriti dalle radiazioni, e resi potenti dall'opera dell'uomo. Lo scontro, che si articolerà tra le locations del Giappone, della località hawaiiana di Honolulu e dell'entroterra americano, avrà dimensioni epiche e si lascerà dietro, prevedibilmente, un notevole carico di distruzione.
Sapore antico, resa moderna
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Affetti e complotti
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In conclusione
Chi è cresciuto con i kaiju eiga, ma anche chi ama più in generale il fantastico di qualità, non può che salutare favorevolmente questo reboot. Il "misfatto" di Emmerich è cancellato, e lo spirito del Godzilla della Toho sostanzialmente rispettato: l'idea di un sequel (ipotesi, non ufficiale, già ventilata dal regista) ci provoca, per una volta, quel senso di infantile attesa che da sempre è segno di un'operazione riuscita.
Movieplayer.it
3.5/5