Gary Newman è un uomo d'affari costantemente in viaggio: California, Parigi, Dubai e ritorno, e pronti a ricominciare poco tempo dopo. Gary non visita le città in cui soggiorna ma conosce a menadito gli aeroporti e i loro alberghi, i suoi migliori amici sono il pc portatile ed il suo cellulare e i pochi rapporti interpersonali con colleghi e moglie sono per email o videochat.
Durante uno di questi viaggi di lavoro, a Parigi, qualcosa cambia, lo stress si fa sentire, il jet lag non gli permette di riposare e nel cuore della notte si fa avanti l'angoscia. Dopo una sigaretta condivisa nel pieno della notte con il concierge dell'albergo, Gary ha un'improvvisa epifania: l'unica cosa che può fare nella vita è lasciare tutto e tutti, abbandonare lavoro, famiglia, responsabilità. Tutto.
Il fu Gary Newman
Ma al contrario del Mattia Pascal pirandelliano, Gary non sparisce di punto e bianco, ma decide prima di sistemare i suoi affari e parlare con la moglie. Seguono quindi lunghe telefonate con i soci, l'avvocato ed ovviamente con la moglie che, incredula, non riesce ad accettare questa folle decisione e chiede al marito come lui sia aspetta che la notizia venga data ai suoi figli. Gary non sa cosa rispondere ma continua avanti per la sua strada, senza guardarsi indietro, senza titubanze. Proprio come nelle pubblicità che si leggono distrattamente negli aeroporti, questo è il primo giorno della sua nuova vita.
Le vite degli altri
Ma per chi sta già pensando a questo Bird People come niente altro che una rivisitazione, per di più ancora più statica, dell'ottimo Locke visto recentemente anche in sala, la seconda parte del film regalerà un vero e proprio shock. Vorremmo raccontarvi di più ma ci sembra più corretto lasciarvi la sorpresa, per questo ci limitiamo a dirvi che la protagonista del film a quel punto diventa la parigina Audrey, giovane cameriera dell'Hilton in cui alloggia Gary (che rivedremo molto poco), attenta e curiosa scrutatrice delle vite altrui e che ha un'esperienza notturna a dir poco "particolare".
Virtuosismi digitali
Difficile a questo punto poter parlare più approfonditamente del film, delle sue metafore e di quello che vorrebbe essere il filo conduttore secondo la regista Pascale Ferran, dobbiamo però quantomeno evidenziare che questa seconda parte è esattamente l'opposto della prima da un punto di vista tecnico/scenografico: se nel seguire la storia di Gary (un convincente Josh Charles) eravamo praticamente confinanti insieme a lui in una stanza d'albergo, seguendo le (dis)avventure di Audrey (Anaïs Demoustier) rimaniamo sì nella zona dell'Hilton e dell'aereoporto ma siamo molto più liberi di girare e di ammirare gli ottimi movimenti di camera (digitale ovviamente) e l'utilizzo che ne fa.
Conclusione
Il film della Ferran rimarrà per sempre associato al suo folle twist, ma in realtà non si può certo dire che abbia molto di più da offrire. I momenti migliori, quelli legati alla storyline di Charles e la sua sentita interpretazione, sono comunque non privi di lungaggini e certamente aiutati da una cornice inutile e piuttosto banale.
Movieplayer.it
2.5/5