Recensione Beijing Flickers (2012)

Fase conclusiva di un progetto multimediale (che comprende una mostra fotografica e un libro) Beijing Flickers getta uno sguardo lirico, partecipe ma estremamente realistico, sulla capitale cinese e sulla variegata umanità (soprattutto giovane) che in essa si muove.

Notturno pechinese

In una Pechino moderna e in costante trasformazione, si aggira il giovane San Bao, che è stato appena abbandonato sia dalla sua ragazza che dal suo cane Lucky. Il ragazzo, depresso, perde anche il lavoro a causa di un ritardo; dopo un tentativo di suicidio andato male, San Bao si ubriaca in un bar e si ferisce alla bocca, in un autolesionistico tentativo di addentare un bicchiere. Il giovane viene soccorso dalla cantante Youzi, e, ricoverato in ospedale, conosce Xiaoshi, poeta e ballerino che si è appena sottoposto a un intervento di chirurgia plastica. Tornato a casa, il ragazzo apprende dalla sua padrona di casa che lo stabile in cui abita, posto alla periferia della città, verrà presto distrutto; girovagando in cerca di una nuova sistemazione, San Bao si stabilisce prima dal suo migliore amico Wang Ming, che per lavoro parcheggia le auto dei ricchi residenti di un hotel, e poi da Xiaoshi, nel frattempo anche lui dimesso dall'ospedale. Inoltre, il giovane approfondisce la conoscenza di Youzi, appena licenziata dalla sua band dietro richiesta di un produttore discografico, e delle sue coinquiline Tao Hui e Su Mo: la prima barista con un passato misterioso, la seconda impiegata che ha appena subito uno stupro da un suo superiore. Questo disomogeneo insieme di outsider fornirà a San Bao un (pur instabile) punto di appoggio, in un contesto cittadino sempre mutevole, ma sempre più indifferente.

E' la città di Pechino, e la variegata umanità (soprattutto giovane) che in essa si aggira, la protagonista e l'argomento centrale dell'ultimo film di Zhang Yuan, Beijing Flickers: una pellicola, quella di Zhang, che va a completare un progetto "multimediale" sulla gioventù della capitale cinese, che era stato inaugurato da una mostra fotografica (presentata all'Ullens Center for Contemporary Art di Pechino) e proseguito con un libro che raccoglieva il cospicuo materiale, dalle interviste alle stesse fotografie, collezionato dal regista nella sua ricerca. Il film, presentato nella quindicesima edizione del Far East Film Festival, è dunque la fase conclusiva di una ricerca di stampo sociologico, qui espressa attraverso gli strumenti della fiction, ma più che mai chiara nei suoi intenti. Il ritratto collettivo offerto dal regista, in effetti, va a immortalare un universo di fallen angels, rimasti esclusi, o lasciati indietro, dalla vorticosa modernizzazione del paese, disorientati e privati dei punti di riferimento, rimasti celati dalla facciata diurna, e scintillante, della capitale cinese. Poeti e outsider, tramps dalle esistenze precarie, sempre in bilico tra l'ebbrezza della condivisione di una corsa in auto, e le tendenze autolesioniste e nichiliste di un no future sempre valido. E' la notte, il loro terreno elettivo principale, quello in cui le pulsioni più nascoste, e più autentiche, possono sfogarsi liberamente. Di giorno, il locale in cui Youzi si esibisce diventa il freddo luogo in cui i suoi ex compagni le comunicano il licenziamento; ma di notte lo stesso bar torna ad essere il luogo, immerso in una magia sospesa, in cui la ragazza continua a intonare i suoi versi, sempre più malinconici.
Nonostante le sue origini extra-cinematografiche, Beijing Flickers è un film molto scritto, con un'attenta costruzione narrativa, che trapela sotto la sua struttura apparentemente episodica. Quasi non ci accorgiamo del mutismo del protagonista (l'espressivo Duan Bowen) seguito al suo "incidente" nel bar, trasportati come siamo dal suo flusso di pensieri, che si colora di una poesia notturna che fa da contrappasso a quella, più solare, del suo amico Xiaoshi. Facendo seguito al suo Bastardi a Pechino (del 1992) Zhang ci conduce al seguito dei suoi personaggi, tra luci al neon, vicoli semi-illuminati, locali in cui si può, alternativamente, uccidere qualcuno o innamorarsi. E' uno sguardo partecipe, quello con cui il regista segue i suoi personaggi, ma mai compiaciuto o indulgente: come un Wong Kar-wai forse meno lirico, un filo più cinico, ma ugualmente empatico. L'incrocio tra le storie dei personaggi, contrappuntato dalle riflessioni (sempre in bilico tra l'euforia e l'abisso) del giovane San Bao, dà vita ad attimi di vita piena, reale quanto irrimediabilmente sfuggevole; come lampi (i flickers del titolo) frammenti che scompaiono nel giro di una frazione di secondo, baluginii di luce nella notte pechinese. La poesia, comunque, non toglie nulla alla realtà; non la trasforma, non la trasfigura, ma semmai la rende più leggibile, più comprensibile, seppur per il breve spazio di un attimo. Se quei frammenti potranno infine comporsi in qualcosa di organico (leggasi: in un progetto di vita) non ci è dato sapere. Ma il diurno finale del film, con quell'unica parola pronunciata dal protagonista, sembra lasciare a questo proposito più di una speranza.

Movieplayer.it

4.0/5