Abbiamo incontrato Pernille Fischer Christensen, la giovanissima regista danese di A Soap, nelle lounge del palazzo della Berlinale. Disponibilissima nel rispondere alle nostre domande, la Christensen è al suo primo film e si è detta emozionatissima e molto nervosa per come sarebbe stato accolto il suo film al Festival. "E' stata una gran bella impressione," ha detto, "vedere la sala piena, tanta attenzione da parte della gente e soprattutto nessuno che sia uscito prima della fine."
Come ci ha spiegato, il suo film di debutto è stato realizzato grazie ad un nuovo fondo istituito per promuovere il cinema danese, il New Danish Fund, di cui A Soap è uno dei primi quattro risultati pratici. In generale, la Christensen si è detta soddisfatta dell'atteggiamento e della collaborazione dell'ambiente cinematografico danese, in cui "c'è molta cooperazione, si è creato un network di talenti che scambiano idee, consigli, insegnano l'un l'altro. Io stessa, per esempio, insegno ad altri studenti di cinema".
E' la scena danese che la regista considera tra le più attive d'Europa attualmente, ma "vedo molto fermento anche in Germania."
Ciononostante, il costo del film è stato veramente basso (solo un milione di euro) ed ottenere il finanziamento ha richiesto tempo, considerando che la Christensen si è diplomata nel 1999. E forse, ha ammesso lei stessa, la storia che voleva raccontare ha in qualche modo dilatato i tempi per trovare i finanziamenti. "Mi intrigava l'idea di trovarmi di fronte ad una persona talmente ambigua che fosse difficile definirne il sesso".
"Realizzare un film con un budget così basso è stata una vera scommessa, e continuavamo a chiederci quanto potessimo eliminare ancora. Abbiamo pensato alla struttura da soap opera proprio perchè ci permetteva di lavorare per semplificazione. Il punto di partenza sono stati i personaggi, ovviamente Veronica prima di tutto. Poi le abbiamo costruito intorno il suo appartamento, come il guscio di una lumaca, e poi via via tutto quello che la circondava. Abbiamo dedicato molto tempo ai due appartamenti di Charlotte e Veronica, perchè rappresentano una metafora del loro modo di essere. Ma anche ai personaggi di contorno, come Kristian che rappresenta la difficoltà di lasciarsi una storia d'amore alle spalle, o la madre."
Quanto alla storia, ci tiene a specificare che non si tratta di una storia d'amore, ma di un film sull'amore.
Ma il passo successivo è stato dedicarsi alla forma, a cui l'autrice tiene molto. "Tengo molto alla forma nel costruire il mio linguaggio cinematografico e mi ispiro ad autori del tipo di Ken Loach, proprio per la messa in scena e il lavoro che fa sui personaggi. Nel caso di A Soap, abbiamo cercato di usare il parallelismo con la tv per alcuni aspetti, e discostarcene per altri, rompendo il linguaggio tipico di quel format, soprattutto nella complessità dei testi. Abbiamo lavorato per analogie e differenze."
Prima di salutarci, non potevamo non chiedere dei suoi prossimi progetti, la cui lavorazione considera prematura perchè A Soap non è ancora uscito nelle sale in Danimarca. "Sto lavorando a qualcosa, ma siamo in una fase preliminare. Non sarà qualcosa di altrettanto piccolo, perchè ripetere l'impresa sarebbe impossibile, e dovrei avere un budget leggermente più grande. Quello che mi interessa è di spingermi ogni volta un po' più avanti, cercando di volta in volta di superare i miei limiti. Ma penso che sia così per tutti gli autori, anche i più maturi."