Uno dei narratori sudamericani più apprezzati e conosciuti, fino ad oggi ignorato dal cinema; una talentuosa regista cilena alle prese con una storia ambientata in Italia. Nasce dall'incontro tra Roberto Bolaño e Alicia Scherson, Il futuro, lungometraggio che, dopo le presentazioni in concorso al Sundance Film Festival e al Festival di Rotterdam (dove si è aggiudicato il premio assegnato dalla critica olandese), la Movimento Film distribuirà nelle nostre sale a partire dal prossimo 19 settembre in 20 copie. L'autrice, nata a Santiago del Cile nel 1974, vincitrice nel 2005, con Play, del premio per la migliore regia al Tribeca Film Festival, adatta per il grande schermo Un romanzetto lumpen (Adelphi), penultimo lavoro dello scrittore, morto a Barcellona nel 2003, una storia di dolore e riscatto incentrata su tre personaggi uniti da un destino particolare.
Bianca e Tomàs, ancora colpiti dalla scomparsa dei genitori, vivono di espedienti e grazie alla pericolosa influenza di due criminali, Libio e Boloñes, conoscono Maciste, ex attore, costretto dalla cecità a vivere nel buio e in solitudine nella sua gigantesca casa romana. Dapprima obbligata a prostituirsi con l'uomo, al fine di scoprire dove nasconda i suoi risparmi, Bianca sente di provare qualcosa per quel signore affascinante che rappresenta per lei la possibilità di uscire fuori da un mondo degradante. La Scherson ha affidato al magnetico Rutger Hauer il ruolo di Maciste, affiancandogli Luigi Ciardo (Tomas), Manuela Martelli (Bianca) e il nostro Nicolas Vaporidis (anche produttore associato) nei panni del villain Libio. Li abbiamo incontrati questa mattina a Roma per la conferenza stampa di rito.
Alicia, con Un romanzetto lumpen Bolaño ha tradotto su carta le esperienze legate al suo soggiorno a Roma. Com'è stato lavorare nella Capitale? Alicia Scherson: Per me Roma è sempre stata un luogo immaginario, molto cinematografico, legato al cinema di Fellini, Pasolini, Antonioni. In effetti avevo pensato di trasferire il racconto in Cile, ma quando ho letto il romanzo ho deciso di seguire le orme di Bolaño; ho imparato l'italiano e mi sono presentata a Roma con il romanzo pieno di sottolineature. Sono andata a cercare i posti che venivano descritti nel racconto, qualcuno lo abbiamo utilizzato per i nostri set, ma poi abbiamo creato qualcosa di nuovo, ci siamo spostati dal centro in periferia, scegliendo dei luoghi che fossero vicini all'atmosfera del romanzo. Abbiamo costruito una Roma particolare per questa storia, direi una Roma per gli orfani. Volevamo restituire l'atmosfera densa del libro.Un libro scritto da un autore che negli ultimi anni è diventato di culto. Come ti sei rapportata al fenomeno Bolaño?
Abbiamo acquistato i diritti del libro nel 2006, mentre il successo internazionale per Bolaño è arrivato nel 2007, anno in cui le sue opere sono state tradotte in inglese e sono state scoperte dagli americani, perciò non direi di averlo scelto solo per seguire una moda del momento, ma perché ero davvero vicina al suo sentire. Ed è per questo che sono stata felice di sapere che la vedova dello scrittore ha amato molto il film.
Qual è stata la cosa più difficile per te nel lavoro di adattamento?
Ho letto tutto Bolaño e una cosa che mi sono imposta prima di lavorare a questo adattamento era che la struttura dovesse rimanere quella e così è stato. Ciò che è stato davvero difficile era materializzare l'atmosfera del libro; Bolaño era uno scrittore di atmosfera, non usava molte parole o aggettivi, non descriveva, il senso dei suoi libri era nascosto tra le parole, tra una riga e l'altra. Il cinema però è un'arte materiale, devi prendere la sensazione e trovare l'immagine giusta. Ecco, questa trasposizione immateriale è stata la sfida più ardua, ma è stata anche un'esperienza molto molto bella.
Com'è stata la tua esperienza su un set internazionale?
Non ero affatto abituato a questo modo di lavorare. Sul set parlavamo quattro lingue, c'era tanta confusione, ma è stata anche una grande occasione per crescere. Ciò che mi ha sorpreso positivamente è stato il modo nuovo di vedere Roma, una città che non avevo mai visto nel modo in cui l'ha mostrata Alicia, un luogo che esiste solo nell'immaginazione della regista. Ecco la bellezza di questo film.
Cosa intendi quando dici che non hai mai visto Roma in questa maniera?
La Roma di Alicia è diversa dalla città che posso immaginare io; se avessi pensato ad una storia incentrata su due ragazzi di periferia, avrei fatto probabilmente un'altra cosa, ma perché sono abituato a vederli e considerarli in un certo modo. Alicia ha portato la sua sensibilità, mostrandoci luoghi nuovi. Lo stupore che aveva lei nel mettere in scena Roma è stato il mio stesso stupore quando ho visto come l'aveva reinterpretata. Non poteva fare di meglio.
Alicia Scherson: Il casting non è stato affatto facile; Maciste doveva rispettare determinate caratteristiche anche fisiche, doveva essere vecchio ma ancora sexy, con un'aura da star. Una mattina il produttore mi ha chiamato suggerendomi il nome di Rutger Hauer, lo abbiamo cercato su Google per vedere qualche sua immagine attuale e lo abbiamo rapidamente contattato, Rutger è un maniaco della tecnologia e dopo una settimana parlavamo già via Skype; il suo è stato un contributo molto creativo, si sentiva molto coinvolto da questa partecipazione ad un film indipendente. Non è certo un personaggio facile, ma ha grande esperienza, lui è puro cinema.